martedì 12 giugno 2018

SACRIFICI UMANI E MASOCHISMI PER PLACARE LA DIVINITÀ

E’ recente l’informazione apparsa sulla stampa che in Perù sono state rinvenuti negli scavi archeologici fosse comuni con sepolti da oltre 550 anni, previa esportazione del cuore, 140 bambini dai 5 ai 14 anni, che risulterebbero sacrificati alle divinità precolombiane Inca, Maya, Aztechi. C’è chi sostiene si tratti di inciviltà, chi di religioni aberranti, chi di una psicologia DNA radicata sin dalle caverne nell’animo umano, magari con diverse forme evolutive, secondo le quali, ogni divinità, rivelata o creata secondo i bisogni, da quella preistorica a quella attuale, qualsiasi essa sia, ti si rende amica e benevola solo attraverso sacrifici e offerte dei propri beni più cari e più importanti. Non occorre qui un lungo elenco di tutti gli olocausti subiti e operati dagli umani in materia. Euripide parla di Agamennone che imbaldanzito di caccia grossa promise di sacrificare la figlia Ifigenia. Sarà un mito però lo stesso voto viene descritto nella Bibbia, in cui si legge che Jefte promise in caso di vittoria contro i nemici di sacrificare alla divinità la prima persona che avrebbe incontrato al suo ritorno e si trattò di sua figlia. Nel Medioriente il dio del fuoco Moloch era ingordo di sacrifici umani: chi si avvicinava ad esso riceveva una luce ed una forza divina. Quando si costruiva una città era pure un rito religioso quello di uccidere un figlio e cospargere del suo sangue le fondamenta allo scopo di rendere patroni gli dei, e di far partecipe della divinità lo stesso figlio. In Grecia le baccanti sgozzavano i bambini per ottenere protezione dall’alto. In Svezia i vichinghi del nord offrivano sacrifici umani al Dio Odino. Le tribù celtiche ogni cinque anni organizzavano una specie di fiera agricola e si nutriva la Dea madre terra con il migliore dei concimi: bambini ed esseri umani. Il re longobardo Alboino aveva l’abitudine di bere il vino nel cranio della moglie Rosmunda. Ancor oggi in alcuni siti dell’Uganda ogni anno vengono consegnati 900 bambini agli stregoni per i loro riti propiziatori. Un classico da non dimenticare sull’argomento è il sacrificio di Isacco. Il libro sacro del Genesi racconta (22,1-18) che Abramo sente l’invito di Dio di prendere il figlio Isacco, condurlo sul monte e ucciderlo sopra l’altare per fare all’Eterno cosa gradita. Mentre Abramo stava per piantare il coltello nel giovane, Dio gli fermò il braccio e gli ingiunse di immolargli un capro lì accanto. Lo scrittore accenna che Dio voleva mettere alla prova il patriarca. Ora sia chiaro: se la vita è sacra Dio non può indurre nessuno in questo tipo di tentazione. Il caso merita una riflessione: si tratta di una trasposizione sul piano religioso di una civiltà che sta evolvendosi dal sacrificio umano si passa al sacrificio degli animali. Lo dimostra un altro passo biblico: Dio ha in abbominio i sacrifici umani (Giud.1,31). Che bisogno aveva Dio di fiumi di sangue degli animali sgozzati e sparso sugli altari? E in suo onore? Già i profeti cominciarono a contestare questa religione e questa civiltà: “voglio l’amore, non i sacrifici, la conoscenza di Dio e non gli olocausti” (Os.6.5). Per non dire poi come le cose cambiano radicalmente con Gesù: ”non hai voluto né sacrifici, né offerte”. Matteo(9,13) gli fa pronunciare un’espressione radicale in merito:” misericordia voglio e non sacrifici”. Indubbiamente nell’inconscio collettivo può sempre riemergere l’antico concetto: ”placare Dio con il sacrificio”. E se non si fa attenzione anche nella messa attuale ci capita dentro pari pari. ”La messa è il sacrificio della croce, nel quale Gesù ha espiato il peccato di Adamo e dell’umanità e ci ha riconciliato con Dio Padre”. L’idea non è barbina se ancor oggi certa stampa cattolica e certe radio Marie (circa 3 milioni gli ascoltatori), diffondono questa dogmatica, mistica del dolorismo, pena imminenti catastrofi e fine del mondo. Nessuno qui vuole mettere in discussione l’importanza e il significato della cena del Signore. Ma che Dio voglia o abbia voluto la morte di suo figlio innocente per salvare una massa dannata dal peccato di Adamo, dei suoi discendenti, di noi compresi, dobbiamo ammettere che tale regressione è opera di un teologo del 1200, certo Anselmo di Canterbury. Questi ritornava all’antico, all’immaginario collettivo nel quale tutti i popoli avevano considerato i loro dei alla stregua delle bramose autorità terrene e ritenevano necessario conquistare la benevolenza e la protezione loro con suppliche, donativi, offerte, spargimento di sangue degli innocenti. Rigurgiti che oggi si introducono nella sacralizzazione della sofferenze come grazia di Dio, piuttosto che una carenza da combattere, come in effetti fu tutta la vita di Gesù a beneficio del prossimo, quale immagine di Dio. Misticismo bolso quello che trapela e scende anche da qualche pulpito: “Dio fa soffrire quelli che ama”. Allora: Gesù morto per dare lode ed espiazione al Padre e così redimere tutti noi? Certo, morto non per sottrarci da una corrucciata ira divina bensì per liberarci dalle nostri passioni distruttive, per insegnarci che se non si paga di persona non si può delegare nessun altro. Non sono questi pensieri tanto peregrini, ma contributi di teologi contemporanei, quali Ortensio da Sp. , A. Maggi, A. Pagola e innumerevoli altri. Non si immola nessuno e non ci si immola nessuno per la divinità, ma per il bene, per la dignità e per la felicità dei propri simili: ed è lì che si incontra e si da’ lode alla divinità, facendo un pezzo di strada con colui, Gesù, che ha detto (Giov.10,10):” sono venuto perché abbiate la vita e l’abbiate in abbondanza.”

Autore
Albino Michelin
01.06.2018

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