giovedì 4 aprile 2019

URGENTE UN'ETICA MONDIALE UNITARIA E CONDIVISA

Il 4 febbraio 2019 Papa Bergoglio in visita agli Emirati Arabi ha desiderato un incontro con il grande Iman Ahmed e nella culla storica dell’Islam hanno sottoscritto insieme un documento “Sulla fratellanza universale e sulla convivenza mondiale” Un fatto storico. I firmatari dichiarano di adottare la cultura del dialogo come strada comune, la collaborazione come condotta, la conoscenza reciproca come metodo. Molti cattolici italiani specie fra i devoti e i fondamentalisti si sono sollevati protestando perché un papa cattolico va a svendere la nostra religione ai musulmani genuflettendosi davanti ad un rappresentante ufficiale di Maometto. Oggi ci troviamo di fronte ad una situazione contradditoria e schizofrenica. Da una parte si parla della scomparsa del sacro e della insignificanza delle religioni, dall’altra si esige che le religioni si accordino fra di loro e che la pace venga al mondo prima di tutto da queste. Un dato comunque è certo: non vi sarà pace fra le nazioni finché non vi sarà pace fra le religioni. Di qui va lodata la buona volontà e la lungimiranza di questi due rappresentanti religiosi. Nessuno può contestare il fatto che la nostra epoca a differenza delle precedenti è caratterizzata da una civiltà a dimensione mondiale e quindi la necessità di un’etica o morale alla stessa dimensione. Cioè di un consenso di fondo e unanime circa valori vincolanti, criteri immutabili, e principi dalla stessa natura umana condivisi, soprattutto non strumentalizzando le religioni per incitare all’odio. Le religioni potrebbero contribuire molto a ciò, stante la carenza di sensibilità in merito.  In effetti abbiamo lo sviluppo della scienza ma non saggezza, della tecnologia ma non energia spirituale, dell’industria ma non ecologia, della democrazia ma non relazioni umane rispettose. A questo nostro mondo manca un’anima e le religioni potrebbero dargliela. L’incontro Papa Iman va in questa direzione. Le ostilità ispirate dalle religioni sono state notevoli fattori di influenza persino nelle guerre del passato. Ma anche attualmente in parte non devono continuare a logorarsi a vicenda con le discordie. Disturba ad esempio sentire come nell’Irlanda del Nord sorgono scontri cruenti fra cattolici e protestanti, nei Balcani fra cattolici, ortodossi e musulmani, nel Medio oriente fra ebrei e musulmani, nel Sri Lanka fra indù e buddisti, e avanti con la lista. Indubbiamente la storia negativa del passato fatica a morire, perché vanno superati ostacoli non indifferenti. Uno ad esempio è quello dell’eurocentrismo cristiano. Alla fine del 1800 il Cristianesimo aveva conquistato una porzione mondiale unica nel quadro della politica del colonialismo, dell’imperialismo, dell’espansione capeggiata dall’Europa, un predominio sui paesi di antica civilizzazione. L’India sotto la Gran Bretagna, La Cina giocattolo delle potenze europee, il Giappone isolato, l’Africa saccheggiata. Per non citare paesi dell’Oriente sotto l’influenza iberica. Persino gli Usa in gran parte frutto di eurocentrismo d’importazione per diverse ondate emigratorie. Da 70 anni ad oggi si è tentato di arginare questo indegno andazzo con la dichiarazione dei diritti dell’uomo da parte dell’Onu (1948), non ostante sussulti e rigurgiti periodici. Un seme di speranza che ha portato ad un futuro più ottimista fino al 1993 anno in cui per la prima volta si è sentita la necessità di indire e riunire un parlamento delle religioni mondiali a Chicago. Con la partecipazione di 6.500 persone di tutte le possibili religioni si è riusciti a proporre una dichiarazione unitaria, la quale ampliava e attualizzava sia la dichiarazione del 1948 su citata, sia quella del 1776 la prima sui diritti dell’uomo ai tempi della rivoluzione Usa. Tenendo conto di queste esperienze e guardando ad un futuro immediato non si vuole togliere nulla allo specificum di ogni religione, tanto meno liquidarlo. Quindi la Thora agli Ebrei, il Vangelo ai cristiani, il Corano ai musulmani, i discorsi di Budda agli Indiani, i detti di Confucio ai Cinesi. Nessuna religione deve sentirsi superiore alle altre, nessun capofila che eserciti pressione o proselitismo. Non si tratta di fare un cocktail o un miscuglio religioso.  Ma in comune si dovrebbe mettere ciò in cui tutte le religioni credono.  Ora vi sono alcuni sentimenti di fondo comuni ad ogni coscienza umana, indipendentemente dall’appartenenza religiosa, dalla tradizione, dalla cultura. Perfino Paolo (Rom.2,15) lo sosteneva che si può arrivare a dimostrare l’esistenza di un senso morale senza particolari rivelazioni divine, o libri sacri. Nel fondo di ogni uomo, di ogni tradizione religiosa o meno esistono dei principi innati che secondo i teologi attuali possiamo catalogare in cinque ambiti: 1) non fare agli altri quello non vuoi gli altri facciano a te. Massima di Confucio che Gesù ha presentato in positivo, fare agli altri quello vorresti gli altri facciano a te. 2) non uccidere, rispettare la vita. 3) Non rubare. 4) non tradire e non mentire. 5) Non disperdere la sessualità. Ovvio questi principi sono connaturali nel buon senso di ogni uomo, la loro applicazione però può variare da popolo a popolo, da cultura a cultura, da religione a religione. Possiamo elencare qualche applicazione da affidare alla libertà di studio e di evoluzione. Sul primo principio, applicare il problema dei diritti umani umo-donna, perdono e vendetta, quando, dove… Sul secondo principio: la pena di morte, la tortura, la guerra, il terrorismo, l’aborto, il fine vita, il rispetto della natura, dell’ambiente, degli animali. Sul terzo principio: la forbice ricchi e poveri, la fame nel mondo, la mafia, l’emigrazione. Sul quarto principio: lo stalking, la manipolazione della notizia, il twitter, la calunnia. Sul quinto principio: il divorzio, la maternità assistita, l’omosessualità. Ecc. Su questo ridotto mini elenco di applicazioni ogni religione, popolo, tradizione culturale ha da approfondire e legiferare talvolta autonomamente, superando l’equivoco che il l’onestà morale si identifichi con il consenso numerico e statistico. Ma l’unità degli intenti sui 5 principi su esposti dovrebbe essere sottoscritta da tutti; religioni, stati, nazioni, e attenersi ad una intesa mondiale.  Se non si arriva al più presto a questa nuova dichiarazione a livello universale ed ufficiale con l’impegno a realizzarla, ci tiriamo addosso il caos e l’autodistruzione, senza dare la colpa all’Apocalisse, a Satana, a qualche Padre eterno, ad Allah o ad altre divinità ultramondane.

