martedì 31 maggio 2022

NEL CATTOLICESIMO CONVIVONO A FATICA DEVOTI, TEISTI E ATEISTI

All’interno del cattolicesimo tutti si chiamano fratelli però esistono delle forti correnti che rendono difficile la fratellanza-in un miliardo e 345 milioni di componenti, devoti, teisti, ateisti. Fra le accuse più ricorrenti rivolte dai devoti alle altre due correnti, con troppa saccenza dette dei moderni o degli aperturisti, è quella di voler distruggere il patrimonio religioso del passato senza offrire alcuna valida alternativa in sostituzione. Buttano giù tutto, santi, madonne, cristi, divinità, clero, papi e che cosa ci mettono al loro posto? Di conseguenza chi resta dentro come un peso morto, chi esce dall’orchestra. Ovvio che a certe dottrine non crede più neanche un bambino, quando ad esempio nella prima comunione si insegna che si va a mangiare il corpo di Cristo ed il pupo risponde che lui non va a mangiare nessuno perché non è un cannibale. Ciò che lamentano i devoti è la scomparsa del corporeo, del materiale, del visibile, del tangibile nella religione. Tutto ridotto a interiorità, a spiritualità, a mito. Dio non sarebbe più il motore del mondo come si credeva da 7000 anni, cioè da sempre, un dj che conduce la storia degli uomini, colui che abita sopra i cieli e sorveglia le sorti dell’universo, non sarebbe trascendente, ma immanente, dentro la storia anzi dentro la coscienza dell’uomo. Dio non sarebbe Trinità, padre, figlio, spirito santo, ma il numero mitico per indicare ogni perfezione. Maria non avrebbe ricevuto l’annunciazione dell’angelo, non, sarebbe immacolata concezione, non sarebbe rimasta vergine, non sarebbe stata assunta in cielo in corpo e anima, ma trasfigurata dalla devozione popolare, non assisa in cielo perché nell’aldilà non esiste spazio per i corpi. Teisti e ateisti, continuano i devoti, non crederebbero alle apparizioni mariane, né alle numerose minacce di catastrofe preventivate da Maria, perché Gesù è misericordioso. Gesù non sarebbe morto in croce per i nostri peccati, ma per darci l’esempio a impegnare la nostra vita per il prossimo. Gesù non sarebbe il figlio di Dio secondo natura, ma uomo e figlio prediletto di Dio, il vertice della perfezione umana. Il papa con la chiesa non e infallibile, assistito dallo spirito santo, ma fallibile allorché non ubbidisce alle ispirazioni di Dio. Le apparizioni degli abitatori celesti non sarebbero ammonimenti dell’aldilà, ma frutto della suggestione o dell’inconscio collettivo. La presenza del diavolo lungo la storia è citata 135 volte con diversi nomi nella bibbia e in Italia si contano oltre 200 esorcisti, ma i teisti ritengono si tratti di un impianto terroristico fra masochismo e sadismo per soggiogare la gente e dominarla con la paura. E lunga sarebbe la lista delle diverse posizioni Rappresentante e fautore dei pietisti devoti in Italia sarebbe Vittorio Messori, ottantunenne, emiliano focoso, proveniente da una famiglia di atei e convertitosi dopo malattia, che ha trasferito la sua vis polemica e apologetica anche nell’attuale professione di fede cattolica. Forbito scrittore di innumerevoli articoli religiosi, ipotesi su Gesù e Maria che non lasciano spazio a nessun dubbio, regista di documentari filmici sulla Madonna, pluripremiato, difensore del binomio papale Wojtyla-Ratzinger, agli antipodi di Bergoglio, ha furoreggiato con il libro “Gamba amputata” in cui esalta Maria per il miracolo di aver restituito una gamba ad un giovane in preghiera. Tutta manna per la schiera dei cattolici devoti. Di buon piglio rivaluta tutte le realtà sottovalutate dai teisti e ateisti cioè dai credenti moderni come l’importanza della materia nella religione, il vedere, il toccare, il baciare, i miracoli, le guarigioni, le processioni. Noi siamo corpo e il corpo ha la sua importanza. Noi andiamo all’anima attraverso il corpo, all’invisibile attraverso il visibile. Anche Gesù ha dato importanza al corpo. Toccava le persone, le prendeva per mano, ungeva la parte malata. Ma un pomeriggio di sole Gesù incontrandosi con la samaritana al pozzo accettò la discussione. La donna sosteneva che il suo tempio di Samaria era più importante di quello dei giudei, cui apparteneva Gesù. E il maestro disse:” donna verrà il tempo in cui ne su questo monte né su quello di Giudea si adorerà Dio, perché lo si adorerà in spirito e verità (Giov.4-23). Ecco l’emergenza per Gesù, priorità alla spiritualità, all’interiorità, all’immanenza anche se non esclusività. Sta di fatto però che le posizioni oggi sono abbastanza definite. I devoti non usciranno mai dal magistero e dalla chiesa con il letteralismo dei dogmi, dei riti, del clero tradizionale. I teisti non torneranno più indietro ad una religione rituale e ripetitiva a costo di polemiche. Mantengono la loro posizioni: “Chiesa dall’inutile fardello, la fede è diversa dal suo linguaggio con risposte adeguate al tempo, necessità di rifondare la chiesa, non un’altra chiesa, ma una chiesa diversa. ”Devoti: si va verso il baratro. Teisti: si va verso cieli nuove e terre nuove. In tanta querelle Importante non si verifichi quanto Wladimiro Putin, il devoto ortodosso, ebbe a dire sulle armi in Ucraina” servono per il trionfo della fede. ” E si tornerebbe alle crociate e alle guerre di religione.

