giovedì 30 maggio 2024

LA CHIESA CHE MORIRÀ

 Sono usciti di recente due nuove pubblicazioni che trattano entrambi della crisi della nostra società politica e culturale e della chiesa. Ancorché sconosciuti da entrambi. Il primo si intitola: “La chiesa che morirà”, di Michele Semeraro e “la chiesa che verrà”, di Armando Matteo. E tutte e due lamentano che la chiesa è troppo lontana dalla gente. Il primo dice:” Morirà la chiesa dei privilegi. Morirà la chiesa clericale ancora più grave nei laici che nei ministri ordinati. Morirà la chiesa del compromesso con i poteri mondani e con le ideologie cristianiste così lontane dallo stile evangelico. Morirà la chiesa nostalgica di quei tempi gloriosi che così gloriosi non sono mai stati. Morirà la chiesa del vittimismo che si ritiene accerchiata e minacciata dalle istanze degli uomini e delle donne del nostro tempo. Morirà la chiesa del trionfalismo, delle cose in grande e del come si è sempre fatto. Morirà la chiesa ostile verso coloro che non vogliono o non possono, o non possono o non vogliono vivere né come noi né secondo i nostri criteri. Morirà la chiesa affascinata dal sacro e ostile e insensibile all’umano”. Il secondo così si esprime” vivrà la chiesa formata al rispetto di ogni vissuto concreto delle persone reali. Vivrà la chiesa capace di onorare tutti gli uomini e donne senza mai ridurli ad una immagine stereotipata e mortificante. Vivrà la chiesa nell’integrazione di ogni razza, di ogni colore, di ogni lingua, di ogni cultura, di ogni percezione di umanità. Vivrà la chiesa che si riconosce in modi diversi di vivere le alleanze tra persone, senza sentirsi obbligati ad approvare o in dovere di disapprovare. Vivrà la chiesa di piccole cose, delle piccole comunità, dei mezzi semplici, della marginalità e della modestia gioiosa. Vivrà la chiesa se saprà morire sempre meno romana e sempre più interiore.” Sono due monaci cattolici e guai cosa si potrebbe dire di loro. Al momento con questi due autori con buona parte del clero e con l’episcopato varrebbe la pena di rincominciare dall’origine della vita di Gesù, ormai sufficientemente assodato della sua storicità. Si sa che le traduzioni della bibbia sono state diverse in periodi storici. La prima traduzione è apparsa nel 100 avanti cristo da parte di settantadue eruditi della scuola di Alessandria d’Egitto che hanno tradotto l’antico testamento in greco. Il vangelo è stato scritto in una forma non contemporanea agli scrittori evangelisti. Chi scrisse dopo quant’anni, chi scrisse cento anni dopo come i discepoli di Giovanni evangelista. Nel quattrocento S. Girolamo ritradusse i libri che erano stati scritti in greco e Rufino ne è stato anche l’autore. I masoretti della scuola di Masora, della sede di Gerusalemme e Tiberiade completarono l’antico testamento che a quel tempo si scrivevano le consonanti senza le vocali e quindi punteggiatura e vocali venivano successivamente aggiunte. E qualche tentativo di sonnolenza poteva capitare. La prima bibbia in italiano si ha nel 1471 con il monaco camaldolese Malermi. Nel 1534 Lutero fece la sua traduzione in tedesco dal greco. Nel 1971 la CEI (Conferenza episcopale italiana) fece la sua traduzione, corretta poi nel 2008. Tenendo presente comunque che la bibbia fu sempre tenuta all’oscuro per parecchi secoli ad una grande maggioranza di fedeli. Al punto in qui ci si trova è giusto domandarsi quale sia la bibbia migliore: se la cattolica, la protestante, i testimoni di Geova, la calvinista ecc. Nessuna per la precisione. A parte il fatto che la bibbia non è stata suggerita da Dio. Essa non è un documento storico ma teologico e spirituale, non si insegna come è fatto il cielo, come si va in cielo. Ora quale lingua parlava Gesù? Gesù parlava in aramaico, cioè il dialetto ebraico. Talvolta con gli stranieri cioè greci e romani usava la lingua greca, le preghiere Gesù le recitava in aramaico. Ora se Gesù parlava in aramaico, tutto il suo linguaggio è andato perduto. Ecco la necessità di fare un testo dall’inizio alla fine, dalla nascita alla morte in una forma coesa. E questo comporta una rimescolanza di tutto il testo ed una revisione totale degli stessi vangeli. Una prova è che per una strategia gattopardesca si correggesse recentemente ad un Padre nostro “E non abbandonarci alla tentazione. “Ora la prima difficoltà nasce dalla tradizione. Per alcuni ogni cambiamento significa tradimento. Si pensa infatti che chi traduce la bibbia fa un tradimento o semplicemente salva la faccia. Chi si convince che questa sia la vera fede e l’unica strada da percorrere perché il cristianesimo abbia ancora cittadinanza nella nostra epoca, in verità procede a negarla. Congelando esattamente il dinamismo che proprio la parola tradizione porta con sé. E così si può comprendere che il cristianesimo è quello di venire meno alle sicurezze collaudate per avere la scelta migliore. Non tratta di salvarla congelandola o di farla saltare in aria. Si tratta di permettere che sia attiva. Sotto questa luce, ci serve la disponibilità ad una sorta di ricupero di ciò che è l’essenziale per i credenti. Qui la domanda è semplice e secca: a cosa serve la chiesa? La seconda resistenza possibile all’appello del cambiamento è quello di non disperder l’identità. Nel non volere inventare una nuova mentalità di chiesa volta alla perifrasi si è sempre fatto così, e va bene così: non si va molto lontano. La formulazione meccanica di idee chiare e distinte sulla ripetizione di affermazioni porta solo ad un vicolo cieco. C’è a convincersi che oggi è tempo di grande evoluzione e rivoluzioni e contro rivoluzioni ed il cristianesimo offrirebbe un grande centro di gravità permanente. Una terza ed ultima resistenza possibile è quella che deriva da un pesante risentimento. Le domande sorgono spontanee: come è stato possibile che così rapidamente si disperdesse dalla collettività le grandi celebrazioni grazie alle quali il mistero veniva conservato e redistribuito alla luce del cristianesimo? Come è stato possibile così facilmente che si sia fatto dimenticare quelle antiche parole che davano sollievo all’anima come ad esempio il dono, il sacrificio, la riparazione del peccato attraverso la croce, la remissione dei peccati, il paradiso, purgatorio, inferno. In una parola la salvezza? Ma Gesù disse “è ora di partire, è ora di andare all’altra riva”. (Marco 8.13)

Autore: Albino Michelin 09.05.2024
albin.michel@live.com

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