domenica 12 dicembre 2021

BIDEN E BERGOGLIO: DUE MONDI, UNICA SPERANZA

Il 29 ottobre u.s. ha avuto luogo l’incontro in Vaticano fra il Papa e il presidente degli Stati Uniti. Dei 46 presidenti dal 1776, origine degli Usa, è il secondo cattolico dopo Kennedy con Paolo VI nel 1963. Nessun clamore, nessuna TV durante il colloquio, nessun baciamano, 75 minuti di conversazione, mentre la precedente con Trump del 2015 era durata 30 minuti. La foto con Trump mostra un volto di Bergoglio serio e pensoso, questa invece due volti sereni e fiduciosi. L’unica dichiarazione pubblica fatta da Biden riguarda la sua vita personale allorché Bergoglio lo consigliò ad essere un buon cattolico e continuare a ricevere la comunione (non ostante sia presidente di una nazione dalla legislazione abortista, anche se personalmente contrario all’aborto). La seconda dichiarazione Biden la affidò ad una nota della Casa Bianca elogiando Bergoglio per il suo impegno verso i poveri del modo, per il clima, contro le guerre. Un settore della stampa italiana non smentì la sua superficialità e uscì titolando: “l’ostia di Biden…la politica dell’eucarestia,” e avanti su questo tono. E’ emerso invece un messaggio molto più profondo quale: il puritanesimo nella chiesa e nel continente Usa, rapporto stato-chiesa, religione-laicità, fede-scienza, dogmatismo ed evoluzionismo. A molti l’America fa invidia guardandola dall’esterno perché considerata uno stato forte ricco, monolitico, oasi felice, invece a vederlo dal di dentro anch’esso ha i suoi conflitti, le sue forze centrifughe, le sue criminalità, le sue sacche di miseria. Entrambi i messaggi sia quello personale come quello della Casa Bianca meritano una riflessione. Anzitutto sul puritanesimo, anche se nessuno lo cita. E’ un protestantesimo di matrice calvinista, arrivato dall’Inghilterra con gli immigrati nel 1620. Bibbia fino all’oltranzismo, nessun compromesso con il cattolicesimo, morale ultra rigida, questa una delle tante filosofie alla base della storia Usa, col tempo suddivisasi in miriadi di sette. Nel 1973 è stata approvata la legge sull’aborto. Di qui la spaccatura con Biden cattolico che personalmente antiabortista deve fare i conti con una massa di 330 milioni di persone in 50 stati e venire a compromesso politico. Tutti ricordano in Italia l’introduzione del divorzio (1970) e dell’aborto (1978) entrambi sostenuti anche da una parte del clero. Non tanto perché ad un prete celibe interessi divorziare da una moglie che non ha, o praticare l’aborto, quanto per evitare mali peggiori nei confronti delle coppie al limite della violenza, o di ragazze e donne stuprate che finiscono pericolosamente verso le mammane o nella disperazione. Talvolta fra due mali è opportuno scegliere quello minore, perché non tutto è bianco, non tutto è nero, talvolta è grigio e anche nella morale non giova stare dalla parte dei puri(tani). Quindi va fatta una distinzione fra morale personale e morale rappresentativa. Biden in quanto rappresentativo di un popolo deve scegliere il male minore. Da qui la spaccatura fra il mondo dei puritani, cui aderisce molta parte del clero unitamente a buona parte dell’episcopato, che nel 2004 era riuscito a bocciare le presidenziali a J. Kerry, e che aveva già preparato per questo mese di novembre il divieto ufficiale a Biden di accostarsi alla comunione. Bergoglio ha bloccato l’iter, e sappiamo che egli considera l’aborto un omicidio e anche recentemente ha benedetto “le campane della vita, voce dei non nati”, destinate alla Polonia. Nel contempo però ha anche abolito la legge discriminatoria per cui una donna per essere assolta dall’aborto doveva girare mezzo mondo fra vescovi e penitenzieri, e ha concesso la facoltà a tutti i preti dell’assoluzione, lasciando alla donna stessa la decisione secondo coscienza e discernimento. Questa che sembra una bega da frati e di basso profilo, negli Usa fra puritani e democratici è battaglia fino all’ultimo sangue. E qui colpisce la morale contradditoria e schizofrenica dei repubblicani trumpisti, fra cui molti puritani che nulla mai hanno obbiettato contro la barbarie della pena di morte, le guerre in Vietnam, in Iraq, nel Medio Oriente, contro il commercio delle armi, il colonialismo selvaggio per il petrolio, le sopraffazioni internazionali. Biden poi non ha disdegnato l’altro aspetto, quello che in genere si chiama ingerenza indebita della chiesa nella politica. Si tratta di distinguere. Certo non siamo più al tempo del Cesaropapismo, quando un papa re poneva e dimetteva dal trono i principi o che reggeva le politiche mondiali. Però gli ovvii consigli dati da Bergoglio a Biden per il buon esito a Roma del G 20 (Gruppo di 20 rappresentanti del mondo) e a Glasgow del Cop 26 (Comitato mondiale di 197 negoziatori) furono indubbiamente al centro del lungo colloquio del 29 ottobre 2021. Perché oggi la politica ha bisogno di un supplemento d’anima che le può venire da una sincera e disinteressata etica universale, di cui le religioni possono essere portatrici. Un incontro che stranamente fa venire alla mente Don Camillo e Peppone, l’uno di estrazione clericale l’altro marxista che però si sono prodigati per il bene dello stesso paese Brescello. A conferma che nella vita non ha importanza da dove si viene, ma dove si va. Alla fine Biden definì Bergoglio con 4 p, combattente per il “people, planety, prosperity, peace” Non se li appunterà al petto quali coccarde d’onore ma continuerà a farsene un progetto di vita insieme con tutti quelli che hanno fiducia in un mondo migliore.