Autore: Albino Michelin 30.04.2022
albin.michel@live.com

lunedì 30 maggio 2022

LA RESPONSABILITÀ DELLA CHIESA CRISTIANA ORTODOSSA NEL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO

Domenica 6 marzo 2022 Cirillo, il 16.o patriarca cristiano ortodosso di Mosca e di tutta la Russia ebbe a dire in una omelia controversa:” L’invasione in Ucraina è giustificata in quanto vuole contrastare l’orda delle lobby gay dell’occidente”. A parte il fatto che è maniaco vedere dovunque gay, indubbiamente questa è un’uscita offensiva e omicida. Simile a quella di Putin che le armi sono per il trionfo della fede. Per farsi un’idea di questa crisi che coinvolge tragicamente anche il cristianesimo ortodosso bisogna come sempre rifarsi un po’ alla storia, alla geografia, e anche alla religione. La Russia conta 17 milioni di Km2.e 146 milioni di abitanti. L’Ucraina 603 mila km2.e 41 milioni abitanti. Un clima di potere’ lo si è respirato domenica 8 maggio in occasione del giorno della memoria e dei 77 anni della resa della Germania nella seconda guerra mondiale dove morirono all’incirca 20 milioni di russi soltanto. Non vogliamo risalire alla preistoria quando in Ucraina comparivano i primi neanderthal o in Russia i varenghi con relative annessioni e frammentazioni, veniamo un po’ più avanti e abbiamo i normanni che calarono dal nord e i veneziani che attraversavano per i loro mercati in Cina. Una esperienza importante è la convivenza con i cattolici pacifica fino al 350 d. C. e poi diversamente tumultuosa, fino al periodo delle distruzioni delle immagini al tempo di Leone Isaurico e alla rottura definitiva con la chiesa cattolica ad opera di Michele Cerulario (1054), frattura fa oriente e occidente per motivi di prestigio. Da qui è iniziata la religione cristiano-ortodossa (=retta dottrina), con una certa autonomia, stesso Dio, stesso Cristo, Grande Madonna, separata e indipendente dal papa e nella propria gestione strutturale e dalle altre chiese la ortodossa greca, la ortodossa russa, la ortodossa cosovara, la costantinopolitana, prima fa pari, le murate, e le ufficiali del vicinato. Una religione che non ha avuto spirito di corpo e di gruppo, storicamente priva di un ordinamento e diritto romano. Così per tutta la permanenza degli zar (=lat. cesari), specie di monarchi fra mongoli e cosacchi fino alla rivoluzione russa del 1918. L’Ucraina e la Russia fecero vita comune fino al 1991 quando decisero per la loro indipendenza, sempre basata su sospetti e diffidenze. In Ucraina emerse una doppia tendenza: il legame con la Russia e il tentativo di legarsi all’occidente. La Russia sospettò che vi entrasse lo zampino usa-europeo per aggregarsela alla sua orbita. La Russia nel 2014 occupò la Crimea regione confinante e aumentò il controllo su di essa. Un complesso di cose per cui il 24.2.22 la Federazione russa passò all’invasione dell’Ucraina con una escalation dai costi umani ingenti. Il patriarca di Mosca da sempre arruolato alla politica e all’economia di Putin aveva rotto anche con