domenica 12 dicembre 2021

BIDEN E BERGOGLIO: DUE MONDI, UNICA SPERANZA

Il 29 ottobre u.s. ha avuto luogo l’incontro in Vaticano fra il Papa e il presidente degli Stati Uniti. Dei 46 presidenti dal 1776, origine degli Usa, è il secondo cattolico dopo Kennedy con Paolo VI nel 1963. Nessun clamore, nessuna TV durante il colloquio, nessun baciamano, 75 minuti di conversazione, mentre la precedente con Trump del 2015 era durata 30 minuti. La foto con Trump mostra un volto di Bergoglio serio e pensoso, questa invece due volti sereni e fiduciosi. L’unica dichiarazione pubblica fatta da Biden riguarda la sua vita personale allorché Bergoglio lo consigliò ad essere un buon cattolico e continuare a ricevere la comunione (non ostante sia presidente di una nazione dalla legislazione abortista, anche se personalmente contrario all’aborto). La seconda dichiarazione Biden la affidò ad una nota della Casa Bianca elogiando Bergoglio per il suo impegno verso i poveri del modo, per il clima, contro le guerre. Un settore della stampa italiana non smentì la sua superficialità e uscì titolando: “l’ostia di Biden…la politica dell’eucarestia,” e avanti su questo tono. E’ emerso invece un messaggio molto più profondo quale: il puritanesimo nella chiesa e nel continente Usa, rapporto stato-chiesa, religione-laicità, fede-scienza, dogmatismo ed evoluzionismo. A molti l’America fa invidia guardandola dall’esterno perché considerata uno stato forte ricco, monolitico, oasi felice, invece a vederlo dal di dentro anch’esso ha i suoi conflitti, le sue forze centrifughe, le sue criminalità, le sue sacche di miseria. Entrambi i messaggi sia quello personale come quello della Casa Bianca meritano una riflessione. Anzitutto sul puritanesimo, anche se nessuno lo cita. E’ un protestantesimo di matrice calvinista, arrivato dall’Inghilterra con gli immigrati nel 1620. Bibbia fino all’oltranzismo, nessun compromesso con il cattolicesimo, morale ultra rigida, questa una delle tante filosofie alla base della storia Usa, col tempo suddivisasi in miriadi di sette. Nel 1973 è stata approvata la legge sull’aborto. Di qui la spaccatura con Biden cattolico che personalmente antiabortista deve fare i conti con una massa di 330 milioni di persone in 50 stati e venire a compromesso politico. Tutti ricordano in Italia l’introduzione del divorzio (1970) e dell’aborto (1978) entrambi sostenuti anche da una parte del clero. Non tanto perché ad un prete celibe interessi divorziare da una moglie che non ha, o praticare l’aborto, quanto per evitare mali peggiori nei confronti delle coppie al limite della violenza, o di ragazze e donne stuprate che finiscono pericolosamente verso le mammane o nella disperazione. Talvolta fra due mali è opportuno scegliere quello minore, perché non tutto è bianco, non tutto è nero, talvolta è grigio e anche nella morale non giova stare dalla parte dei puri(tani). Quindi va fatta una distinzione fra morale personale e morale rappresentativa. Biden in quanto rappresentativo di un popolo deve scegliere il male minore. Da qui la spaccatura fra il mondo dei puritani, cui aderisce molta parte del clero unitamente a buona parte dell’episcopato, che nel 2004 era riuscito a bocciare le presidenziali a J. Kerry, e che aveva già preparato per questo mese di novembre il divieto ufficiale a Biden di accostarsi alla comunione. Bergoglio ha bloccato l’iter, e sappiamo che egli considera l’aborto un omicidio e anche recentemente ha benedetto “le campane della vita, voce dei non nati”, destinate alla Polonia. Nel contempo però ha anche abolito la legge discriminatoria per cui una donna per essere assolta dall’aborto doveva girare mezzo mondo fra vescovi e penitenzieri, e ha concesso la facoltà a tutti i preti dell’assoluzione, lasciando alla donna stessa la decisione secondo coscienza e discernimento. Questa che sembra una bega da frati e di basso profilo, negli Usa fra puritani e democratici è battaglia fino all’ultimo sangue. E qui colpisce la morale contradditoria e schizofrenica dei repubblicani trumpisti, fra cui molti puritani che nulla mai hanno obbiettato contro la barbarie della pena di morte, le guerre in Vietnam, in Iraq, nel Medio Oriente, contro il commercio delle armi, il colonialismo selvaggio per il petrolio, le sopraffazioni internazionali. Biden poi non ha disdegnato l’altro aspetto, quello che in genere si chiama ingerenza indebita della chiesa nella politica. Si tratta di distinguere. Certo non siamo più al tempo del Cesaropapismo, quando un papa re poneva e dimetteva dal trono i principi o che reggeva le politiche mondiali. Però gli ovvii consigli dati da Bergoglio a Biden per il buon esito a Roma del G 20 (Gruppo di 20 rappresentanti del mondo) e a Glasgow del Cop 26 (Comitato mondiale di 197 negoziatori) furono indubbiamente al centro del lungo colloquio del 29 ottobre 2021. Perché oggi la politica ha bisogno di un supplemento d’anima che le può venire da una sincera e disinteressata etica universale, di cui le religioni possono essere portatrici. Un incontro che stranamente fa venire alla mente Don Camillo e Peppone, l’uno di estrazione clericale l’altro marxista che però si sono prodigati per il bene dello stesso paese Brescello. A conferma che nella vita non ha importanza da dove si viene, ma dove si va. Alla fine Biden definì Bergoglio con 4 p, combattente per il “people, planety, prosperity, peace” Non se li appunterà al petto quali coccarde d’onore ma continuerà a farsene un progetto di vita insieme con tutti quelli che hanno fiducia in un mondo migliore.

Autore: Albino Michelin 30.10.2021
albin.michel@live.com

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