Autore: Albino Michelin 30.10.2021
albin.michel@live.com

venerdì 10 dicembre 2021

SPIRITO DEL TEMPO E TEMPO DELLO SPIRITO

Nel 62 a. C. Cicerone al senato romano fece una violenta Catilinaria contro il suo avversario aggredendolo: “o tempora o mores” Oh che tempi, che costumi”, deplorando la perfidia e la corruzione di quell’epoca, rimpiangendo le virtu’ morali del passato, ignorate e offese da tutti. Una condanna pubblica contro lo spirito del tempo. Sono passato 2100 anni da quelle invettive e niente di nuovo sotto il sole. Indubbiamente generalizzando faremmo anche un torto a tante persone e a gruppi animati da sentimenti etici che hanno non solo, resistito ma anche contribuito a pezzi di storia apprezzabili. Però anche oggi specialmente dopo la seconda guerra mondiale non si fa altro che lamentare sullo spirito del nostro tempo per le crisi di ogni genere, tanto che certi correnti religiose minacciano e paventano la fine di questo mondo. A parte il fatto che Gesù nel suo Vangelo è molto meno catastrofista e più ottimista. L’espressione “spirito del tempo“ è difficile da definire, risale alla filosofia tedesca del 1769 come Zeitgeist, e più tardi in italiano come “genium saeculi” genio della generazione. Un clima che si respira un po’ dovunque e da nessuna parte, invisibile ma invadente. Plasma le nostre abitudini senza farci violenza, fino a che ci troviamo diversi e a nostra insaputa. Ci accorgiamo che tutto è cambiato e sta cambiando ma non abbiamo strumenti né volontà per gestire un ritorno ai valori perduti, non dimenticando però che non tutti sono andati perduti, alcuni si sono evoluti, troppo pochi comunque per essere trainanti. Tutto cambia velocemente a motivo della rapida circolazione e diffusione delle idee e dei modelli di comportamento. Spirito del tempo è un clima intellettuale, culturale, etico, politico della nostra epoca, ma anche una tendenza che viene assimilata dalla nostra coscienza e ci modella dall’inconscio. Il filosofo polacco Z. Baumann usa la metafora modernità liquida per descriverci, la chiama liquida per dire il dissolversi del’ ordine sociale, una società liquida, un’impresa liquida, una morale liquida, un amore liquido. Un mondo senza tradizioni, senza regole, senza impegni vincolanti. Primo bersaglio la politica. Però la società rispecchia esattamente lo spirito del tempo. I governanti non sono sempre personaggi immorali in quanto essi stessi rappresentano lo spirito del tempo. La società non è governata male, ma è governata e addomesticata secondo le regole e i costumi del tempo, permissiva e logica del profitto, tutto e subito. I nostri verbi preferiti, anche se non proferiti sono: ignorare, mentire, prevaricare, rubare, uccidere. Noi italiani sembriamo campioni di autolesionismo e di disistima, ma non esageriamo, questo è un problema dei paesi economicamente sviluppati, dell’occidente. Quelli del terzo mondo forse ci seguiranno a ruota. Troviamo normale che McDonald, Coca-cola e i colossi petroliferi-siano i padroni del nostro stile alimentare e turistico ripentendoci il solito tam-tam, mantra ossessionante: vendere, vendere, vendere, acquistare, acquistare, acquistare senza che nessuno si faccia una piega? All’affermarsi dello spirto del tempo gioca un ruolo suasivo la pubblicità, una logorrea contro tutto e tutti. Un fiume di notizie e contro notizie senza il tempo di filtrarle. Non dimentichiamo la moda di massa. Si sa che dal neolitico l’uomo si copriva di pelli di cammello senza mutare per secoli la foggia, vestirsi per coprirsi. Oggi si cambia ogni stagione stile di abbigliamento perché l’imperativo è apparire. Aggiungi il tutto e subito con una frenesia stressante. E’ lo spirito del tempo. E qui ci si può chiedere come fare, e se vale la pena, reagire a questa violenza silenziosa. Sembra un gioco di parole, ma un tentativo di soluzione potrebbe essere il tempo dello spirito, cioè riservato alla riflessione, per il ricupero della propria autonomia intellettuale e morale. Passare dalla protesta alla proposta. Senz’altro tempo dello spirito può anche chiamarsi preghiera. Questa può servire di consolazione spirituale al singolo, al rapporto col trascendente, ma se resta così, il mondo cambia poco. Guai all’uomo solo. Soltanto se essa diventa gruppo sia religioso, umanitario culturale lentamene cambierà lo status quo. Scriveva Paolo ai Tessalonicesi: “non spegnete lo spirito, esaminate ogni cosa, ritenete ciò che è buono.”(1°,5). Dare tempo allo spirito significa riservare spazio per la formazione dei buoni sentimenti, come ieri nella prima infanzia li tramandavano con i miti e le fiabe le nonne. Ma oggi tutto è soppiantato da elettroniche diavolerie, i genitori non hanno più tempo e pazienza, regalano ai pupi appena slattati lo smartphone e ci crescono senza discernimento fra il bene e il male, nell’indifferenza, col falso concetto di libertà di opinione e di odio, come si grida nelle nostre piazze. Morale liquida ed elettronica. Ed ugualmente passione per la riflessione va coltivata poi nella scuola che non dovrebbe essere solo luogo di informazione, ma anche di formazione. Un esempio pur se limitato ma molto significativo è l’impegno assunto recentemente dai Comites (Comitati italiani emigrazione) in Svizzera che hanno lanciato e poi pubblicato in un libro un programma nelle scuole dei nostri ragazzi sulla tematica della legalità. I pensieri, i desideri, gli input per una società libera dalla mafia, dall’ndrangheta, dalla sacra corona unita, dalla camorra lasciano stupiti. Anche questa iniziativa appartiene al tempo dello spirito che se ampliato a tutti gli altri settori risanerà lo spirito del tempo, di cui il nostro mondo ha estremo bisogno.