Bergoglio cui aveva consigliato di misurare e parole. Aggiungeva che la via alla fede dell’occidente era perdente, troppo mondanizzata, tiepida, paganeggiante, persa nei diritti umani. Esibiva una smaccata inclinazione al lusso, hobby dello ski, dei cani da razza, uno chalet in Svizzera, ammontare di conti in banca, orologi di lusso, quindi gestione un po’ garibaldina della chiesa ortodossa. Al secolo Vladimiro Michaejlov, l’amicizia con Vladimiro Putin è a prova di fuoco, sorta dal 1965 quando questi entrò in seminario per la laurea in teologia, furono anche collaboratori in un ufficio statale, di recente si esternarono in un abbraccio per niente terapeutico. Commistione penosa fra religione e politica, anche se all’avvento di Stalin non mancò qualche persecuzione da parte del Soviet. Fondamentalmente però Cirillo fu sempre il chierichetto di Putin la Resistenza di Leone Magno nei confronti di Attila flagello di Dio (453) e altre resistenze se la sognano gli ortodossi. Comunque il conflitto in Ucraina fece il suo corso. Per quanto da più parti si paventi una terza guerra mondiale tecnicamente non pare realizzabile. Ugualmente l’Ucraina sta diventando una immensa maceria. Si parla di 1.300 morti sotto le macerie, probabilmente 816 il numero dei civili morti a tutt’oggi, di cui 58 bambini 7 milioni di sfollati verso l’estero, oltre 100 mila in Italia, 40 mila in Svizzera di cui 2 milioni all’interno della stessa nazione. Senza contare tutte le distruzioni concomitanti e gli strascichi per il futuro. Si ripete la Siria, 11 anni di guerra, una catastrofe dimenticata. Eccezione di qualche condanna delle chiese sorelle e dei teologi, presidente, patriarca e popolo ortodosso tutti compatti nel proclamare il trionfo della fede e della patria. Ma l’Europa un minimo di umanità lo conserva ancora e condanna la benedizione di Cirillo a Putin, alla guerra, alla destabilizzazione dell’Ucraina e della Crimea. Ci interessa qui un confronto interno col Cristianesimo fra cattolici e protestanti. Ortodossi beati fra ori smaglianti, icone, segni devoti e nuvole d’incenso. Arretrati di qualche secolo, mentre cattolici e protestanti negli ultimi decenni hanno fatto molta più strada nella reciproca comprensione. Certo altra storia, altra civiltà, altri usi e costumi. Abbiamo spesso motivo nella nostra chiesa da lamentarci sul papato, la teologia, le riforme, i preti sposati, tutto quel che si vuole. Ma almeno un’autocritica se la sanno fare, un Concilio ecumenico per ripensarsi negli anni 60 l’anno organizzato ed ora non hanno che da rievocarlo come spinta ad ulteriori anche se lente riforme. Un papa non più re anche se viene bersagliato per la sua apertura ai poveri, agli ultimi, agli stranieri, agli atei, in una parola all’umanità, fratelli tutti. Hanno lo stesso fondatore, lo stesso Cristo, uno scandalo strumentalizzare la religione ai propri interessi. Un invito come scriveva nel suo libro H. Küng a stipulare un’etica mondiale in cui venga bandita ogni guerra e ogni traffico d’armi.