Autore:
Albino Michelin
27.03.2019

mercoledì 3 aprile 2019

LA SVIZZERA: TERRENO FERTILE PER L'ESOTERISMO

L’esoterismo è un’esperienza plurimillenaria, che va dalle pratiche più mistiche e attraverso a quelle goliardiche arriva alle più aberranti, tipo satanismo. O anche a quelle di puro interesse commerciale tipo marketing, o alle sette che sono di difficile collocazione in quanto mix di varia derivazione. L’input all’argomento viene dal “Fiat Lux” (si faccia luce), gruppo un po’ esoterico, un po’ setta, localizzato in Svizzera, la cui fondatrice e profetessa Uriellla (anagrafe Erika Bertschinger) è deceduta il 24.2.2019 Originaria di Egg (ZH), ha diretto la sua comunità, composta all’incirca di un centinaio di persone, con mano forte, disciplina ferrea, all’interno della quale gli aderenti sono animati da una grande emotività spirituale. Non interessano qui i dettagli del circolo che con il miraggio della vita eterna non disdegnava il marketing. In effetti negli anni passati fu messa in piedi una causa di 625 mila CHF per evasione fiscale. Non ostante ciò i membri praticano un regime di vita austero, abolizione dell’alcool, sesso tabù, rinuncia a medicine commerciali. Viene praticata l’espulsione ai contestatori, e minacciata la perdizione eterna nell’aldilà. A titolo di curiosità questo caso  fa venire in mente quello della nota conduttrice televisiva europea, la svizzero ticinese di Sorango Michelle Hunziker, la quale  a 23 anni, apparente causa alopecia, caduta di capelli, in verità per seria depressione, entrò nella setta pugliese ”Guerrieri della luce”, più gentilmente detta “Associazione Gelsomino”,  condotta dalla maga pranoterapeuta Clelia (anagrafe Giulia Berghella) e per 4 anni autoprigioniera della setta si sottomise ad un vita austera,  pure con astinenza sessuale e  rilevante dipendenza finanziaria (per lei che introita 8 milioni di reddito all’anno non rappresenterebbe un fallimento) se ne uscì più tartassata che non all’inizio e dovette accedere agli esorcisti  Frate Elia e allo scacciadiavoli canonico P. Amorth per riacquistare la sua normalità. In Svizzera abbiamo una elevata diffusione di questi gruppi, con il numero più alto di aderenti d’Europa, circa cento mila. Una domanda però è legittima: come mai in questa terra del benessere tanta gente accede all’esoterismo? Probabilmente perché non si sopportano troppo le religioni a forma istituzionale, strutturate e rituali. Si desiderano gruppi di limitate dimensioni e dalle relazioni umane più immediate. Indubbiamente c’è anche un paradosso: si esce da un sistema religioso rigido e si entra in altro forse più rigido ancora, dove viene esercitato uno stretto controllo ed allontanamento dei contestatori. Forse il motivo è sentimentale spirituale ed interiore che nelle altre religioni si ritiene introvabili.  Fare poi una statistica a livello mondiale è difficile, anche perché ogni singolo gruppo si compone di un numero limitato di persone, circa 20-30. Però qui è opportuno ampliare il discorso ad un livello generale ed extraeuropeo, includendo praticamente anche gli Usa, la patria delle fedi alternative. Opportuno per dettagliare l’argomento è tralasciare i corposi gruppi come i Mormoni (con 12 milioni nel mondo) e i Testimoni di Geova (19 mila in Svizzera 8,5 milioni nel mondo) ed altri consimili. Per limitarsi all’esoterismo, escludendo il marketing ed equivoci vari, conviene