Autore: Albino Michelin 15.10.2021
albin.michel@live.com

giovedì 9 dicembre 2021

TROPPI MITI NELLA CHIESA CATTOLICA DA REINTERPRETARE

 Le analisi sulle difficoltà della Chiesa cattolica ripetono sempre le stesse cause, cioè minor frequenza alla messa, mancanza di clero, cambiati i tempi. Tutto vero, ma si tralascia qualcosa di molto più importante. La chiesa cattolica è troppo pesante causa i suoi miti e i suoi dogmi. Questo ci viene espresso da molti studiosi di teologia, detti “Reinterpreti del Cattolicesimo”. Non hanno interessi di proselitismo o anti. Loro obbiettivo è relazionare sull’argomento per ritornare dalla religione alla spiritualità di Gesù. Lo possono fare perché la ricerca anche nella chiesa oggi è più libera, mentre nel passato il teologo dipendente dall’università o da un seminario che si permettesse di uscire un pelo dall’ortodossia veniva licenziato e messo sulla strada. Oggi ognuno ha il proprio stipendio, frutto di pubblicazioni di libri, conferenze ed altro. Inoltre questi teologi si poggiano anche sul fatto che Papa Bergoglio non cita troppe dottrine del passato, ma come Gesù bada concretamente ad agire in base alla parola di Dio e a servizio dell’uomo. E così lascia intendere che la teologia cattolica da secoli vecchia e clericale, diventa incomprensibile e allontana di più che non l’attuale indifferenza digitale. Per cui molti se ne vanno, anche se liquidati come sovversivi, scismatici, eretici: epiteti a cui nessuno fa più caso. Ora il gruppo di studio citato elenca sette miti che andrebbero oggi reinterpretati: 1) Il peccato originale. 2) Il dio rancoroso dell’antico testamento. 3) L’incarnazione di Dio nell’uomo Gesù di Nazareth. 4) La redenzione dell’umanità attraverso la morte di Gesù in croce. 5) La Trinità. 6) La Chiesa infallibile, uomini con poteri divini. 7) Il cattolicesimo, unica vera religione. Premesso che la bibbia non è una raccolta di favole e leggende, però ne contiene alcune, la cui rilettura è urgente. Il suo limite è l’interpretazione letteraria. Il mito non è un fatto storico, ma preistorico, una interpretazione del vissuto umano: d’onde vengo, dove vado, perché vivo. La bibbia però non copia materialmente i miti pagani, mentre li assume e li riempie di un significato religioso. In breve dettaglio: 1) Il peccato originale, (Dogma Concilio di Trento 1541) vedi il mito greco di Pandora. Da sempre ci si chiedeva: da dove proveniva il male nel mondo. Per spiegare che non era causato da Dio si è imbastita la disubbidienza dei progenitori, l’intervento del serpente satana, il castigo di Dio alla sofferenza e alla morte per tutti i discendenti. L’impianto è debole perché qui non paga chi rompe, tu non puoi essere punito da Dio per una colpa che non hai compiuto. Invece l’interpretazione di Thailand de Chardin ci sembra più valida: l’uomo chissà da quanto tempo (3 milioni di anni?) è stato creato o apparso sulla scena imperfetto, fragilità