Autore: Albino Michelin 18.04.2022
albin.michel@live.com

domenica 29 maggio 2022

DIO CAMMINA CON LE GAMBE DEGLI UOMINI

 Diverse persone hanno una certa dimestichezza con la Bibbia, e la sua prima parte dell’Antico Testamento, ma si sentono offese nella loro sensibilità di fronte a diversi libri, citazioni, brani, episodi di questo testo e si domandano come un Dio provvidenza possa comandare lo sterminio di donne e bambini, dichiarazioni di guerra contro gli avversari, sempre in assetto di conquista. Un dio fatto apposta per vendicarsi dei nemici. La realtà della guerra e il linguaggio bellicoso occupa nella bibbia uno spazio straordinariamente rilevante. Le narrazioni di guerra attraversano in lungo e in largo il libro sacro ebraico, ma non sono estranee neanche nel testamento cristiano, cioè nel vangelo. Chi si accosta alla bibbia, come succede spesso nelle chiese cattoliche pensando di avvicinarsi ad un libro edificante e spirituale, forse dovrebbe un po’ smontare il suo mondo e indirizzarsi verso la consapevolezza che si tratta di un territorio storico, mitico, letterario, estremamente vasto e diverso nei tempi e nei linguaggi. La guerra riempie continuamente i racconti della bibbia in modalità molto diverse. La lettura a spezzatino come spesso si fa nelle liturgie domenicali non aiuta a fare i conti con la bibbia nella sua complessità. Va preso atto che il linguaggio guerriero nelle sue varie dimensioni (guerra di conquista, geenna, sterminio delle nazioni, ira di Yahweh, vendetta dell’onnipotente) abbia costituito uno scoglio, addirittura uno scandalo per molti credenti non praticanti a livello di argomenti storici e critici in una testimonianza detta sacra troppo carica di contrasti e contraddizioni. Gira e rigira nella bibbia ebraica si trova di tutto come insegnavano i sapienti d’Israele. Certo con le debite distinzioni, perché una cosa è leggere i libri di Giosuè, de I Re, delle Cronache, e altra cosa è leggere i profeti, Giobbe, e molti brani dei salmi. Bisogna aprire l’orizzonte mentalmente perché la bibbia è la testimonianza di uomini e di donne che guardano in faccia a tutta la vita, anche alla realtà della guerra e alle nostre perversioni. Molti si ostinano a pensare che la bibbia antico testamento sia il libro del Dio violento, mentre il Dio di Gesù sarebbe la presentazione del dio buono. Non si tratta di smentire, in gran parte è vero, se nel vecchio testamento troviamo picchi di violenza:” beato chi afferra i tuoi piccoli e li sfracella contro la roccia” (Salmo 137), ma nel nuovo troviamo lo sterminio delle nazioni pagane (Apocalisse), pure la geenna e l’inappellabile giudizio di Matteo (25) e tanti altri passi ugualmente violenti sui quali non abbiamo possibilità di interpellare l’autore, il giudice divino. Per quanto riguarda la guerra e la pace, non è una originalità dell’antico testamento dal momento che si tratta di una ideologia diffusa in quest’area geografica. Fatto decisivo è sempre stato l’intervento della divinità a scatenare la guerra e a decidere la vittoria. Si parla delle guerre di Yahweh allo stesso modo che in Mesopotamia, dove le guerre venivano definite come guerre di Jshtar oppure di Assur. Si tratta di una comune ideologia, diffusa anche in altre regioni dell’antico Medio Oriente che hanno il medesimo linguaggio dello sterminino e del dio guerriero. D’altronde non dimentichiamo che anche nella storia dell’ultimo millennio si sono messi sugli altari condottieri la cui esistenza si è tutta svolta ad eliminare familiari e tribù per la propria espansione. San Vladimiro patrono dell’Ucraina, con tutto il rispetto per le conversioni apportate al cristianesimo, è in questa lista. La bibbia ebraica non presenta al riguardo un pizzico di novità. Risulta però nella ricerca storica che l’amore per i nemici non è una peculiarità cristiana, ma trova molti paralleli in diverse culture antiche. In pratica possiamo leggere la bibbia non come parola di Dio, ma come testimonianza. Non come Dio onnipotenza, ma come Dio come onnipresenza che cammina accanto all’uomo. Certo sarebbe anche auspicabile nelle liturgie cattoliche essere un po’ più vicini al presente e tentare di sostituire la prima delle tre letture che spesso richiederebbe anche una censura con una lettura di qualche autore contemporaneo messaggero di sapienza e di interiorità. Non si pensi a testi di avventure, ma input di riflessione, meditazione, densità interiore, per citare un esempio brani come dal “Piccolo Principe” di Exupery (1943) ed innumerevoli altri. Forse bisogna convincersi che il ripetere in forma ciclica gli stessi brani dell’antico testamento produce una certa usura per il dejà vu, dejà entendu. Potrebbe far difetto l’attenzione, il coinvolgimento. Forse brani sulle problematiche di oggi, ecologia, cultura, lavoro, pace, acqua, razzismo potrebbero penetrare di più nel cuore dei contemporanei, i quali non hanno bisogno solo della esperienza di evi antichi. Non si profanerebbe nulla, non si abbasserebbe il divino verso il profano, ma si innalzerebbe il profano verso il divino. Anche la novità del linguaggio aiuterebbe l’evoluzione del costume, secondo il detto bergogliano della comunità in cammino. Non si vuole essere utopici e considerare il fondatore del cristianesimo un illusionista. Infatti egli disse in Giovanni (14) che ora gli uomini certe cose non le capiscono ma egli garantirà nel tempo la presenza del suo spirito che insegnerà quanto nel passato non si riusciva a capire ed eseguire. (Giov.14) Quelli che minacciano anzitempo sfracelli e fine del mondo vanno smentiti perché come ribadisce anche il teologo dell’evoluzionismo Teilhard de Chardin (+1932), lentamente ma sicuramente Dio cammina con le gambe degli uomini.