anche capirsi e definirlo: dottrina spirituale interiore ed in parte segreta, accessibile agli iniziati allo scopo di sentirsi bene in una esaltazione interiore. Si può dire che ogni inizio di religione ha una componente esoterica, cioè gruppo limitato, animato da un “illuminato”, con alcuni principi orientativi. Corrispondenza fra macrocosmo (mondo) e microcosmo (uomo). Cioè come l’uomo è al centro del mondo, così lo spirito è al centro dell’uomo. Ed ancora: la natura è viva e va amata. Inoltre: angelismo, cioè l’esistenza di mediatori fra Dio e gli uomini, chiamati angeli. Altro: maturazione interiore acquisendo sempre più esperienze spirituali in riferimento a quelle materiali. In fondo l’autentico esoterismo è il richiamo all’interiorità, la bellezza della verità riscoperta in se stessi, il cuore dell’essere umano, tutti aspetti oggi scomparsi nella nostra civiltà consumistica. Per cui molti preferiscono darsi ai gruppi esoterici, e, come noto, in genere d’importazione orientale. Il gesuita psicoterapeuta indiano A. De Mello scrive che Dio sta nella creazione e nel cuore dell’umanità come la voce del cantante sta nella canzone che esegue. Non sono la stessa cosa, ma l’uno si comprende in funzione dell’altro. Non possiamo dire qui che il taoismo, lo sciamanesimo, l’occultismo, siano il degrado dell’esoterismo, come non lo erano necessariamente i misteri dell’antichità. Comportano essi pure degli aspetti importanti che possono giustificare l’adesione degli adepti. E’ indubbio che i gruppi esoterici siano il segno più minaccioso per le religioni ufficiali ma sono anche la dimostrazione   che queste talvolta intristiscono troppo nei loro ritualismi e formalismi. Anche la religione cristiana inizialmente era un gruppo esoterico. Cioè Gesù ha cominciato con un piccolo gruppo. Spesso radunava a parte i pochi discepoli, confidava loro i misteri del Regno di Dio, li riuniva in disparte, saliva con loro sulla barca, selezionava qualcuno per ascendere al Monte Tabor, raccomandava di non parlare con nessuno e di tenere il segreto. Era una formazione all’interiorità e al senso del mistero prima di andare a divulgare ogni tipo di messaggio. A modo loro, anche se errato l’avevano recepito anche gli scrittori laici del tempo definendo il Cristianesimo una setta, cioè una secessione dalla religione ufficiale ebraica o dell’impero, con effetto ripiegamento, clandestinità, complotto. Dell’esoterismo non bisogna per principio diffidare.  Su di esso dal 1950 vi è stata una fioritura di studi in modo particolare per opera di Mircea Eliade, con conseguente istituzione di cattedre universitarie. E’ anche possibile che per molti si faccia confusione con la magia, l’alchimia, l’astrologia, la cartomanzia, la chiaroveggenza ed espressioni del genere, ma pure tutto ciò può avere un legame se pur minimale con l’esoterismo nel senso di ricerca del sacro, comunicazione col divino. Il divino è la nostra materia connettiva, rinnegarlo ne va dell’umano. E anche i simboli, siano essi ufficiali o meno contengono inconsciamente lo stesso anelito. La croce, la svasta, amuleti, talismani potrebbero essere un tentativo inconscio di proiettarsi nell’universo sacro. Non si tratta qui di voler sacralizzare tutto e tutti, quanto piuttosto di trovare il positivo anche in apparenti stranezze. Come dice una canzone di F. D’André: ”dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”

