lunedì 12 giugno 2023

SOLITUDINE E DISAGIO GIOVANILE

Oggi ci troviamo di fronte ad un fatto insolito. Soprattutto l’infanzia e l’adolescenza sono troppo spesso abbandonati a sé stessi e quando l’uomo si trova solo è sempre in cattiva compagnia, sia adulto come da ragazzo in particolar modo. Circoscriviamo l’argomento al suicidio dei ragazzi e all’altra faccia, quella del bullismo, che anche se di minore rilevanza rappresenta la solitudine dell’adolescenza. Graziano Martignoni, esperto psicoterapeuta della tv e della Pro Juventute in svizzera dà la colpa in buona parte alla pandemia, uno dei coefficienti del malessere. Nei primi sei mesi del 21 il numero dei consulenti al suicidio, sono aumentati del 40% in più del precedente 2020. Ogni giorno il servizio telefonico è contatto con 700 bambini e giovani 7 dei quali evocano pensieri di suicidio. Nel 2020 raddoppio di ricovero per quelli che hanno tentato il suicidio rispetto al 2019. Un indice del disagio in aumento. Consegnarsi alla morte non è tanto un esercizio di statistiche quanto di tenerezza, soprattutto là nelle soglie della vita dove tutto può accadere. Tante infatti sono le ragioni per pensare di morire e tante le forme di cui si veste l’ultimo gesto e le diverse età in cui con maggior frequenza questo accade. Vi sono suicidi solo pensati o ancora espressi nelle forme para-suicidali. Vi è il suicidio egoista, quello altruista, quella fatalista contro una società cattiva, vi è il suicidio disperato quella fuga dal mondo, quello che appartiene all’orbita funebre da cui non si riesce e liberarsi, ed ancora vi è il suicidio messaggio richiamo verso chi ti ha perso di vista, come molti tentati suicidi adolescenziali, e tanti altri. Al centro di tutte queste differenze vi è però un cuore incandescente che cerca la morte contro l’assurdo del destino della morte stessa che è proprio nell’entrata della vita. Oppure l’orizzonte si è smarrito dissolto del mare del nulla. Lo sguardo sul mondo dei ragazzi e sguardo sull’esistenza, che in questo tempo soprattutto del Grande Contagio ha sofferto proprio di fronte alla morte penetrata violentemente negli ospedali, nelle case per gli anziani dove vivevano il loro nonni e soprattutto nella loro quotidianità. Su questa i giovani esplorano alcuni assi fondamentali dell’esistenza stessa; quello dell’interdetto, dell’esperienza dell’ebrezza, del bisogno dell’assoluto, della ricerca della verità, in fine il bisogno di appartenenza e di riconoscimento. Certo l’epidemia ha aumentato questo fenomeno ma non abolito perché in esso e rimasta la radice più profonda del nostro malessere. La tensione fra libertà la solitudine, mancanza di fraternita, di genitorialità e di una società accogliente. Aggiungiamo problemi tipici del tempo attuale: l’incertezza del futuro, la mancanza di sicurezza lavorativa ed economica, una società fortemente individualista e indebolita nei valori diventa terreno fertile di questo fenomeno. E qui ci si collega al bullismo o ciberbullismo, che piuttosto non è quello di darsi la morte ma quello di fiaccare un debole ed un fragile fino in casi estremi ad uccidere la propria vittima, un coetaneo od una coetanea. La società contemporanea mostra questo fenomeno in aumento non solo nel contesto scolastico extrascolastico ma in casi di bambini adolescenti picchiati da baby gang soprattutto in contesto mediatico o attraverso la rete. Vi è solitudine e solitudine Vi è quella, dei claustrali delle monache, che sentono il bisogno di respirare i valori morali e interiori e di questi si sentono realizzati Ma vi sono anche gli svuotati e i vuoti interiormente che non sanno ove aggrapparsi. Il bullismo e sempre più composto da ragazzi affettivamente soggetti deprivati che vivono ai margini della società e che nella cultura di provenienza apprendono come l’unica via di riscatto sia quello dei forti sui deboli illudendosi di essere vincenti. E è un corto circuito: anche quella del vuoto banale bighellonaggio, quello di chi non vuole di niente. In questo caso melanconia, isolamento, solitudine vengono chiamati oggi la peste nera, come ci dice l’etimologia greca. Qui non ci tragga in inganno la parola chiasso o divertimento o passare il tempo a vuoto, che viene spesso usata per coprire il vuoto interiore. Cartesio diceva nel 1640 “cogito ergo sum…” ma andrebbe tradotto “cogito ergo cum…” perché sono io in relazione con il prossimo, sono in relazione con l’altro, con la comunità, con la collettività che ha gli stessi problemi. Vi è una solitudine di ricerca in quanto vi potrebbe essere nel ragazzo la possibilità reagire, di fare fronte, e di uscirne maturato. Ma questa può diventare anche isolamento che protratta nello spazio e nel tempo può alterare il livello di coscienza, procurare stati dissociativi via bulimie, anoressia. Essere soli in assenza di altri non ha sempre lo stesso significato che sentirsi soli. Si può stare fisicamente da soli in quanto non si condividono pensiero e sentimenti con nessun altro se non con sé stessi. Ma questa condizione fisica non necessariamente si accompagna ad uno stato interiore di solitudine, se di passaggio Al mondo del bullismo manca la possibilità di mentalizzare la capacita di capire sé stessi e gli altri in termini di emozioni, sentimenti ed affetti. A livello profondo la vittima rappresenta la parte più debole di sé. Indubbiamente non si può sempre mettere alla sbarra i genitori e colpevolizzarli, ma al ragazzo e alla ragazza va insegnato che si può vincere o perdere, vittoria e sconfitte fanno parte della vita. Ma la nostra società ha dimenticato l’educazione e la identificato con il permissivismo e allora hai lo spettacolo che al ragazzo si danno tutte vinte, che se un insegnate si permette di fare un’osservazione al ragazzo si prende dal genitore un insulto o anche un sacco di botte. Perché mio figlio o mia figlia sono iperprotetti, come si permette lei? E cosi abbiamo che il bullismo in casi forse un po’ banali come una ragazza che rifiuta di andare a scuola perché fragile fino alla quattordicenne e si chiude al bagno, Carolina Picchio perché un gruppo di ragazzi simulano atti sessuali. Prima lo scambio in schat con la baby gang poi il salto dalla finestra del terzo piano. Preferisce la morte al peso di quella umiliazione ormai ingestibile. Come nel caso meno eclatante come in quello più drammatico il bullismo è in aumento e sta diventando un problema culturale e sociale.

Autore: Albino Michelin 12.06.2023
albin.michel@live.com
 

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