Autore: Albino Michelin 14.04.2022
albin.michel@live.com

mercoledì 25 maggio 2022

CHIESA CATTOLICA: SI VA VERSO LA CONFESSIONE ONLINE?

Fra le diverse polemiche che dividono la nostra società è molto aggressiva quella sui mezzi di comunicazione, sull’informatica, sul digitale e applicazioni come Face book, Twitter dove circolano le informazioni più esaltanti come quelle più esecrabili. E’ di poco tempo fa la domanda di una persona che mi chiede: dal momento che il mondo online va diffondendosi sempre di più anche nelle celebrazioni religiose non sarebbe il caso di introdurlo pure nella confessione? La domanda è suggestiva però per un minimo di obbiettività richiede un riesame dell’argomento e una sia pur limitata inchiesta fra il drappello sempre più ristretto dei cattolici, sempre meno interessati a questo rito. Vero è che vi sono già degli assaggi come la trasmissione di messe, conferenze, dibattiti, qualche confessione comunitaria e per altre novità che non lasciano in pace il clero della tradizione.
Premettiamo un riesame dell’argomento. Quanto esposto non è nuovo, ma per più o meno santi interessi messo sotto il tappetto e occultato 1) chi ha stabilito per i sacramenti il nr.7, di cui il quarto la penitenza o confessione o remissione dei peccati? Non Gesù, ma il Concilio di Trento 1560. Per Gesù esiste solo un sacramento: la vita. Per rispetto alla vita vi sono delle scelte importanti, fisiche, morali, etiche. Che siano 7 o altro numero, ciò entra nella contabilità degli uomini. 2) Chi decide di perdonare i propri peccati? La persona stessa che prende l’iniziativa di andare verso il Padre. Ovviamente a patto di essersi formata una coscienza morale a secondo le esigenze del tempo. In Matteo 16,3 Gesù dice: “Sapete leggere i segni del cielo, rosso di sera bel tempo si spera, e non sapete leggere i segni del tempo “(degli anni 2020)? Noi abbiamo ancora delle persone che ripetono formulette sacre della scuola materna ma non sanno dare un giudizio morale sulla vita di oggi. 3) Chi ha la facoltà di rimettere i peccati? Risposta tripartita a) La comunità sacerdotale b) la comunità dei credenti riunita in preghiera c) ogni fedele Ripercorriamo questi tre aspetti. A) qui ci riferiamo al tanto abusato passo di Giovanni (20,19-31) “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi”. Forzatura riferirlo solo ai preti. Da qui nacque Il mito del prete = confessore. Nel cenacolo destinatari vi erano anche i discepoli, non solo gli apostoli, e le donne. Vi è stata una gerarchizzazione, una clericalizzazione, una mascolinizzazione di questo passo a scapito della delega data da Gesù a tutti i credenti. Talvolta noi siamo troppo insistenti su questo aspetto dimenticando la globalità, riferentesi a tutti gli altri passi, estrapoliamo solo questo, ignoriamo tutto il resto. Di qui la risposta di alcuni: bisogna vedere se la gerarchia permette. Rispondiamo: lo permette Gesù… Però qui ci imbattiamo ancora nel lato debole dei cattolici: l’ignoranza. Si sollevano se andate loro a dire: il cristianesimo è anche una storia da riscoprire oggi. Essi si accontentano dei loro libriccini devozionali, fine del mondo, esperienze post mortem, basta controllare le biblioteche in fondo alle chiese. B) Si sa che fino al 1200 confessavano e assolvevano anche i laici basandosi sulla frase di Gesù: “dove due o più persone sono riunite nel mio nome là ci sono io” (Mt 19,20). Diversamente che senso avrebbe parlare di comunità sinodale, in cammino, oltre frontiera, in uscita ecc. Alcuni nell’inchiesta rispondono che loro non si confessano dal prete, ma durante la messa seguendo le preghiere penitenziali dei numerosi mea culpa. E altri che utilizzano la confessione comunitaria o esame di coscienza come spesso veniva accordato durante la pandemia. C) “Confessatevi a vicenda i vostri peccati” (Giac.5,16). Quando abbiamo un problema con una persona per prima cosa ne parliamo a tu per tu con lei. Semplice il discorso: se un coniuge fa i corni (mi si scusi) all’altro che senso ha confessarsi dal prete? la Bibbia lo induce a chiedere scusa o cercare un approccio con la persona offesa. E così dicasi per tutti i casi di malversazione al prossimo. Dall’inchiesta si evincono anche risposte estreme. Tipo: la confessione non serve a nulla, o all’opposto: di questo passo si perde tutto. La prima indica una ipernutrizione del sacro, troppa confessione e pratica religiosa nella giovane età porta al rigetto, la seconda iponutrizione finisce con l’abbandono. 5) Modalità online. Qui le risposte si diversificano. Chi non considera indicato perché manca la presenza fisica del prete. Domanda: e se ci fosse la presenza fisica ma mancasse il mio pentimento? Siamo ancora a livello superficiale. Altri lo vedono come rapporto privo di sentimento, troppo sterile, robotizzato, opportunità da esaminare anche per la privacy a tutt’oggi violata. Questo è un aspetto da valutare. Altri sostengono che per i giovani e le nuove generazioni potrebbe essere l’unico modo per mantenere un dialogo religioso e perciò sono favorevoli- Anche se oggi confessa di più il fruttivendolo che non il prete in definitiva non andrebbe archiviato il metodo tradizionale con un sacerdote di propria scelta, possibilmente esperto e rispettoso di relazioni umane. Perché francamente sarebbero indesiderati preti confessori che, come successo, all’ apparire del penitente lo anticipano con: “immagino che lei è andato con le donnacce”. Al di là dell’online rimane discutibile la mentalità moderna che la confessione è debolezza, l’animo forte conserva i propri segreti e accetta in silenzio la propria punizione.