Autore:
Albino Michelin
21.03.2019

martedì 2 aprile 2019

DALLA CENA DEL SIGNORE ALLE NOSTRE MESSE RITUALI

L’ultima cena di Gesù, diventata con il tempo la messa cattolica, non fu un banchetto organizzato da un profeta depresso, ma l’invio dei discepoli e di tutti i credenti ad inaugurare il regno di Dio, cioè un mondo nuovo fondato sulla giustizia e sulla fratellanza. L’espressione è un po’ roboante e logorata dal tempo, però tradotta nella vita concreta vorrebbe significare una logica rovesciata da quella nostra abituale troppo egoista e individualista. E siccome l’ultima cena o la nostra messa viene sempre collegata alla morte di Gesù fino a identificare ogni messa con la ripetizione del suo sacrificio sulla croce e del sangue per il Padre e per noi versato, ci siamo anche con il tempo creati dei miti o per devozione o per esigenze di culto che esigerebbero qualche riflessione e chiarimento. Una zona piuttosto complicata della teologia che ci mette di fronte ad una tradizione di due mila anni e al modo di influenzare le prediche del clero, divulgando   l’equivoco che l’uomo bravo e onesto è tout court colui che frequenta la messa domenicale o che fa celebrare messe in continuazione, fonte di copiose grazie e benedizioni, quando magari all’atto pratico il suo comportamento di vita fosse anni luce distante dall’intendimento di Gesù. Qui bisogna premettere il punto di partenza e di riferimento, per il momento giusto o sbagliato non interessa, cioè che la messa sarebbe la ripetizione della morte di Gesù in croce. Non si venga a dire che una volta si pensava così, ma oggi il modo di ragionare è cambiato. Non pare vero, basta ascoltare Radio Maria, organo quotidiano della cultura cattolica per 6 milioni di ascoltatori e se ne avrà conferma.  Ovvio che la prima riflessione di Paolo e della prima comunità cristiana si chiedesse il perché dalle morte di Gesù. Tentativi e immagini mitologiche vennero presi dalla cultura del tempo, il cui significato resta permanente anche nel nostro. Nei vangeli e negli studi dei santi padri non esiste un modello interpretativo unico ed esclusivo, ma diverse interpretazioni composte da più strati e fra loro intrecciati. La teoria a noi pervenuta che la morte di Gesù sia un sacrificio olocausto a Dio gradito per la salvezza di tutti i peccatori, noi inclusi, si comincia a delineare in epoca medioevale a partire da Anselmo di Canterbury (1250). Il concetto di questo monaco è diventato e resta il nostro. La morte di Gesù avrebbe una doppia finalità: di espiazione, offerta a Dio Padre per rabbonirlo e fargli cambiare idea sulla nostra predestinazione all’inferno. E l’altra quasi a carattere “finanziario” sarebbe un riscatto versato a satana per strapparci dal suo possesso.  Che si potrebbe chiamare anche “militare”: morte di Gesù come combattimento contro le potenze del male. Nulla di più tenebroso. Ma eravamo nel tempo della fioritura della scienza giuridica, cioè del diritto, in una logica tutta legata al giuridismo romano: do ut des. Come dire: Gesù offre e da’ la sua vita a Dio padre, il quale gli restituisce il perdono dei peccati e la salvezza per tutti gli uomini strappandoli dal possesso del maligno. Con una serie di concetti mutuati tutti sempre dal giuridismo romano, pessimistici e negativi, come: legge, colpa, pena, espiazione, pentimento, ricompensa, soddisfazione, riconciliazione, restituzione, riscatto. A chi pone attenzione questi sono i sentimenti da cui si viene attraversati a ogni messa. Basti pensare che ben per nove volte viene accentuata la colpevolizzazione dell’uomo, dal Signore pietà Cristo pietà, all’Agnello di Dio abbi pietà di noi.  