lunedì 1 novembre 2021

PAGARE LE TASSE: É SENSO CIVICO E AMORE CRISTIANO

Un proverbio veneto risalente ai primi anni dell’unità d’Italia verso il 1870 diceva:” carta e musso porta de tuto ”-Cioè carta e asino porta di tutto. E si riferiva al fatto che quando nei paesi arrivava il postino sul biroccio tirato da quel paziente quadrupede erano guai perché veniva a consegnare la lista dei balzelli o tasse sul macinato. E molti contadini ridotti sul lastrico erano costretti ad emigrare nelle Americhe. E’ pure a quel periodo che risale l’altro proverbio” piove, governo ladro”. L’italiano antistatalista anche perché antifisco è fino ad oggi considerato carattere furbo e fantasioso, definizione piuttosto negativa, ma di cui noi un po’ troppo ci si vanta. Non è certo un glorioso medaglione. E’ piuttosto problema da riflettere se nel 2019 la mappa della corruzione politica nel mondo metteva al primo posto l’Italia e citava come gli evasori fiscali fossero 3.546 e oltre 19 mila i lavoratori in nero con un ammanco di 108 miliardi annui alle casse dello Stato. Evasori sono i commercianti che non emettono scontrini, imprenditori che esportano capitali all’estero, professionisti che incassano laute parcelle dai clienti. Certo con la debita distinzione fra chi non vuole e chi non può contribuire. IL problema tasse è assai complesso perché coinvolge il senso civico e anche quello religioso. IL termine più preciso per indicare le tasse sarebbe tributo che deriva da tribù, fra le quali nell’antica Roma venivano suddivisi i cittadini e quindi ripartito il peso della spesa comune. Ed è così che Roma tollerante verso tutte le religioni dei popoli assoggettati imponeva però delle tasse attraverso cui costruire strade tipo Appia, Aurelia, Tiburtina. Emilia, Postumia e numerosi altre nel mondo. Come pure monumenti, Colosseo, teatri, templi, acquedotti. Nel nostro Paese paghiamo anche oggi le tasse come ci venissero imposte da un’entità estranea ed astratta mentre invece è affare nostro e non di qualcun altro. E le paghiamo sempre alzando gli occhi al cielo quasi imprecando e bestemmiando contro lo stato. Però non si dimentichi un difetto che sta nel manico. Ci manca spesso la coscienza di esercitare una funzione sociale anche perché non siamo stati educati ad un’etica politica e dei politici, come avvenuto nei paesi nordici protestanti e anche nella Svizzera dal 1500 in poi. Per fare un prete si esigono 12 anni di seminario, per fare un politico ci basta troppo spesso un astuto pifferaio. Che in Italia sia mancato il protestantesimo è senz’altro mancato un pezzo di senso sociale. Si potrebbe risanare questa dilagante corruzione convincendoci che lo stato siamo noi anche grazie alle tasse che paghiamo. Per i cristiani e per tutti gli adepti delle varie religioni in cui vige il motto” non fare agli altri quello che non vorresti gli altri facessero a te”, l’evasione va ritenuta un comportamento immorale da evitare. Anche se spesso pure qui si resta sul piano teorico. Uno dei modi possibili per amare il nostro prossimo consiste nel rinunciare ad una parte dei propri guadagni per farsi carico di chi è rimasto indietro, testimoniando che trasparenza, efficienza, umanità di questo sistema è affare nostro e non di qualcun altro. Le tasse rappresentano il modo più semplice per trovare le risorse necessarie e consentire di vivere insieme. Sono il prezzo che paghiamo per essere comunità. E sono anche un mezzo necessario per non lasciare indietro gli altri, i più poveri. Quando non le paghiamo obblighiamo un altro a pagare per noi, magari corrompendo. E allo stesso tempo ci sentiamo legittimati a continuare ad usufruire della sanità, ospedali, pulizia delle strade, manutenzione pubblica, biblioteche, forze dell’ordine, università, protezione civile, pensionamento e tutto quello che lo stato riesce a far funzionare proprio dalle tasse pagate dagli altri. Ma i conti così non tornano. Senza stato saremmo tutti più poveri, più deboli, più indifesi. Quindi il pagare le tasse, il versamento delle imposte è un dovere civico, che viene negato dalla evasione ed elusione fiscale, atto illegale, ma soprattutto noncurante delle leggi fondamentali della vita che si chiamano reciproco soccorso. Per il cittadino è la base del senso civico, per il cristiano la base dell’amore fraterno. Non si dimentichi che anche Gesù ha pagato le tasse e non tanto per dare buon esempio, ma per rispetto ad una legge dello stato che in questo caso si identifica con le legge di Dio. Pure lo Stato qui però ha un compito che spesso ignora: quello di non limitarsi ad imporre, ma garantire la “rappresentanza”. Cioè che i cittadini vengano rappresentati e siano consapevoli di come vengono utilizzati i loro soldi. Anche nel Medioevo i gruppi influenti avevano la possibilità di farsi sentire e pesare sulle scelte dei sovrani. Il legame tasse-rappresentanza salì alla ribalta la prima volta quando i coloni della Virginia in America nel 1775 si ribellarono alle imposte emanate dalla Corona inglese in nome del principio “nessuna tassazione senza rappresentanza.” Senza rappresentanza è rapina, e lo stato sarebbe un ladro che restituisce in minima parte il male tolto. Questo un primo passo per la formazione di una coscienza sociale verso un obbligo morale oggi tanto disatteso.

Autore: Albino Michelin 18.08.2021
albin.michel@live.com

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