Autore: Albino Michelin 08.04.2022
albin.michel@live.com

lunedì 23 maggio 2022

ALTRO È VISITARE GLI INFERMI, ALTRO ESSERE INFERMI

 Tutti sappiamo che cosa diversa è leggere una cronaca e vedere un film di guerra o invece essere impegnati in azioni di guerra e trovarsi in prima linea al fronte. Lo stesso è successo al sottoscritto che, modestia a parte si permette di fare la cronaca della sua esperienza traumatica per nulla poetica e romantica, se romanticismo in esperienze del genere potesse esistere. La mia professione di prete mi ha portato a visitare centinaia di ammalati, ma mai a provare sulla mia pelle il rischio di questa vita. Il 7 febbraio 2022 caddi a terra vittima di un dolore atroce al ginocchio e alla coscia sinistra. Rimasi otto ore sul pavimento senza la capacità di spostarmi verso un luogo riparato. Due persone poterono aiutare a rialzarmi. Dato che non riuscivo a poggiare il piede al suolo optai subito per un ricovero al pronto soccorso. Si trattava di una infezione al ginocchio e alla coscia sinistra da parte del batterio stafynokokkus aureo, molto aggressivo, non contagioso come il covid, ma dolorosissimo e spesso letale. In breve tempo mi fecero girare 4 ospedali del Canton Zurigo perché nessuna equipe medica si azzardava a fare la diagnosi certa e arrischiare un’operazione che voleva dire restare sotto i ferri. Iniziarono giorni e notti di, inappetenza, pressione e confusione mentale, calo del peso corporeo in due settimane -15 k. Ero confrontato con la morte.
Inoltre mi era stato fatto capire che la possibilità di sopravvivenza erano esigue anche perché non si capiva come e da dove fosse sbucato questo batterio. Per me era un faccia in faccia ineludibile con la morte. La prima notte ebbi a conversare con una francescana laica la quale mi citava le ultime frasi dei Promessi Sposi “Che Dio non permette mai nessuna disgrazia, se non per trarne un bene maggiore”. Il giorno seguente un infermiere mi assicurava che nella nuova vita avrei trovato un amico che non mi avrebbe mai abbandonato: Gesù. Più convincente questa asserzione perché espressa da persona sincera e credibile. Ma qualche giorno dopo la mazzata allorché prima dell’anestesia pregai la dottoressa di farmi un segno di croce sulla fronte mentre io avrei pronunciato la supplica al Signore di accompagnarmi, mi apostrofò chiedendomi se io credevo di più alla scienza o alla fede - Persone del genere irriverenti in un ospedale? Più che sfinito ero finito. Qualche tempo dopo mi arrivò anche il delirio. Mi informò un dottore: in sogno mi trovavo al cimitero di Moriago (Treviso) paese emigrato da S. Gallo negli anni 60 e gridavo:” seppellitemi presto” seguito da un collasso fisico, quindi un altro grido:” Signore sono delle tue mani”. La liberazione e il mistero dell’inconscio. Ma quanto complessa deve essere la nostra umanità? E qualche giorno dopo mi arriva tutto un altro risvolto. La parrucchiera che mi dice di essere cattolica, non praticante, divorziata, due bambini, superato due tumori, non ha paura della morte, anzi le è amica, come tirare una tenda e si apre un altro orizzonte. Insomma un bersaglio di fuochi concentrici ed opposti. Non abbiamo tutti la stessa sensibilità, la fede non ci rende asettici, non dobbiamo vergognarci della nostra umanità, lo diceva anche Caterina Spaak in seguito alle sue tre emorragie cerebrali …… La fede nell’aldilà è frutto di una elaborazione continua, la fede non ci rende uguali. Per questo molti, anche uomini di fede, desiderano la morte improvvisa, ictus, infarto, ricorda il cardinal Martini e io stesso nel mio piccolo l’ho desiderata. Comunque lo stafylokokkus è stato debellato, la riabilitazione con drenaggio alla coscia seguì senza problemi e il sottoscritto fu consegnato all’umano consorzio. Però da questa esperienza alcune riflessioni. Non credo che Gesù Cristo abbia sofferto più di tutti gli uomini, non ostante la celebrazione di tanta arte pittorica, letteraria, filmica e tante lacrime di identificazione da parte dei fedeli e candele di peccatori La sua sofferenza fisica è durata dalle 20 circa del giovedì prepasquale al venerdì ore 15, sulle 18 ore. Per il resto anche la sua è stata una vita tribolata più o meno come la nostra. Non vogliamo e sarebbe dissacrante metterlo a confronto con i dolori lancinanti e prolungati che hanno colpito tanti schiavi, tanti esseri umani, tanti condannati alla tortura e anche oggi tanti ucraini e profughi del mare. Che Gesù l’abbia fatto con amore è altro discorso, ma non che abbia sofferto più degli altri. Giusto nella via crucis chiamarlo l’uomo dei dolori a patto di accompagnarlo con tutti gli altri fratelli nel dolore. Come può un uomo uccidere un suo fratello? Cantano i Nomadi in Auschwitz. Ed ancora: augurare una esperienza di premorte come quella del sottoscritto a milioni di persone, senza farsi eroi? Direi di no, è sadismo. Però il contatto con la sofferenza non sarebbe inutile. Si capisce che la vita non è una gimkana, la morte perde il suo tetro tabu, un po’ di dimestichezza non farebbe male. Anche la morte ha bisogno della sua ginnastica. Altro aspetto: visitare gli infermi ed essere infermi. Sono esperienze totalmente diverse. Fondamentale per un cristiano e per qualsiasi uomo “andare a trovare” un infermo ma non sono esperienze identiche. Andare a trovare è un po’ sentirsi superiore, gratificato, essere visitato è come sentirsi consegnato. Trovare è esperienza attiva, l`essere visitato esperienza passiva. Però entrambe sono due attività umane basate sulla compassione, che significa patire insieme Ora mi porto dentro tre pensieri: tutto è grazia (P. Claudel), chi non ha sofferto non ha vissuto pienamente (Manzoni), la salute non è tutto, ma per chi non ce l’ha tutto è niente (Schopenhauer).                      