Nulla da meravigliarsi era lo spirito del tempo. Anselmo fila diritto secondo la logica, che, inutile ripetere, non era la logica di Gesù. Ma Anselmo col suo schema non mollava: col peccato originale Adamo e la sua discendenza avevano turbato l’ordine del mondo imposto da Dio, e Dio nella sua maestà ne è stato infinitamente offeso. Di qui l’assoluta necessità di cancellare lo schiaffo all’Altissimo. La colpa infinita può venire riparata solo da una essere infinito, non dall’uomo finito. Cioè solo la morte del “Figlio di Dio”, fattosi pure uomo poteva concedere ai suoi fratelli i suoi meriti e il suo perdono. Un impianto affascinante, ma schematismo giuridico unilaterale. Trasferisce sul religioso una antica mentalità sociale tribale, la bramosia di sangue degli antichi faraoni per concedere grazia ai poveri sudditi fedifraghi e felloni.  Come se Dio fosse un demone adirato cui si debbano sacrifici di sangue. E Anselmo sposa la credenza di S. Agostino (vissuto 800 anni prima) che attribuiva la prima presa di Roma alla omissione dei sacrifici agli idoli. Siccome il sacrificio della messa viene fatto derivare dal sacrificio della croce andrebbe evitato questo elemento fuorviante. Inoltre Discutibile il pensiero del nostro Anselmo per un ulteriore motivo, cioè il difendere la dottrina di Agostino che il peccato di Adamo si trasmetta per ereditarietà attraverso il rapporto sessuale quasi fosse un retaggio della specie.  E quindi necessaria la morte di Gesù per conciliare a Dio padre l’umanità sino alla fine del mondo. Gesù nel vangelo non parla mai di questo, né di Adamo, né di Eva, nemmeno in occasione dell’ultima cena. Discutibile è anche l’obbiettivo: non risalta quello di Gesù venuto al mondo a portare grazia misericordia, amore. Domina come nel diritto romano la giustizia punitiva e il riscatto. Certo la teoria di Anselmo nacque dall’intenzione per altro lodevole di rendere comprensibile alla sua nuova epoca (mille anni dopo la morte di Gesù) la tradizione antica. Però l’evoluzione che fu consentita alla teologia medievale non la si dovrebbe proibire alla teologia contemporanea. Non si può negare che questo concetto fa emergere nell’ inconscio popolare incresciosi equivoci paganeggianti quasi che Dio fosse così crudele e sadico nella sua collera da poter venire soddisfatto solo dal sangue e dalla croce del proprio figlio. Si sa che qualche sacerdote trovandosi di fronte all’impasse sacrificale: ”questo pane è il corpo offerto in sacrificio per voi” cambia in “offerto in amore per voi.” La messa non è la ripetizione del sacrificio della croce, è una celebrazione che inizialmente, subito dopo l’ultima cena, si svolgeva nelle case con comprensibile semplicità avente valore commemorativo, di ringraziamento (=eucarestia) e di distribuzione del pane e generi alimentari ai bisognosi.  Cena per un futuro da costruire sulla slancio della Risurrezione di Gesù. Certo ognuno è libero di andare in chiesa, al tempio, alla moschea, alla sinagoga per pregare il suo Dio, i suoi dei, i suoi idoli. Ma se si tratta di partecipare alla messa andrebbe premesso un esame: la messa, cena del Signore, non è fatta per chi in questo mondo vuole costruire muri anziché ponti, per chi vuole ammassare interessi personali ma per chi il pane di Cristo dall’altare lo fa diventare condivisione nella vita.