ed incompiutezza, affinché con la sua libertà possa superare istinti ed ingiustizie, umanizzarsi ed umanizzare fino alla fine dei tempi. Solo allora Dio sarà tutto in tutti (Paolo 1a Cor,15,28) 2) Il Dio rancoroso. (Esodo circa 1200 a.C.). E’ vero che nella Bibbia si legge la vendetta del Dio degli ebrei verso i nemici. Ma tutto ciò è segno di pochezza di quella gente che proiettava in Dio l’odio e la vendetta di cui loro erano carichi. Creato un Dio a propria immagine e somiglianza. 3) Gesù figlio di Dio (Dogma di Nicea 325 d.C.). In antico era prassi definire il re quale figlio di Dio. Un mito che persone eccezionali nascessero dalla congiunzione di un dio con una ragazza vergine del popolo. Caso anche di Romolo, primo re di Roma, concepito dal dio Marte con Re Silvia. Gesù è il prediletto di Dio (Mc.1,11)) che ha realizzato in modo totale la di lui volontà, e nel modo più perfetto che un uomo possa immaginare. Ecco perché Gesù se in Giovanni dice che il padre è maggiore di lui (14,28), in altri passi che lui e il padre sono una sola cosa, (10,22), in altri che Dio è padre suo e padre nostro, (20,27), alla fine afferma che ogni uomo è figlio di Dio. Ma forse chiedeva troppo quel tale che voleva conoscere il DNA di Gesù e quello di Dio, suo padre. 4) Gesù ci redime col sacrificio della morte in croce. Qui il mito di Ifigenia e di molti popoli antichi. Agamennone sacrificò sua figlia per ingraziarsi la dea Artemide che così essa lo perdonò. Gesù è morto in croce non per volontà di Dio padre, (sarebbe contro natura), ma per dimostraci che non cambia nulla nel mondo se non si è pronti a dare la vita per le proprie sacrosante idee, per la verità e la giustizia, l’amore verso il prossimo. Da non dimenticare che Gesù ha sempre combattuto contro la sofferenza, mai consigliata. 5) Trinità, un solo Dio in tre persone. (Dogma di Nicea) Questo mito è antichissimo e presso molte civiltà, si fonda sulla magia del numero simbolico tre, che significa perfezione. Per esempio il mito egiziano: Iside, Osiride, Horus: padre, madre, figlio. Conviene qui dribblare la filosofia greca con le sue formule grattacapo. Ci basti un esempio popolare di trinità: il sole genera, illumina, rianima. Così sarebbe la perfezione di Dio 6) Chiesa infallibile. Mito del potere, frutto della chiesa piramidale costantiniana (350 d.C.). Dogma autoreferenziale di Pio IX (1869). Ma Gesù aveva insegnato agli apostoli di non fare come i potenti del mondo che vogliono essere serviti. La sua comunità invece esiste per servire e testimoniare l’amore verso gli ultimi. 7) Cattolicesimo unica vera religione. Mito del sovranismo. Bando imperiale di Teodosio nel 385 d. c. quando la chiesa da perseguitata ricevette consenso di perseguitare e fare le crociate. Tuttavia con questo non va dimenticato il grande bene che la chiesa lungo i secoli ha espletato. Ma oggi essa andrebbe riformarla alla luce di questa problematica globale.

