sabato 10 febbraio 2018

RAZZA BIANCA, COSCIENZA NERA

Un tempo il pulpito del prete era una specie di Monte Sinai dal quale veniva emanato il Verbo di Dio e del profeta Mosè ad un popolo di fedeli che muto e compunto mandava a memoria nella vita quotidiana e restava compatto seguendone la morale e il comportamento. Oggi quel pulpito è stato sostituito dallo schermo televisivo da cui i vari imbonitoti, presentatori, politici ti inebetiscono con un diluvio di parole e la gente dice la verità quando afferma che i preti hanno perso di appeal, che possono cantarla e suonarla tanto ormai nessuno ci crede più. Dice il falso invece quando afferma che la TV e i suoi megafoni possono riempirci di belle parole, ma alla gente dentro da un orecchio e fuori dall’altro, alla gente non fa nessun effetto, perché ragiona con la sua testa. Non è vero. Perché quando i nostri fans della razza bianca si mettono a straparlare alla pancia del popolo sui rom, sugli immigrati, sui profughi, di colore che vengono a invaderci, rubarci il lavoro, abolire le nostre tradizioni, feccia della società, la gente ci crede, eccome, si surriscalda eccome. Questi discorsi sono come la pioggerellina lenta, ma inesorabile, che si insinua nel DNA, sotterranea, carsica, quotidiana. Lo dimostra qualche episodio, che va sempre più ripetendosi, e che non resta isolato, come vogliono sostenere i benpensanti, ma va generalizzandosi. Basta seguire sul facebook o sul social i commenti che dalla moltitudine dalla faccia nascosta vengono divulgati. Qui i nostri statisti e sondaggisti possono aggiustare le loro percentuali che credono, la realtà nel social in materia è penosa. Di episodi ce ne bastano due e sono recenti, proprio uno a ridosso dell’altro, uno al nord e l’altro al sud Italia, a dimostrazione che l’Italia tutta è attraversata dal bacillo antinegro. La domenica 21 gennaio u.s. una signora si presenta per farsi medicare al pronto soccorso di Cantù nel comasco e sorpresa si trova davanti ad un medico di colore, dott. Audi Ngansa,38 anni, in Italia da 12, origine camerunense, laureato alla nostra Università Insubria, medico della Croce Rossa in diversi centri di accoglienza, da Bresso milanese a Lampedusa di Agrigento. La malcapitata trovandosi improvvisamente di fronte ad un camice bianco e ad una faccia di colore, non si fa scappare un‘ apostrofe tagliente e gli appioppa: ”io non mi farò mai toccare da un medico nero” e se ne va. Questi a sua volta, che ottuso e allocco non è, le risponde con ironia, una delle armi più efficaci contro l’ignoranza e l’ipocrisia: ”ti ringrazio, così ho un quarto d’ora per andarmi a bere un caffè”. Sul social tutti d’accordo con la razza bianca, due post si discostano, uno dichiarando di essere onorato di avere stranieri del genere in Italia, l’altro assumendosi la dignità di chiedergli scusa. Il giorno seguente a Benevento stessa musica. Musah, mediatore culturale, 37 anni, collaboratore Caritas, origine ghanese, si presenta al pronto soccorso per escoriazioni e ha l’impatto con una infermiera razza bianca. La quale lo assale subito con parole a sfondo razzista “Perché sei venuto in Italia, questo è il mio paese, se non ti piace tornatene in Africa. Viva Salvini, viva l’Italia.” Sulla vicenda il malcapitato di colore non vuole accendere i riflettori, addirittura scusa l’infermiera dicendo che forse era stressata, una espressione di stizza, e che, convinto della sua buona fede, se l’incontrasse l’abbraccerebbe.” Qualche considerazione oggettiva che aiuti a “rassegnarci” ad una società multietnica. La signora di Cantù sappia che il Camerun è noto per i suoi medici famosi in tutto il mondo, e che la laurea di Ngansa non è farlocca come quella del Padano andato a comperarsi una tacca di laurea in Albania dopo 16 anni di università a vuoto in Italia. E la signorina razza bianca di Benevento sappia che larga parte di infermieri in Italia è rappresentata da ben 142 nazioni 38 mila su 375 mila, e che gli italiani del settore rifiutano i turni di notte, i campanelli che squillano tutte le ore, piaghe putride da medicare, corpi da lavare, padelle e pappagalli da svuotare, sederi da ripulire, morti da rivestire. Almeno un po’ di gratitudine si potrebbe dimostrare. Le cause di questa avversione? Già accennato: l’odio razziale pubblicizzato dai media, la paura seminata a piene mani che inquina il cervello della gente incolta. E qui aggiungiamo che una causa risiede anche nel nostro analfabetismo. Non intendiamo analfabetismo strutturale, nel senso che oggi tutti sappiamo leggere e scrivere (eccezione del 5%), ma analfabetismo funzionale (80%). Quando leggiamo un giornale ed ascoltiamo un paroliere, comprendiamo sì la parola, ma non il suo significato, il suo collegamento con il contesto, il suo senso di fondo, la sua veridicità storica. Voltaire diceva: calunniate, calunniate, qualcosa resterà. E Umberto Eco nel 2015 scriveva: ”italiani inclini a credere a tutto ciò che leggono e sentono senza riuscire a valutare criticamente. Nel social media si da’ diritto di parola a tutti gli imbecilli, e così più che un’invasione di stranieri da terzo mondo abbiamo un’invasione di imbecilli a casa nostra che si rivelano terreno fertile ad essere acchiappati come citrulli”. Espressione un po’offensiva, ma in parte da sottoscrivere. Rimedi? Ne potremmo proporre uno anche se ci potrebbe sembrare strano. Al tempo della guerra in Iraq nel 2003 in una parrocchia della Puglia i missionari comboniani hanno indetto uno sciopero della messa. Cioè una domenica abolite tutte le messe per protestare contro la vendita delle armi dall’Italia al Medio Oriente. Per ripensare “pace agli uomini di buona volontà”. Siamo un’Italia detta cattolica, devozionale a Maria e ai santi suoi, fatta di pellegrinaggi e di turismo sacro. Per un mese indire una specie di lavaggio gastrico: sciopero da queste forme religiose soporifere per riservare un digiuno di riflessione e di educazione al rispetto verso il prossimo dei diversi, che in fondo è la sostanza della religione cristiana. Un tentativo per la nostra razza bianca di ripulirsi da un’anima nera. 

Autore
Albino Michelin
06.02.2018

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