mercoledì 8 maggio 2019

PECCATO ORIGINALE: SIGNIFICATO E IMPORTANZA DI UN MITO

Si sente spesso obbiettare che la bibbia, il vangelo, e tutti i libri fondativi delle diverse religioni sono soltanto una raccolta di leggende sacre, fiabe devozionali, miti ancestrali. A scopo di chiarezza si potrebbe evitare l’ammucchiata e limitarsi in questo vocabolario generico soltanto al mito per affermare che ad esempio la bibbia usa spesso dei miti e parecchi allo scopo di rendere comprensibile il messaggio desiderato ai destinatari di un tempo quasi preistorico. Il linguaggio per immagini è più comprensibile di quello teorico e filosofico. Per evitare discorsi nebulosi vale la pena scegliere fra gli innumerevoli dell’antichità greco romana come chiave di lettura il mito di Narciso, spiegarlo per poi introdurre e rendere comprensibile il mito del peccato originale. Narciso era un bellissimo giovanotto che specchiandosi in un laghetto di limpide acque si innamorò perdutamente della sua immagine e volendola abbracciare perse l’equilibrio, cadde nell’acqua e si annegò. Spiegazione psicologica o del vissuto: disturbo della personalità che indica come l’amore esagerato verso se stessi o verso la propria immagine devia e blocca il nostro mondo interiore. Un fatto quello di Narciso mai successo ma che vive sempre dentro di noi. Questa è la logica contenuta in ogni mito, che ovviamente ha bisogno di essere spiegato e trasferito dalla descrizione esteriore all’esperienza umana interiore. Il mito di Narciso, scelto a caso fra la letteratura antica, può risultare anche adatto a spiegare ad esempio il mito del peccato originale. Cioè l’uomo Adamo creato in sei giorni direttamente da Dio, la donna Eva creata dalla costola di Adamo, la disubbidienza nel mangiare il frutto da Dio proibito, il castigo inflitto da parte dello stesso Dio su di loro e su tutti i discendenti. Questo fatto descritto nel Genesi, primo libro della bibbia, storicamente non è mai esistito, però è realtà vissuta che ci portiamo dentro di noi. La spiegazione del mito è molto più comprensibile e accettabile che non la sua descrizione. Ma di qui la paura della chiesa la quale da sempre ha negato il poligenismo, cioè che l’umanità provenga da diversi ceppi anziché da una sola coppia. Ma questa paura oggi non sembra tenere più. Soprattutto per l’intuizione del filosofo antropologo Theilard de Chardin che sostiene l’evoluzionismo, mentre la chiesa per fedeltà alla coppia adamo-eva da sempre parlava di creazionismo. Grandi pensatori come Ricoeur affermava: non si dirà mai abbastanza come quanto male abbia fatto alla cristianità l’interpretazione letterale del mito di Adamo e quindi la trasmissione quasi biologica di una colpevolezza giuridica per l’errore di una altro uomo vissuto nella notte dei tempi. Teologo Panikar: la morte è un fatto biologico, non è una vendetta di Dio contro il supposto peccato originale. Teologo gesuita Castillo: il peccato originale è un mito che simboleggia la fragilità e la incompiutezza del genere umano. Thomas Merton: il dogma del peccato originale significa l’egoismo umano, quella forma centripeta che porta gli uomini a riferire tutto al proprio ego, a entrare in conflitto gli uni con gli altri e causare una serie di disgrazie, delle quali a torto si attribuisce la colpa a Dio, o a un essere superiore, al suo silenzio, alla sua assenza. Per F. Dostoevskij il peccato originale si identifica con la nostra concupiscenza, cioè quella forma di desiderio rapace e sfrenato che corrompe un po’ tutti gli ambiti della nostra vita.  Ma vale la pena ritornare a Theilard de Chardin e a quanto scrive il 15 aprile 1922: ”più conosciamo il passato e meno posto troviamo per Adamo e il paradiso terrestre. Adamo- Eva sono le immagini dell’umanità in cammino verso Dio”. Affermazione che ha spinto i detrattori di questo gesuita ad accusarlo di aver negato il peccato originale, il cristianesimo minando le basi dell’intera storia della salvezza. Nella concezione di questo prete scienziato la creazione non è qualcosa nata perfetta dalle mani di Dio e che l’uomo guasta con la sua disubbidienza, ma un’opera ancora incompiuta, in costruzione, secondo anche quanto sostenevano alcuni padri della chiesa primitiva orientale. Cioè si parla di continua creazione, significa che non siamo ancora pienamente creati, ma creature, participio futuro di derivazione latina che indica il nostro essere in divenire. Il racconto mitico della caduta dei progenitori oltre che la dichiarazione della nostra fragilità attesta il nostro costante bisogno di relazione con Dio, la nostra tendenza all’errore e al cedimento, una condizione nella quale l’uomo si trova da sempre, cioè da quando lentamente con l’evoluzione è sorta in lui la coscienza.  E questo è vero per gli uomini di ogni epoca.  I quali hanno una grande difficoltà di discernimento che li porta a scegliere il male come bene apparente. Anche perché il mondo in cui viviamo è   straordinariamente complesso, e per giunta in via di sempre maggiore globalizzazione planetaria. L’esistenza diventa difficile, faticosa e ambigua. Si riflette troppo poco che persino Gesù venne tentato. Egli poi riflettendo, lasciandosi illuminare e guidare dallo spirito di Dio, riuscì a distinguere chiaramente il bene dal male. Cosa che noi invece dobbiamo imparare a fare. Detto questo non bisogna dimenticare quante vittime ha prodotto nella chiesa fino a qualche anno fa l’interpretazione del peccato originale come mito anziché come accadimento storico, ritenuto tabù intoccabile, quale ci viene descritto nel primo capitolo del genesi, in un linguaggio, giova ripeterlo, figurato e accessibile alla limitata cultura del tempo. L’ultimo a intervenire drasticamente e autoritario fu Papa Wojtyla che si fece premura di tacitare, deporre dalle cattedre di insegnamento, accantonare fior fiore di teologi e studiosi laici in materia e che oggi con la ventata di ricerca scientifica auspicata da Papa Bergoglio possono ritornare proponendo una cultura adeguata al nostro tempo. Il che sta anche a dimostrare che l’istituzione chiesa non dovrebbe identificare il suo magistero con una affrettata tuttologia divina, ma essere anche discepola e in ascolto alle nuove interpretazioni del libro sacro senza qualificarle tout court di eresie, senza dare la caccia alle streghe e fare di ogni coscienzioso teologo un presunto inesistente eretico.

Autore:
Albino Michelin
25.04.2019

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