Autore: Albino Michelin 04.10.2021
albin.michel@live.com

mercoledì 8 dicembre 2021

FEMMINICIDI IN AUMENTO: DEDICATO ALLA BAMBINA GRACE

Fa sempre impressione leggere sulla stampa episodi di femminicidio, però altra cosa è trovarsi coinvolti di persona come successo al sottoscritto quando il 15 settembre u. s. si sentì scosso da un caso del genere avvenuto a due km di distanza dal suo indirizzo, in una contrada contigua, si può die alla porta accanto. M. ex amante uccise con un colpo di pistola allo zigomo la compagna Ale Z. di anni 21, e poi si tolse lui stesso la vita, lasciando orfana la figlioletta di due anni, dal nome gentile Grace, cui dedico il presente articolo. Il fatto avvenne nel vicentino dove 5 giorni prima a 20 km di distanza un marito uccise la compagna senegalese, e qualche tempo addietro in un paese limitrofo successe un episodio identico: quasi un contagio. Una riflessione sull’argomento è d’obbligo, ci basti ricordare che in Italia ogni tre giorni si ripete un femminicidio, stillicidio in aumento. E’ un termine di nuovo conio, qualche anno fa si usava il vocabolo uxoricidio, uccisione del coniuge, ma siccome in genere è la donna a lasciarci la vita è sorto il neologismo femminicidio. Non si riferisce semplicemente all’uccisione di una donna ma al motivo. Uccisione non per ragioni casuali come rapina, incidente, disgrazia, ma solo perché donna. Per mano del marito o ex, del fidanzato, del compagno, del convivente, o del padre contro la figlia, o del figlio contro la madre. Si vede che dal punto di vista sociale esiste ancora fra di noi una cultura arcaica che emerge non ostante l’apparente buonismo. E anche se noi occidentali accusiamo di barbarie gli arabi e i musulmani che decapitano le donne a motivo della loro moralità, le lapidano, le privano di scolarizzazione, le brutalizzano, le deturpano con l’acido, le sottopongono a alla infibulazione, impongono il burqa, le chiudono in casa a doppia mandata, in fondo non siamo molto più civili. Ovviamente evitando generalizzazioni, ci illudiamo di essere puliti fuori e dentro, ma nel nostro inconscio collettivo si annidano ancora pezzi di maschilismo patriarcale. Concediamo pure che in Italia le cose dal punto di vista delle leggi qualcosa è cambiato. Fino a qualche tempo fa esisteva il delitto d’onore (abrogato nel 1981), dopo il quale il marito se la cavava con una pena irrisoria. E’ stato introdotto il divorzio, (1970), il diritto di famiglia (1975) l’aborto, (1978), il 25 novembre quale giornata contro la violenza delle donne (1999), però anche al presente lo stato non offre alle bambine e alle donne la sicurezza necessaria a garantire loro rispetto nelle famiglie, nella vita, negli ambienti di lavoro. Mancano un approccio mirato, garanzie giuridiche e politiche. Poche le azioni messe in atto per disinnescare questa cultura arretrata. Il discorso formativo andrebbe fatto a monte. Ad esempio occuparsi della violenza e non della discriminazione significa arrivare troppo tardi. Femminicidio non è solo la morte, ma anche la mortificazione inflitta alle donne. La morte fisica è possibile là dove è già stata consentita la morte civile, la negazione di ogni dignità. Come la morte professionale attraverso le continue molestie, sevizie, violenze, disparità di salario e le rinunce lavorative in caso di gravidanza. E poi fa difetto una vera educazione sessuale che non significa semplicemente informazione medica o ginecologica ma formazione etica dei sentimenti, così diversa dalla libertà degli istinti, secondo anche gli studi di alcuni classici in materia come E. Fromm” l’arte di amare”. Pure da questo deficit psicologico può esplodere poi il delirio maschile nel femminicidio. L’uomo si sente padrone della donna, sua proprietà. Nel femminicidio salta anche il patto gerarchico: l’uomo superiore, la donna a lui inferiore, guai a infrangerglielo. La sua arroganza è legata a questi pregiudizi, che ad un tempo saranno stati anche dei valori, magari col supporto della chiesa che consigliava alla moglie silenzio e sottomissione al marito, ma che oggi si chiamano sopraffazione. Il femminicida non si riconosce narcisista, e lo è, perché non ammette che la donna si innamori di un altro, solo a lui è consentito comportarsi da poligamo. La decisione della donna di lasciarlo gli crea una umiliazione insopportabile, si sente bandito nella classe dei perdenti. Dove mai va a finire la sua muscolosità, la sua virilità, il suo potere assoluto? Mentre la virilità sarebbe la coscienza dei propri valori e sentimenti supportata dal rispetto reciproco, il possibile femminicida si sente messo in ridicolo. Di qui il sadomasochismo, le dinamiche tossiche della possessività, il piacere perverso di assoggettare, eliminare, fare a pezzi la donna colpevole di una scelta diversa. Noi uomini non ci dovremmo vergognare di metterci la faccia e riconoscere che qui si tratta di amore immaturo e malato. Il femminicidio è spesso la punta iceberg di ciò che il maschio potrebbe potenzialmente diventare dopo continuate violenze in famiglia rimaste sconosciute e dalle donne sofferte. Quando il femminicida è preso dal raptus dell’onnipotenza tribale a lui non interessa più nulla delle aziende, dei conti in banca, delle proprietà terriere, degli affetti familiari, della sua vita, addirittura dei suoi figli, vedi quanti orfani abbandonati al loro destino. Alla piccola Grace di 2 anni rimasta sola come innumerevoli testimoni dall’infanzia negata auguriamo che fra qualche anno la conoscenza di tanto crimine non le sia traumatica e che la solidarietà dei familiari parenti le possano restituire l’amore rubato.

