giovedì 21 gennaio 2021

COSTRUIRE LA SPERANZA

Le espressioni dovunque più usate in questo periodo sono “Speranza”, auguri e speriamo. La speranza come tanti atri sentimenti umani tipo amore, gioia, entusiasmo, paura, tristezza è certamente la più profondamente radicata nella nostra vita. Anche i miti più antichi dell’umanità sia nella filosofia come nella religione hanno per oggetto la speranza. Si pensi al mito di Pandora presso i greci, la prima donna che aveva ricevuto da Giove un’anfora con l’ingiunzione di non aprirla Essa invece per curiosità la scoprì e ne uscirono tutte le virtu’ contenute, ci rimase solo la speranza. Pure nel mito ebraico-cristiano della bibbia nella fuga dall’ Egitto attraverso il Mar Rosso quando Israele fondò la sua speranza verso un futuro da rischiare. Per questo in ogni occasione storica difficile si creava sempre l’attesa di un messia, di una speranza umana che aiutasse a liberare il popolo dalle difficoltà, dalle deportazioni, dall’oppressione dell’impero romano, a seconda. E anche quando Gesù neonato venne presentato al tempio l’anziano Simeone lo abbracciò come speranza di Israele e delle nazioni. E Gesù adulto nella sua predicazione itinerante garantiva tutti di non aver paura perché egli sarebbe rimasto con l’umanità fino alla fine dei secoli, non rubando a nessuno la speranza. Non si vuole qui trasbordare nell’ altro mondo e predicare la speranza che dopo la morte vi sarà una vita eterna, ma rimanere nella nostra quotidianità anche se includente l’aldilà. Pure consapevoli che un certo Cristianesimo lungo i secoli ha predicato rassegnazione, mani giunte, occhi bassi in funzione della vita futura. Aforismi e proverbi sulla speranza sono centinaia. Tipo: la speranza è l’ultima a morire e finché c’è vita c’è speranza. Ma si può controbattere come mai là dove abbiamo vita non abbiamo sempre la speranza, fino ad ammalarsi e suicidarsi. Evitiamo i casi estremi ma certo bisogna prendere atto che la speranza non va tolta a nessuno, che la pena di morte ad esempio è contro natura perché nega ogni speranza, che un medico potrà sempre comunicare al malato la diagnosi ma solo se richiesto della prognosi per non abolire la speranza. La speranza è sacra come la vita, va costruita, le va dato un fondamento umano, le va garantita una educazione, proposto un obbiettivo. Purtroppo invece noi siamo vittime dell’abuso del cambiamento, vorremmo che tutto cambiasse, la politica, il lavoro, la famiglia, le nostre vite, affascinati dall’idea magica del cambiamento. Il guaio è che noi non siamo disposti a crearlo, a produrlo, a realizzarlo. Il cambiamento deve arrivare dall’esterno, ad opera di altri, piove governo ladro. Lo proiettiamo su chi cerca di blandire con miraggi la nostra speranza. E’ qui che si annida il pericolo, la speranza diventa espressione pericolosa ed equivoca. Si aspetta e si spera tutto senza sentirsi personalmente interpellati. Di qui la resa, tanto è inutile, chi te lo fa fare a combattere con don Chisciotte contro i mulini a vento. Si vive nel cinismo, una filosofia terrificante. Sono loro, gli altri che devono cambiare. Per noi vale la pena solo se ci si guadagna, se no sei un illuso. Speranza ha la stessa radice etimologica inglese di “speed”, spinta. Il contrario di destino. E’ creazione, non ristagno nel parassitismo. E’ ingravidare, fecondare con il proprio rischio e slancio ogni ideale per farlo diventare azione concreta. In questi tempi si fa un gran parlare di crisi demografica dell’Italia, perché così si va incontro ad una nazione di vecchi, mancheranno i bambini, i giovani, i rincalzi del futuro. D’accordo, ma a che servirebbe inoculare tot persone se poi avremo una generazione pigra, senza energia, senza fame di futuro, senza speranza? L’avvenire dell’Europa non apparterà alle civiltà più tecnologiche ma a quelle demograficamente più consistenti e cariche di speranza, le tanto vituperate di colore. Se i discendenti degli italiani nel mondo si aggirano sui 60 milioni è perché i nostri padri hanno affrontato innumerevoli viaggi della speranza. E la stessa storia si ripete oggi con le migliaia di profughi allo sbando, donne incinte, bambini che sbarcano sulle nostre coste quando non affondano in mare, viaggi della speranza. Per paradosso dovremmo ammettere che l’Italia non esiste perché è la sintesi di diverse invasioni, immigrazioni, integrazioni di etnie da ogni dove che a suo tempo da secoli hanno intrapreso il viaggio della speranza. Ma restiamo nel nostro presente della pandemia virus. La speranza di venircene fuori nasce dalla consapevolezza di essere tutti parte della stessa umanità. Non serve la retorica della superiorità del nazionalismo, del sovranismo, della divisione, ci si salva o ci si perde tutti insieme, perciò con la speranza impegnata e fondata sulla convinzione delle nostre comuni radici. Speranza collettiva e solidale, e quindi vaccino di tutti e per tutti. Solo così anche l’unione fra i 27 stati europei può diventare realtà concreta. Costruire la speranza è possibile se pur fiaccati e messi in ginocchio ricuperiamo la cura di noi stessi, del prossimo e del creato.

Autore: Albino Michelin       5.12.2020
albin.michel@live.com

Nessun commento:

Posta un commento