mercoledì 25 maggio 2022

CHIESA CATTOLICA: SI VA VERSO LA CONFESSIONE ONLINE?

Fra le diverse polemiche che dividono la nostra società è molto aggressiva quella sui mezzi di comunicazione, sull’informatica, sul digitale e applicazioni come Face book, Twitter dove circolano le informazioni più esaltanti come quelle più esecrabili. E’ di poco tempo fa la domanda di una persona che mi chiede: dal momento che il mondo online va diffondendosi sempre di più anche nelle celebrazioni religiose non sarebbe il caso di introdurlo pure nella confessione? La domanda è suggestiva però per un minimo di obbiettività richiede un riesame dell’argomento e una sia pur limitata inchiesta fra il drappello sempre più ristretto dei cattolici, sempre meno interessati a questo rito. Vero è che vi sono già degli assaggi come la trasmissione di messe, conferenze, dibattiti, qualche confessione comunitaria e per altre novità che non lasciano in pace il clero della tradizione.
Premettiamo un riesame dell’argomento. Quanto esposto non è nuovo, ma per più o meno santi interessi messo sotto il tappetto e occultato 1) chi ha stabilito per i sacramenti il nr.7, di cui il quarto la penitenza o confessione o remissione dei peccati? Non Gesù, ma il Concilio di Trento 1560. Per Gesù esiste solo un sacramento: la vita. Per rispetto alla vita vi sono delle scelte importanti, fisiche, morali, etiche. Che siano 7 o altro numero, ciò entra nella contabilità degli uomini. 2) Chi decide di perdonare i propri peccati? La persona stessa che prende l’iniziativa di andare verso il Padre. Ovviamente a patto di essersi formata una coscienza morale a secondo le esigenze del tempo. In Matteo 16,3 Gesù dice: “Sapete leggere i segni del cielo, rosso di sera bel tempo si spera, e non sapete leggere i segni del tempo “(degli anni 2020)? Noi abbiamo ancora delle persone che ripetono formulette sacre della scuola materna ma non sanno dare un giudizio morale sulla vita di oggi. 3) Chi ha la facoltà di rimettere i peccati? Risposta tripartita a) La comunità sacerdotale b) la comunità dei credenti riunita in preghiera c) ogni fedele Ripercorriamo questi tre aspetti. A) qui ci riferiamo al tanto abusato passo di Giovanni (20,19-31) “A chi rimetterete i peccati saranno rimessi”. Forzatura riferirlo solo ai preti. Da qui nacque Il mito del prete = confessore. Nel cenacolo destinatari vi erano anche i discepoli, non solo gli apostoli, e le donne. Vi è stata una gerarchizzazione, una clericalizzazione, una mascolinizzazione di questo passo a scapito della delega data da Gesù a tutti i credenti. Talvolta noi siamo troppo insistenti su questo aspetto dimenticando la globalità, riferentesi a tutti gli altri passi, estrapoliamo solo questo, ignoriamo tutto il resto. Di qui la risposta di alcuni: bisogna vedere se la gerarchia permette. Rispondiamo: lo permette Gesù… Però qui ci imbattiamo ancora nel lato debole dei cattolici: l’ignoranza. Si sollevano se andate loro a dire: il cristianesimo è anche una storia da riscoprire oggi. Essi si accontentano dei loro libriccini devozionali, fine del mondo, esperienze post mortem, basta controllare le biblioteche in fondo alle chiese. B) Si sa che fino al 1200 confessavano e assolvevano anche i laici basandosi sulla frase di Gesù: “dove due o più persone sono riunite nel mio nome là ci sono io” (Mt 19,20). Diversamente che senso avrebbe parlare di comunità sinodale, in cammino, oltre frontiera, in uscita ecc. Alcuni nell’inchiesta rispondono che loro non si confessano dal prete, ma durante la messa seguendo le preghiere penitenziali dei numerosi mea culpa. E altri che utilizzano la confessione comunitaria o esame di coscienza come spesso veniva accordato durante la pandemia. C) “Confessatevi a vicenda i vostri peccati” (Giac.5,16). Quando abbiamo un problema con una persona per prima cosa ne parliamo a tu per tu con lei. Semplice il discorso: se un coniuge fa i corni (mi si scusi) all’altro che senso ha confessarsi dal prete? la Bibbia lo induce a chiedere scusa o cercare un approccio con la persona offesa. E così dicasi per tutti i casi di malversazione al prossimo. Dall’inchiesta si evincono anche risposte estreme. Tipo: la confessione non serve a nulla, o all’opposto: di questo passo si perde tutto. La prima indica una ipernutrizione del sacro, troppa confessione e pratica religiosa nella giovane età porta al rigetto, la seconda iponutrizione finisce con l’abbandono. 5) Modalità online. Qui le risposte si diversificano. Chi non considera indicato perché manca la presenza fisica del prete. Domanda: e se ci fosse la presenza fisica ma mancasse il mio pentimento? Siamo ancora a livello superficiale. Altri lo vedono come rapporto privo di sentimento, troppo sterile, robotizzato, opportunità da esaminare anche per la privacy a tutt’oggi violata. Questo è un aspetto da valutare. Altri sostengono che per i giovani e le nuove generazioni potrebbe essere l’unico modo per mantenere un dialogo religioso e perciò sono favorevoli- Anche se oggi confessa di più il fruttivendolo che non il prete in definitiva non andrebbe archiviato il metodo tradizionale con un sacerdote di propria scelta, possibilmente esperto e rispettoso di relazioni umane. Perché francamente sarebbero indesiderati preti confessori che, come successo, all’ apparire del penitente lo anticipano con: “immagino che lei è andato con le donnacce”. Al di là dell’online rimane discutibile la mentalità moderna che la confessione è debolezza, l’animo forte conserva i propri segreti e accetta in silenzio la propria punizione.

Autore: Albino Michelin 08.04.2022
albin.michel@live.com

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