Autore:
Albino Michelin
16.03.2019

lunedì 1 aprile 2019

DAL GESU' DELLA STORIA AL GESU' DELLA FEDE

Il vangelo sino ad oggi è stato tradotto in 1500 lingue ed è il libro meglio analizzato di tutto il complesso della letteratura mondiale. Interesse frutto di qualcosa come 300 anni di lavoro vasto e minuzioso da parte di intere generazioni di eruditi cimentatisi in una critica testuale e letteraria di ogni frase, concetto, parola. Analisi linguistica e contenutistica ricostruita con la maggiore rigorosità possibile. Analisi del tempo di redazione evidenziando le situazioni giuridiche, religiose e sociali, la cronologia, l’ambiente, le concezioni teologiche e morali, i miti circolanti, i simbolismi, i destinatari, gli intendimenti, la semantica del linguaggio, le metafore, i significati degli usi e costumi, delle credenze popolari, delle superstizioni. All’interno della Bibbia studiosi competenti hanno da tempo iniziato questi esami, ovviamente distinguendo il Vecchio dal Nuovo Testamento, in quanto quest’ultimo sa di più di epopea epica e meno di messaggio strettamente religioso. Ed è tramite a queste analisi che nel Vangelo si può distinguere il Gesù storico dal Gesù della fede. Cioè da quanto tramandato che cosa si riferisce a Gesù storicamente esistito, profeta di messaggi profondamenti spirituali ed umani, del Regno di Dio, che ha portato dignità ed uguaglianza specie fra i più svantaggiati? Che cosa invece si riferisce ad aggiunte postume frutto di devozione e di stima dei discepoli e successori, di dogmi e concili nei secoli a seguire, in pratica della fede dei credenti della chiesa primitiva e di ogni tempo? Sarebbe come dire che cosa veramente ha compiuto questo “eroe” Gesù e che cosa gli è stato attribuito dopo la morte come medagliere d’onore al merito. Questo discorso oggi è importante per non considerare il vangelo come un libro di favole e di fantascienza, una specie di gossip religioso. Discorso che non si poteva fare tempo addietro stante il veto della chiesa che non permetteva più di tanto la libera ricerca, per non mettere i fedeli in stato di confusione. Va detto subito che fra il Gesù della storia e il Gesù della fede non esiste esclusione, o l’uno o l’latro, ma inclusione. Non esisterebbe il Gesù della Fede se non ci fosse stato un Gesù storico, e senza una precisa rispondenza a fatti da lui compiuti e storicamente documentabili. Fortuna che da qualche anno a questa parte sta spirando un vento nuovo in campo teologico anche se qualche anziano lottatore pretenderebbe che ci si accontentasse di enunciati irrazionali: credo perché assurdo. La devozione del singolo non deve negare la storia reale e con essa la sua risonanza verso il futuro. Un caposcuola di questa utile distinzione è stato R. Bultmann (1894-1976), promotore della demitizzazione e della storia delle forme, teoria che presenta i vangeli come originatisi da una serie di piccole unità preesistenti trasmesse oralmente fino alla stesura scritta. Quindi una distinzione fra letteralismo (prendere tutto alla lettera) e generi letterari. Gli elementi storici che non andrebbero messi in discussione sono: l’esistenza di Gesù, la sua morte di croce, la conseguente fuga dei discepoli, il ritorno e il ricompattamento degli stessi dopo la morte spinti da una forte esperienza interiore che Gesù era il vivente perché fatto risorgere da Dio.  