Autore: Albino Michelin 30.09.2021
albin.michel@live.com

lunedì 6 dicembre 2021

500 ANNI FA MORIVA LEONE X, IL PAPA CHE DIVISE LA CHIESA E L'EUROPA

Da cinque secoli a questa parte fra cattolici e protestanti non corre buon sangue, piuttosto molto ne è stato versato, basti pensare fra tutte alla strage di S. Bartolomeo del 25.8.1572, nella quale i cattolici massacrarono tre mila ugonotti francesi. Oggi ci si può domandare se tanto odio si sarebbe potuto evitare, probabilmente sì. L’anniversario dell’1.12.2021 può darci una risposta, rievocando i 500 anni dalla morte di Leone X. L’impulsivo e mondano pontefice, cui è mancata cultura teologica e pazienza per evitare di fronte a Lutero uno strappo religioso e politico insanabile. Dal punto di vista storico è opportuno dare spazio anche a questo uomo non tanto per celebrarlo quanto per evitare che la storia venga sempre raccontata dai vincitori (nel caso dai cattolici), e che i vinti stiano sempre dalla parte del torto. Il futuro Leone X, all’anagrafe Giovanni De’ Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, di nobile famiglia toscana, nacque a Firenze il 10.12.1475 e morì a Roma il 1.12. 1521. a 46 anni. Da bambino fu destinato alla carriera ecclesiastica, a 8 anni divenne abate di Montecassino, a 13 anni segretamente per abili manovre cardinale. Si cacciò subito in politica e fondò la lega Santa (Inghilterra, Spagna, Venezia, Svizzera, Impero) contro i francesi. A 38 anni sempre con appoggio dei nobili e dei politici diventò il 217.mo papa senza essere né diacono, né prete né vescovo. In un battibaleno si fece conferire cumulativamente tutti e tre gli ordini. Energico, guerriero, raffinato mecenate, nepotista perseguì tre obbiettivi: politica con gli stati europei, sistemazione dello stato pontificio, difesa degli interessi di famiglia. Difatti scelse il cugino Giacomo a divenire suo successore col nome di papa Clemente VII non curante del conclave. Suo vero chiodo fisso era il finanziamento della monumentale basilica di S. Pietro, iniziata nel 1506 ad opera del Bramante e terminata nel 1620, 114 anni più tardi. Ebbe la nobile pensata di lanciare il mercato delle indulgenze. Cioè ogni peccato passato, presente e persino futuro poteva essere perdonato per evitare l’inferno a patto che il cliente peccatore versasse una quota prestabilita. Ed è così che Leone X pubblicò la Taxa Camerae, il tariffario con 35 libelli. Esempio: chi annega un figlio, assolto versando 27 libbre, un eretico che si converte assolto con 218 libbre, un frate che vuole ritirarsi in eremo con una donna, assolto per 45 libbre, chi spergiura senza mantenere, assolto con 131 libbre. Il guercio di un occhio che vuole farsi prete promosso con 10 libbre. E così di seguito. L’arcivescovo. Alberto di Brandeburgo e la Banca Fugger raccolsero 10 mila ducati. Il totale dell’operazione indulgenze fruttò a Leone X circa 2 milioni di euro