domenica 29 maggio 2022

DIO CAMMINA CON LE GAMBE DEGLI UOMINI

 Diverse persone hanno una certa dimestichezza con la Bibbia, e la sua prima parte dell’Antico Testamento, ma si sentono offese nella loro sensibilità di fronte a diversi libri, citazioni, brani, episodi di questo testo e si domandano come un Dio provvidenza possa comandare lo sterminio di donne e bambini, dichiarazioni di guerra contro gli avversari, sempre in assetto di conquista. Un dio fatto apposta per vendicarsi dei nemici. La realtà della guerra e il linguaggio bellicoso occupa nella bibbia uno spazio straordinariamente rilevante. Le narrazioni di guerra attraversano in lungo e in largo il libro sacro ebraico, ma non sono estranee neanche nel testamento cristiano, cioè nel vangelo. Chi si accosta alla bibbia, come succede spesso nelle chiese cattoliche pensando di avvicinarsi ad un libro edificante e spirituale, forse dovrebbe un po’ smontare il suo mondo e indirizzarsi verso la consapevolezza che si tratta di un territorio storico, mitico, letterario, estremamente vasto e diverso nei tempi e nei linguaggi. La guerra riempie continuamente i racconti della bibbia in modalità molto diverse. La lettura a spezzatino come spesso si fa nelle liturgie domenicali non aiuta a fare i conti con la bibbia nella sua complessità. Va preso atto che il linguaggio guerriero nelle sue varie dimensioni (guerra di conquista, geenna, sterminio delle nazioni, ira di Yahweh, vendetta dell’onnipotente) abbia costituito uno scoglio, addirittura uno scandalo per molti credenti non praticanti a livello di argomenti storici e critici in una testimonianza detta sacra troppo carica di contrasti e contraddizioni. Gira e rigira nella bibbia ebraica si trova di tutto come insegnavano i sapienti d’Israele. Certo con le debite distinzioni, perché una cosa è leggere i libri di Giosuè, de I Re, delle Cronache, e altra cosa è leggere i profeti, Giobbe, e molti brani dei salmi. Bisogna aprire l’orizzonte mentalmente perché la bibbia è la testimonianza di uomini e di donne che guardano in faccia a tutta la vita, anche alla realtà della guerra e alle nostre perversioni. Molti si ostinano a pensare che la bibbia antico testamento sia il libro del Dio violento, mentre il Dio di Gesù sarebbe la presentazione del dio buono. Non si tratta di smentire, in gran parte è vero, se nel vecchio testamento troviamo picchi di violenza:” beato chi afferra i tuoi piccoli e li sfracella contro la roccia” (Salmo 137), ma nel nuovo troviamo lo sterminio delle nazioni pagane (Apocalisse), pure la geenna e l’inappellabile giudizio di Matteo (25) e tanti altri passi ugualmente violenti sui quali non abbiamo possibilità di interpellare l’autore, il giudice divino. Per quanto riguarda la guerra e la pace, non è una originalità dell’antico testamento dal momento che si tratta di una ideologia diffusa in quest’area geografica. Fatto decisivo è sempre stato l’intervento della divinità a scatenare la guerra e a decidere la vittoria. Si parla delle guerre di Yahweh allo stesso modo che in Mesopotamia, dove le guerre venivano definite come guerre di Jshtar oppure di Assur. Si tratta di una comune ideologia, diffusa anche in altre regioni dell’antico Medio Oriente che hanno il medesimo linguaggio dello sterminino e del dio guerriero. D’altronde non dimentichiamo che anche nella storia dell’ultimo millennio si sono messi sugli altari condottieri la cui esistenza si è tutta svolta ad eliminare familiari e tribù per la propria espansione. San Vladimiro patrono dell’Ucraina, con tutto il rispetto per le conversioni apportate al cristianesimo, è in questa lista. La bibbia ebraica non presenta al riguardo un pizzico di novità. Risulta però nella ricerca storica che l’amore per i nemici non è una peculiarità cristiana, ma trova molti paralleli in diverse culture antiche. In pratica possiamo leggere la bibbia non come parola di Dio, ma come testimonianza. Non come Dio onnipotenza, ma come Dio come onnipresenza che cammina accanto all’uomo. Certo sarebbe anche auspicabile nelle liturgie cattoliche essere un po’ più vicini al presente e tentare di sostituire la prima delle tre letture che spesso richiederebbe anche una censura con una lettura di qualche autore contemporaneo messaggero di sapienza e di interiorità. Non si pensi a testi di avventure, ma input di riflessione, meditazione, densità interiore, per citare un esempio brani come dal “Piccolo Principe” di Exupery (1943) ed innumerevoli altri. Forse bisogna convincersi che il ripetere in forma ciclica gli stessi brani dell’antico testamento produce una certa usura per il dejà vu, dejà entendu. Potrebbe far difetto l’attenzione, il coinvolgimento. Forse brani sulle problematiche di oggi, ecologia, cultura, lavoro, pace, acqua, razzismo potrebbero penetrare di più nel cuore dei contemporanei, i quali non hanno bisogno solo della esperienza di evi antichi. Non si profanerebbe nulla, non si abbasserebbe il divino verso il profano, ma si innalzerebbe il profano verso il divino. Anche la novità del linguaggio aiuterebbe l’evoluzione del costume, secondo il detto bergogliano della comunità in cammino. Non si vuole essere utopici e considerare il fondatore del cristianesimo un illusionista. Infatti egli disse in Giovanni (14) che ora gli uomini certe cose non le capiscono ma egli garantirà nel tempo la presenza del suo spirito che insegnerà quanto nel passato non si riusciva a capire ed eseguire. (Giov.14) Quelli che minacciano anzitempo sfracelli e fine del mondo vanno smentiti perché come ribadisce anche il teologo dell’evoluzionismo Teilhard de Chardin (+1932), lentamente ma sicuramente Dio cammina con le gambe degli uomini.

Autore: Albino Michelin 14.04.2022
albin.michel@live.com

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