domenica 10 giugno 2018

DIFFICILE IL PERDONO, PIÙ DIFFICILE VIVERE IL PERDONO

Ogni Anno il 25 aprile si celebra l’anniversario della Liberazione, avvenuta al termine della seconda guerra mondiale, il 25 aprile 1945 appunto. Una memoria, sconosciuta ormai ai giovani che la confondono con il giorno della libertà, ma ancora ricordata dagli adulti che tende a dividere l’Italia anziché unirla, in quanto si arrischia di portare alla ribalta la lotta dei partigiani vincitori contro i vinti connazionali aderenti al Fascio, un periodo di odi, rancori, crimini, eccidi, e disgraziatamente non da una parte soltanto. Sembra qui opportuno riportare fra i tanti un gesto trasmesso dalla TV 2000 il 25 aprile del 2017, dal tiolo “Siamo Noi”, che rievocava una riconciliazione pubblica avvenuta il 3.2.2017 a Schio, città del vicentino, fra il partigiano Valentino Bortoloso (detto Teppa, classe 1923) e Anna Vescovi (classe 1943), figlia di Giulio, allora podesta’della Repubblica fascista. Un breve cenno all’origine dei fatti, prima di descrivere il percorso che ha condotto a questo epilogo, percorso durato ben 72 anni. La guerra era terminata da due mesi, quindi non valeva la pena continuare nelle vendette private. Ma a Schio non fu così, come forse in altre parti. Il Comando partigiano tentò di individuare i precedenti nemici, loro familiari e aderenti, giorno dopo giorno li imprigionò nelle carceri mandamentali, nella notte fra il 6-7 luglio da due mesi cessate le ostilità agli ordini del Teppa si fece irruzione, quattro minuti di crepitar di mitraglie 54 persone, donne, uomini, bambini, anziani sterminati, cui seguì un silenzio sepolcrale. Fra i giustiziati anche Giulio Vescovi di 35 anni, padre di Anna, allora di due ani e mezzo. Per i partigiani e loro militanti un atto dovuto, per le vittime e familiari un atto ignominioso e vile. E odio cova ancora sotto la cenere. Ogni anno allorché nel duomo della città si celebra una messa per i deceduti, da una parte del tempio prendono posto i vincitori, dall’altra i vinti. Equando il prete annuncia:” scambiatevi un segno di pace”, nessuno fa un passo. Il tempo qui e in troppi casi non è medicina. Ma la piccola Anna, man mano che cresceva, attraverso vicende personali, familiari, professionali rielaborava dentro di sé confusamente e dolorosa mente queste esperienze, tentando inutilmente di rimuoverle. La mancanza del padre, la sua eliminazione brutale, la memoria funesta che spesso si ripeteva nelle pubbliche contrapposte manifestazioni di piazza, le procuravano enormi contraddizioni e pressioni psicologiche. I suoi contatti con la chiesa, le relative istituzioni e gruppi non l’avevano accompagnata più di tanto, per cui essa anziché nella chiesa cattolica con i suoi riti ripetitivi e dogmi, trovò soluzioni e consolazioni nella spiritualità e nel suo misticismo, più adeguati ad elaborare alla radice la sofferenza umana. Nel 2005, in occasione del 50.mo anniversario, si tentò di sottoscrivere in città un atto di concordia fra le famiglie delle due opposte fazioni, ma senza tangibile risultato. Soltanto quando nel 2016 il Ministero della Difesa insignì Valentino Bortoloso (detto Teppa) di una medaglia al valore per la liberazione, riconoscimento da lui stesso bene accolto, la lama si riconfisse ancora nella piaga, il buon senso popolare reagì ed il Ministero fu costretto a ritirargli l’emblema. Ciò sconvolse ancor di più il mondo interiore di Anna Vescovi, la quale maturò l’idea di incontrare l’assassino di suo padre, non più come tale, ma nel suo volto umano, aiutata in questo anche dalla sua professione di psicoterapeuta. E ripensò:” va distinto il crimine dal criminale, non è vero’ che un assassino non può diventare una persona normale, non è vero che noi non possiamo essere diversi da ciò che siamo stati.” Non riusciva ad accettare di essere identificata e odiata da chi aveva odiato suo padre. Non riusciva a pensare che qualcuno potesse stare tranquillo odiando un proprio simile. L’odio ti acceca, ti toglie la luce dagli occhi, ti fa male al cuore, ti uccide interiormente e spiritualmente. Ma anche l’odio può avere una sua evoluzione. Così nell’ottobre del 2016 Anna scrisse a Valentino chiedendogli un incontro personale ed un gesto di riconciliazione pubblica. Questi accettò l’incontro privato nel quale fissarono l’incontro pubblico a Schio per il 3.2.2017. Mossi dallo spirito di quel salmo biblico che dice:” misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno” e dalla convinzione che “c’è un Altro che ci guida” manifestarono la loro riconciliazione pubblica invitando il vescovo della diocesi, quale rappresentante di una chiesa comunità che predica il perdono, gesto anche ripreso e trasmesso anche dalla TV. Che nel caso non aveva l’obbiettivo di una pubblicità mondana, del culto dell’immagine alla Grande Fratello, ma quale testimonianza di un messaggio di riconciliazione che dovrebbe attraversare la pelle di ognuno. Il testo letto da Anna Vescovi e affidato agli ascoltatori, alla stampa e ai media suona cosi”: Noi, Valentino Bortoloso, partigiano e uno degli esecutori materiali dell’eccidio contro il fascismo, avvenuto nella carceri di Schio il 7 luglio 1945, che oggi possiamo considerare inutile e doloroso, e Anna Vescovi figlia del podestà di Schio, morto in questo stesso eccidio, e unici testimoni diretti, consapevoli che è giunto il momento di pacificare le tragiche contraddizioni della stessa storia di 72 anni orsono, con grande atto di coraggio da entrambi le parti ci siamo incontrati in un commosso abbraccio di grazia e di perdono…” Testo che andrebbe letto in ogni manifestazione del 25 aprile. Da augurarsi che fra tanti gossip in circolazione Anna Vescovi pubblichi un libro anche su questo tipo di percorso interiore: può essere un seme di speranza.

Autore
Albino Michelin
25.04.2018

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