Autore: Albino Michelin 30.03.2022
albin.michel@live.com

martedì 15 febbraio 2022

DA 40 ANNI LA 'NDRANGHETA È DI CASA ANCHE IN SVIZZERA

Quello della ’ndrangheta in Svizzera è stato troppo spesso considerato un tabù, eppure ci si convive da 40 anni. Invece di portarlo al dibattito pubblico si è preferito considerarlo caso sporadico e quindi prudenza per non compromettere l’immagine. Sotto silenzio però non si può lasciare un articolo apparso il 9 gennaio 2022 sul quotidiano Blick con l’intervista di Rosa Cappa, avvocato di origine abruzzese, da anni residente a Lugano e interessata al fenomeno della criminalità mafiosa. Ad esso vanno anche aggiunti altri interventi di stampa e in particolare i reportage di Falò della TV svizzera, come quello e non solo del 26.11.20. Premessa d’obbligo affrontando questo discorso è l’evitare la paranoia di stigmatizzare l’intera comunità calabrese e italiana in Svizzera, in massima parte onesta e professionalmente responsabile. Resta però necessaria l’informazione per rilevare la struttura, i pericoli, la logica, la finalità della più criminale cosca mafiosa italiana, allignata in tutti i continenti soprattutto in Svizzera E Germania. Secondo la Fedpol, polizia elvetica, sarebbero almeno 20 le cellule andrine localizzate in diversi cantoni svizzeri, cui farebbero capo circa 400 persone e di sostegno innumerevoli affigliati, residenti in Svizzera con normale permesso di lavoro. Fra le tante razzie compiute già dal 2014 a Frauenfeld in Turgovia, in cui una camera di sorveglianza nella sede della bocciofila di Wängi controllava una quindicina di attivisti intenti ad analizzare e aumentare i loschi affari, emblematica fu quella del 21.7.20 a Muri, Canton Argovia. Nell’operazione detta di “Imponimento,” condotta in forma congiunta da 700 forze dell’ordine italo-svizzere sono stati catturati 158 sospetti, 75 accusati di gravi crimini, sequestrate armi, stupefacenti, droga, cocaina per un valore di 169 milioni di frs. A questo punto sorgono ovviamente i gravi interrogativi. Già nel 1990 il nostro giudice Falcone dichiarava che in Svizzera prima arrivano i soldi e poi ci arrivano i mafiosi. La stessa affermazione nel su citato Falò la ripeteva il procuratore federale antimafia D. Marty, il quale però aggiungeva che dove ci sono molti soldi non controllati la malavita prospera, la giustizia si fa più debole e allenta la morsa. Indubbio che la ‘ndrangheta è una scuola, una religione, un seminario con i suoi dogmi e rituali di appartenenza. In generi i membri crescono da bambini figli di famiglia, vengono indottrinati secondo propria morale e omertà, allenati a compiere azioni di microcriminalità, legati a giuramento, dopo di che vengono ufficialmente arruolati. Altra modalità è quella di aggregare persone di fiducia sul posto, italiani ed in parte svizzeri. Anche se i soldi sono depositati nelle grandi città, i loro trafficanti preferiscono abitare in piccoli centri dove i rapporti umani sono più facili. Secondo l’intervista di Rosa Cappa, anche con lo strano titolo a tutta pagina:” Attraverso la chiesa la mafia garantisce le sue interconnessioni”, si comprova che pure negli assembramenti religiosi, in occasione della messa, fuori di ogni sospetto, le andrine concludono i loro affari. I missionari italiani del luogo interpellati altro non potevano rispondere che si tratta di persone per bene, praticanti, fedeli alla chiesa. Nulla da eccepire, anche se una signora del giro risultava segretaria della parrocchia cattolica. Non si fanno notare per gesti eclatanti, come omicidi o regolamenti di conti. Se talvolta si ebbe il caso, furono fatti passare come suicidi. Sospetto sulla loro attività può nascere allorché un privato di basso o medio stato sociale improvvisamente acquista terreni, proprietà, immobili o altro. Le cellule talvolta vengono identificate allorché si notano movimenti di auto a grossa cilindrata, come a Lugano dove in una concessionaria si operavano traffici di Lamborghini, o a Muri dove nel parcheggio della pizzeria Bellavista stazionavano Ferrari e auto di lusso. Lo steso capobastone Bruno Anello teneva riservato il suo garage ed una camera al piano superiore per comparire e sparire a ritmo intermittente. Si infiltrano dovunque per investire nella ristorazione, nell’alimentazione, nell’edilizia, riciclaggio di denaro. Trafficano con l’Italia ogni sorta di armi e stupefacenti, riescono ad affiliare svizzeri come nel caso dell’usciere al comune di Lugano. Ed è una continua spola fra la Svizzera e Reggio Calabria, dove ricevono e si scambiano messaggi e codici segreti. E’ una rete perfetta, ramificata e radicata. E qui l’ultima domanda di fondo: ma che cosa fa la Svizzera per contrastare questo fenomeno malavitoso? Poco, poche risorse a disposizione, poche unità di polizia addestrata, norme cantonali poco collaborative e soprattutto la mancanza di una legge federale ad hoc. La Polizia può intervenire solo nel caso di un reato effettivo e costatato, ma nulla può nei confronti di appartenenti di cui si dice ma contro cui non si prova con esattezza. Il fatto dei processati a Catanzaro, che una volta rilasciati ritornano in Svizzera e passeggiano da onorati cittadini lo dimostra. Solo con la collaborazione dell’Interpol i criminali possono venire rimpatriati verso la Calabria. A quando una legge adeguata a protezione dell’onestà e degli onesti? Qui si tratta di suonare la carica. C’è da augurarsi una maggior presa di coscienza civica da parte svizzera e italiana. Un bel compito anche dei nuovi Comites, recentemente eletti, per una adeguata bonifica dalla ‘ndrangheta e dalla malavita organizzata in Svizzera.

