giovedì 5 settembre 2019

IL PROSSIMO TUO: UNA ESPRESSIONE SEMPRE PIÙ AMBIGUA

All’inizio di giugno molta gente nella piazza di Cremona assisteva ad una delle tante assemblee elettorali in vista delle votazione della seconda domenica dello stesso mese. Un giovane di 25 anni si è permesso di alzare una sciarpa con la scritta” ama il prossimo tuo”, frase evangelica che pero ‘ha irritato non poco i fans presenti che l’hanno strattonato e coperto di insulti, calci e ceffoni. Fortuna che tre agenti della polizia hanno interrotto l’aggressione. Il comiziante, si trattava del ministro dell’Interno Matteo Salvini lo schernì: “lasciatelo da solo poverino, fate un applauso al comunista.” E qui si può farci subito qualche considerazione. Ognuno può tenersi l’idea che le proprie opinioni religiose non vadano necessariamente sbandierate, come un tempo si salutava ad alta voce il prete per la strada con Cristo regni oppure sia lodato Gesù Cristo. Però l’incidente di Cremona va contestualizzato. A questo mondo non esistono solo comportamenti più o meno discutibili, ma anche i condizionamenti che li causano. Ora noi viviamo in un tempo di provocazioni gratuite specie da parte del leghista Salvini e dei molti suoi adepti. Il giovane della sciarpa con il logo ”ama il prossimo tuo” probabilmente ne aveva piena l’anima di tutta questa continua faziosità diffusa nei confronti dei diversi, che sta diventando stucchevole e aria fritta, e ha esternato il suo messaggio a favore di un senso civico e di una pacifica convivenza che dovrebbe essere la vocazione e la passione di ogni politico soprattutto di un ministro dell’Interno in un paese sedicente cattolico, ed esso stesso, il su citato ministro, sempre prodigo cabarettista a sventolare bibbia, rosario, crocefisso, sbavando il tutto pubblicamente con i suoi baci, impegolati dai negri emergenti baffi.
 Per quanto concerne il comunista viene in mente un gesto popolare di Gesù, la moltiplicazione dei pani. Iniziativa cui è più vicino Marx (1867) che non il fondatore del capitalismo, lo scozzese A. Smith (1776). Siccome Socrate aveva ragione nel dire che ogni uomo possiede un pezzetto di verità, Marx nell’ipotizzare una società senza classi e di tutti uguali era più vicino al vangelo di Gesù che non il capitalista A. Smith fanatico degli interessi personali ignorando i bisogni dei poveri della terra e dei terzomondisti. Che poi il marxismo nelle sue applicazioni dei vari comunismi sia stato deplorevole non c’è dubbio, ma almeno si salvi il poco buon grano dalla pula. Ora nella moltiplicazione dei pani operata da Gesù, magna carta su cui dovrebbe confrontarsi ogni politico, il nostro compreso, non è che il Signore abbia compiuto qualcosa di mirabolante, trasformandosi in un pastificio o in una cooperativa di fornai. E’ racconto simbolico. In realtà ha semplicemente ma fortemente convinto i presenti a mettere in comune i pani e i pesci che si erano portati da casa consigliandoli a dividerli con chi non aveva nulla. Così dividendo il poco tutti hanno avuto il necessario. A difesa del giovanotto con la sciarpa va affermato che i nostri governanti se invece di cercare nei migranti i colpevoli della disastrata economia nazionale, si adoperassero per diminuire la corruzione degli italiani e di molti cattolici, la mafia, l’evasione fiscale e tutte le furberie avremmo come conseguenza l’abolizione dei ladri faccendieri e l’equa sufficiente distribuzione dei beni fra i 60 milioni dei nostri comuni cittadini. Inoltre, sistemato il comunista, la sciarpa esibiva la scritta “amore del prossimo”. Questo è la radice fondante del nostro vangelo e del cristianesimo, cosa dimenticata da molti cattolici. Verrebbe da dire quali tempi sono questi, quando citare il vangelo e il suo messaggio