giovedì 28 ottobre 2021

CHI VEDE UN BAMBINO NON VEDE NIENTE

Qualche anni fa quando un bambino faceva i capricci lo si minacciava di mandarlo in cantina con l’uomo nero. Anche se oggi un po’più evoluto egli non conosce la storia dei bambini del passato, e nemmeno del presente, bisogna raccontargliela, se pur triste, perché è la storia il ponte che collega il passato al presente e prepara al futuro. Non siamo più ai tempi di qualche millennio fa quando si sacrificavano i bambini al dio Moloch per una protezione nelle crisi o per ringraziamento di lieti eventi. Un po’ più avanti con il tempo si inciampa nei romani, nostri predecessori, che con l’infanzia non erano molto teneri. La decisione di vita o di morte, di esporre e di vendere i neonati dipendeva dal paterfamilias. Il termine puer in latino significava ad un tempo bimbo e schiavo. Si sa da missive di generali in guerra che scrivevano alla moglie:” se sarà un maschietto allevalo, se una femminuccia buttala dalla rupe tarpea”. Ma anche all’inizio dell’era moderna la considerazione sul bambino non è mai stata ottimista: “felice chi ha un bambino, non infelice chi non ne ha”. Un‘ antologia di proverbi per capire che il bambino non godeva di un riconoscimento particolare. Un barlume di attenzione verso questo essere indifeso e incolpevole lo abbiamo nell’ultimo secolo con diverse convenzioni che in teoria parlano abbastanza bene e chiaro, ma in pratica la sorte dei bambini non è molto cambiata. Ricordiamo l’Unicef 1946 (fondo delle nazioni unite per l’infanzia) basata su 4 principi: 1) non discriminare, 2) superiore è l’interesse del bambino, 3) diritto alla vita, sopravvivenza, sviuppo,4) ascolto delle opinioni dei bambini. Ed ancora l’articolo 19 dell’ONU:” Contro l’infanzia si vieta ogni forma di violenza fisica e mentale, lesione e abuso, abbandono, maltrattamento, sfruttamento.” Ovviamente a questo divieto si possono aggiungere tutte le forme di schiavitù per interesse commerciale, sessuale, prostituzione dei minori. A protezione anche di tali principi si sono fissati il 20 novembre giornata mondiale del bambino, il 12 giugno contro lo sfruttamento minorile, il 2 luglio contro la tratta degli esseri umani, il 20 giugno dei rifugiati (bambini inclusi). Il 27 gennaio giornata internazionale della memoria della shoah, dedicata a tutte le vittime del razzismo, con particolare attenzione anche ai tanti bambini ebrei come Anne Franke. Per prendere atto dell’ampiezza del fenomeno è opportuno fare una mappa della situazione nel mondo. Un miliardo e 700 milioni le vittime di violenze di ogni tipo, 175 milioni privi di insegnamento scolastico, 152 milioni sottoposti a lavori minorili, 150 milioni di ragazze e 73 milioni di ragazzi vittime di violenze sessuali, 130 milioni le bambine obbligate all’infibulazione in 27 paesi africani, la più cruenta delle mutilazioni per ricordare loro che non sono nessuno e non hanno nessun diritto sul loro corpo, 700 milioni sotto la soglia di povertà, 80 milioni di rifugiati di cui un 10% i siriani e buona parte minori. 60 milioni bambini affetti di autismo, 4 milioni di piccoli pescatori nelle Filippine, 300 mila bambini soldati dislocati in 160 paesi, 40 mila ragazzini nel Congo con 12 ore di lavoro al giorno per 1-2 euro all’ora nelle miniere a contatto di sostanze chimiche tossiche per l’estrazione di coltan e cobalto. Dietro ad un nostro smartphone ci sta quasi sempre un bambino schiavo congolese. A Dakar nel Senegal 8 mila bambini mendicanti sulle strade Un problema grave lo pone la Cina con l’infanzia negata, dove nascere maschio o femmina fa la differenza. Paese col più grave squilibrio del mondo. Un miliardo e 300 milioni di abitanti, con 33 milioni di uomini in più delle donne. Causa una legge 1979 del figlio unico. Una donna poteva avere un secondo bambino se il primo era femmina. Come dire che l’uomo vale più della donna, discriminazione plateale. Legge per fortuna allentata dal 2013. In Italia non è che le cose vadano molto meglio. 4 mila i casi di violenza sui minori, 340 mila lavori minorili ai limiti dello sfruttamento. Purtroppo da noi vi è da sottolineare una certa insensibilità nei confronti dei bambini costretti al viaggio della speranza, annegati nel cimitero del mediterraneo. Siamo stati veloci a chiudere i porti il 7.1.19, con un governo dagli slogan “prima gli italiani” mentre recentemente le madri afghane gettavano i figli oltre i reticolati affinché i militari li portassero in salvo. Chi ha cuore non può dimenticare la foto di Aylan bimbo turco morto sulla spiaggia (2.9.15), cui il musicista Beppi De Marzi noto in Europa per le sue cante ha dedicato la nuova “I bambini del mare, hanno gli occhi di conchiglia, le scarpine di pezza cucite dalla mamma prima di partire, prima di morire. Le manine sulla sabbia cercavano prati verdi.” Viene qui anche alla memoria l’immaginetta cattolica in cui Gesù invita:” lasciate che i bambini vengano a me. Chi vede e accoglie un bambino vede e accoglie me.” (Mc.9,33) Per Gesù, uscito da una società ebraica in cui il padre si vergognava di abbracciare i figli, il bambino possiede tutte le potenzialità per rinnovare il mondo. Oggi i nostri bambini pongono tutt’altri problemi, forse troppo viziati, con wellness e paghette pesanti per mini prestazioni. In un ambiente sociale sospettoso verso gli immigrati, obbligati a restarsene dove sono, sarebbe opportuno sensibilizzare genitori e figli a qualche risparmio per devolvere un contributo significativo ai bambini del terzo mondo, coerenti così con lo slogan “aiutarli a casa loro”.

Autore: Albino Michelin 02.08.2021
albin.michel@live.com

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