 Autore: Albino Michelin 12.01.2022

albin.michel@live.com

lunedì 14 febbraio 2022

LA LEGGE SUL FINE VITA IN UN PARLAMENTO VUOTO: UNA VERGOGNA PER L'ITALIA

Qui non interessa tanto schierarsi a favore o meno per la legge in questione quanto indignarsi per la seduta parlamentare a Montecitorio del 10 dicembre 2021 in cui fra 630 onorevoli italiani erano presenti 25, assenti 605. Una legge rimasta per 7 anni a giacere nelle commissioni ed ora ulteriormente rinviata al prossimo febbraio o alle calende greche. Pessima prova del parlamento in tema di diritti civili. Se succedesse in una ditta tale menefreghismo gli operai verrebbero subito messi alla porta. Che questo avvenga fra i politici nessuno reclama, tanto tutti si accetta il proverbio” governo ladro”. I cittadini onesti avrebbero il sacrosanto diritto si pubblicasse la lista dei furbetti allo scopo di depennarli dalla prossima legislatura. Non ostante questo grave vulnus inferto alla società italiana si sente pressante una decisione sull‘eutanasia, per cui vale la pena ancora evidenziare e attualizzare questa problematica. Negli ultimi vent’anni abbiamo avuto quattro episodi a marcare la nostra storia sull’ argomento. IL 20.12 2006 per il caso Piergiorgio Welbi, immobile da 45 anni in un letto causa distrofia muscolare, subita a 16 anni. Il medico sotto insistenza della moglie Mina non riuscendo più a sopportare egli soffrisse giorni interminabili di dolore e nell’ impossibilità di vivere la sua vita con un po’ di umanità, gli staccò il respiratore. Un Natale triste per tutta l’Italia allorché il Cardinale Ruini vietò qualsiasi cerimonia funebre in chiesa. La moglie si batterà per 15 anni tramite l’associazione Coscione, fondata nel 2002 per la libertà della ricerca scientifica pro diritti dei disabili affinché venga concesso a ciascuno di morire con dignità. Il secondo caso fu quello di Eluana Englaro. In seguito ad un incidente stradale visse 17 anni in stato vegetativo fino alla morte avvenuta il 9.2.2009 per interruzione della nutrizione artificiale. Una lunga vicenda giudiziaria e un interminabile conflitto politico. Un terzo caso quello di Ornella Cozzanella, anziana signora molto vivace che passava i pomeriggi giocando a carte con le amiche, ma viveva nella tristezza e nel desiderio di andare ad incontrare la sorella e la mamma defunte. Così si fece trasportare in taxi in Svizzera nella clinica “Dignità” di Zurigo per una scelta volontaria di fine vita. Il 28.1.14 l’avvocato accompagnatore le riportò in patria le ceneri. Uno degli ultimi casi eclatanti quello di Fabiano Antonani, detto DJ Fabo, rimasto tetraplegico e cieco pure in conseguenza di un incidente. Dopo 3 anni nel 2017 chiede l’eutanasia al presidente della Repubblica, il 27.2 dello stesso anno pone fine ai suoi giorni, facendosi ugualmente accompagnare in Svizzera dall’esponente dell’Associazione Coscione, Mario Cappato che si buscò anche un processo, assolto nel 2019. A questo punto vale la pena fare chiarezza sull’uso dei termini Eutanasia e suicidio assistito. La prima significa atto di procurare intenzionalmente la morte di una persona che ne fa esplicita richiesta. Mentre il secondo significa aiutare una persona a suicidarsi attraverso farmaco letale, assecondando la richiesta volontaria alla presenza di una equipe medica. Come sopra chiarito, non esiste in Italia una legge al riguardo, tuttavia se approvata essa legittimerebbe l’eutanasia: 1) in caso di patologia irreversibile, con prognosi infausta, 2) ai maggiorenni con capacità di intendere e volere e rifiuto di cure palliative, 3) Prevista l’obbiezione di coscienza con l’obbligo comunque di garantire il servizio. Nel frattempo in mancanza di una legge si arrischia di giocare sul nominalismo, di avere tanti suicidi mascherati e clandestini, sedazioni o suicidi simulati. Luca Coscione sostiene che vi sarebbero stati nell’anno precedente 100 mila terminali suicidi, 50 mila che sospendono ogni cura, tre al mese che emigrano in Svizzera per eutanasia reale. Ovviamente questa descrizione però comporta una quantità di problemi sia dal punto di vista religioso, etico, umano. Dal punto di vista del sentimento comune negare all’individuo la responsabilità personale di ultima decisione viene considerato quasi reato di tortura. Pure nel mondo dei credenti le opinioni sono diverse. Il Cardinale Martini confessava di non aver paura della morte ma delle sue modalità di sofferenza prolungata. Il teologo Küng nel suo libro” Dignità della morte” difende la libertà della decisione personale in merito. Lo scrittore contemporaneo Vito Mancuso sostiene non essere sacra la vita, ma la qualità della vita. Sono note anche le posizioni ufficiali della chiesa attuale: inaccettabile l’intervento diretto per la fine vita, non obbligo però di accanimento terapeutico. Certo un piccolo passo dall’affermazione di Gregorio XVI che nel 1832 definiva grave propinare il vaccino contro l’influenza, come dire obbligo di soffrire sino all’ultimo respiro, retaggio di cultura medioevale del dolorismo. Infine la posizione della bibbia, dove secondo il teologo K. Barth il suicidio non viene espressamente vietato. Rammenta le istigazioni messe in bocca a Dio di uccidere i nemici, la condanna a morte, il rogo e la guerra giusta difesa pure dalla chiesa, per cui il discorso resta sospeso. Abbiamo anche il suicidio di Giuda in doppia versione non polemica. In Matteo Giuda si impicca, (27,5-8) e negli Atti degli Apostoli con i trenta denari compera un campo e muore cadendo in avanti (1,18). Il problema resta complesso. Forse una soluzione rispettosa sarebbe che in una situazione così unica, irrepetibile, personalissima, né Stato né Chiesa, né legge religiosa né civile dovrebbero entrare in merito, ma in silenzio inchinarsi di fronte all’ultimo mistero dell’uomo: la morte.

 Autore: Albino Michelin 11.12.2021

albin.michel@live.com