attuali. A tanto sacrilego mega mercato si oppose Martin Lutero, nato ad Eisleben Sassonia, regione ad est della Germania nel 1483 (+1546), figlio di contadini. A 18 anni entrò in convento e si fece monaco, a 25 docente all’università di Wittenberg, a 32 si sposò con Caterina Von Bora ed ebbe sei figli. Carattere vigoroso e deciso, studioso appassionato della Bibbia, di profonda spiritualità, ansioso e vitalista si chiederà per tutta la vita:” come troverò un Dio misericordioso?” Basa la sua spiritualità sul Vangelo e sulle lettere di Paolo, formulando tre principi. 1) Sola fede. Primato della coscienza. La giustificazione e la salvezza dipendono dalla sola fede e non dalle opere, specie quelle frutto di mercato. Le opere non sono inutili ma vanno compiute come frutto dell’amore di Dio. 2) Sola grazia. Primato della grazia di Dio sul merito dell’uomo. Centralità Cristo. 3) Sola scrittura. Primato del vangelo e non delle tradizioni degli uomini. Non era una nuova religione, ma il ritorno a quella di Gesù. Il conflitto con Leone X inizia subito ma esplode nel 1517 quando il traffico delle indulgenze supera ogni sopportazione. Il 31.10 dello stesso anno espone alla porta della cattedrale di Wittenberg 95 tesi, esplicazioni dei tre principi su citati. ll tutto arrivò a Roma e il teologo di corte Silvestro Prierias pregò il papa di prendere la causa sul serio e di discuterla seriamente. Il pontefice in tutt’altre faccende affaccendato non si sente affatto minacciato da queste quisquiglie fratesche e frettolosamente si illude di chiudere il caso con la bolla Exurge del 15.6.1520 minacciando la scomunica che divenne operativa il 3.1.1521- Lutero diede fuoco a tale documento e rispose che sul trono papale siede l’anticristo. E così lo strappo diventa definitivo. Causa l’impazienza e l’incompetenza di Leone X inizia la riforma protestante, si spacca la cattolicità, la stessa geopolitica europea si assesta definitivamente con il nord Europa separato dal sud che resta papale. Forse un po’di ragione ce l’aveva quel tale a dire che se la chiesa non l’hanno distrutta i papi non la distrugge più nessuno. La conseguenza però è che in Italia il protestantesimo non ha mai avuto diritto di cittadinanza, sempre combattuto con pregiudizi, invece avrebbe potuto diventare stimolante confronto. Un tentativo di avvicinamento si è avuto il 31.10.1999. quando le due chiese hanno firmato un accordo sulla giustificazione attraverso la sola fede. E recentemente la Federazione luterana ha proposta che Papa Bergoglio tolga la scomunica a Lutero e i Luterani aboliscano l’epiteto di anticristo lanciato al papa. Purtroppo anche Leone X è stato figlio dell’imperatore Costantino (313 d. c.) del quale Dante scrisse (Inf.21,115):” Ah Costantin di quanto mal fu matre non la tua conversion, ma quella dote che da te prese il primo ricco patre.”

Autore: Albino Michelin 06.09.2021
albin.michel@live.com