Aggiungiamoci pure le parabole, i detti di contenuto inconsueto e radicale, come quello dell’amore del prossimo e del perdono al nemico, il rapporto con i malati e i sofferenti, i segni guaritori che lo identificavano come un uomo eccezionale. Però altri aspetti sono stati aggiunti a Gesù dalla comunità primitiva e successiva. Si pensi ad esempio ai titoli citati nel Vangelo: Messia, Figlio di Dio, Signore. Fra gli altri il titolo Figlio di Dio veniva attribuito solo all’Imperatore. Chi si attribuiva o accettava gli venisse attribuito tale titolo veniva condannato per lesa maestà. Quindi fa riflettere quando Gesù dice di pregare con il padre “Nostro”, oppure quando annuncia che lui ascende al padre mio e padre “Vostro”. Cioè: in che senso Gesù è figlio di Dio e in che senso anche noi lo siamo? E in che senso noi siamo fratelli di Gesù? Su questo attributo oggi molti credenti si pongono delle domande di significato, dal momento che Dio non ha padre, non ha madre, non ha figli. Titoli quindi che vanno riferiti al Gesù della Fede e non al Gesù della Storia. Altro esempio, quello della Madonna.  La verginità di Maria un titolo che in definitiva va ad illuminare la grandezza di Gesù. Mettere al mondo un figlio viene considerato una vocazione divina, andate e moltiplicatevi. Il rapporto amoroso considerato sacro perché fonte di una nuova vita, in linea col precedente messaggio. Gesù viene definitivo un perfetto uomo, però si nega a sua madre la soddisfazione sacra di averlo messo al mondo attraverso un rapporto amoroso con Giuseppe. Conseguenze: Gesù non sarebbe un perfetto uomo, il rapporto amoroso verrebbe giudicato un’attività equivoca, Maria la preservata, la privilegiata perché concepì di Spirito Santo, con la conseguenza di un declassamento per tutte le donne che mettono al mondo un figlio attraverso tale rapporto con un uomo. Nel 649 sei secoli più tardi il Concilio Laterano definì Maria “vergine prima, durante e dopo il parto”. Ecco un dogma che Gesù in vita sua non mai pronunciato, quindi dogma che non appartiene al Gesù della storia, ma al Gesù della fede. In effetti per chi conosce la Bibbia e il suo palinsesto sa che i vangeli dell’infanzia, compresa l’annunciazione a Maria, sono stati aggiunti postumi al Vangelo con elementi molto simbolici, assunti dalla letteratura del tempo. Ad esempio tutti gli eroi venivano descritti come nati da un Dio che si congiunge con una vergine. Vedi Romolo e Remo, fondatori di Roma, concepiti dal dio Marte con la ragazza Rea Silvia. Sono capitoli che possiamo inserire non tanto nella casella del Gesù della Storia, ma in quella del Gesù della Fede.  Si sono citati qui due casi fra gli innumerevoli del Vangelo per indurre a riflettere. Come dire: altro è il quadro originale di un artista, altro sono i ritocchi avvenuti nel tempo dai suoi scolari. Esempio calzante anche nell’argomento in questione. La domanda: ma la fede in Gesù presuppone tutto questo studio storico e tutto questo intellettualismo da cervelloni? Non certo.  Importante è avvicinarsi alla sua figura senza pregiudizi e preconcetti, con fiducia interiore. Non dimenticando però che oggi una fede totalmente a digiuno di alcune informazioni base e dei suoi risultati, può portare alla creduloneria ingenua, fragile e inconsistente.

Autore:
Albino Michelin
11.03.2019