costitutivo fondante può determinare la reazione furiosa di un gruppo di ultrà del ministro dell’Interno. Fino a che limite si è gonfiato il sentimento di rivalsa sociale intriso di odio politico se si arriva a interpretare tale messaggio innocente come un’aggressione alla propria identità di partito? Una prima risposta è che quelle parole sono tutt’altro che innocue, proprio perché ribaltano un senso molto comune che si basa sulla inimicizia, sulla “nemicità”, pulsione ostile e xenofoba indirizzata verso l’altro. Del Vangelo la parola più sovversiva e scandalosa è quel prossimo che può essere sia il vicino come il lontano. Comodo e anche facile è sentire come prossimo chi ci è vicino di pensiero, di idee, di interessi: quindi il sovranismo, il populismo, il nazionalismo, il prima gli italiani, il padroni a casa nostra. Comodo sentire come prossimo il tempo presente, il qui ed ora, e quindi l’autogoverno del proprio territorio e della propria gente. Impegnativo invece è accettare come prossimo il lontano, l’Europa, gli organismi e le organizzazioni sovranazionali, le convenzioni internazionali, l’ambientalismo, la salvaguardia del clima, il futuro, l’habitat delle nuove generazioni. Che non devono diventare prossimo, e quindi nostre nemiche, sono tutte le teorie, le dottrine, le religioni che intendono avvicinare l’altro, il distante, da amare come noi stessi. Il richiamo del vangelo può essere interpretato da molti come accusa politica e lo è sul serio. Lo dimostra l’associazione mentale tra il dissenziente della sciarpa e il nostro ministro istigatore di pregiudizi. Ovvio che qui ne va del vangelo e tradurre questo vangelo autentico in politica diventa il grande problema. C’è da aggiungere che oggi la politica per sfregiare gli avversari, e che pure sono il nostro prossimo, si nasconde con violenza sul social. Tanto odio verso tutti: stranieri, donne, omosessuali, disabili, ebrei, musulmani, specie i migranti. Per denigrare chi solidarizza con i migranti si fa abuso del termine buonista, obbiettivo degli intolleranti della tastiera. “Buonista”, aggettivo di conio recente che dovrebbe riguardare l’ostentazione dei buoni sentimenti. Ostentare i buoni sentimenti non ha mai fatto male a nessuno, ostentare l’odio invece sì. Certo non va dimenticata l’obbiezione di chi sostiene che l’amore verso il prossimo comincia dall’amore verso se stessi. Come dice Gesù’: ama il prossimo come te stesso. Quindi se stessi, la propria famiglia, il proprio paese, la propria patria, casa nostra. Non si tratta qui di creare una scappatoia per uscire dal dilemma. Anzitutto se uno ama se stesso non può, non riesce a odiare gli altri. Se si scartano e si buttano a mare gli altri non si ama nemmeno veramente se stessi. Se si nutre rancore verso gli altri non si riesce ad amare se stessi, perché il rancore ammala il cuore, la testa, la famiglia, porta alla vendetta, avvelena e destabilizza il mondo interiore della persona. Il bene al prossimo va fatto non solo perché esso ne ha bisogno, ma perché primieramente ne ha bisogno colui che lo compie. La serenità delle relazioni verso gli altri ci ritorna come serenità verso noi stessi. Strano ma vero, l’amore verso il prossimo porta come conseguenza anche all’amore verso se stessi. Qui viene in mente il mito di Antigone del poeta greco Sofocle (496-406 a. C). Una ragazza condannata a morte dal re Creonte perché si è posta contro la legge, e fedele all’amore fraterno aveva sepolto il corpo del fratello traditore in guerra, quando il cadavere avrebbe dovuto marcire insepolto, mangiato dagli uccelli e dalle fiere. Essa sfidò la legge del potere per amore del sangue, della coscienza, cioè per un valore morale. E prima della esecuzione disse: “sono nata per condividere l’amore e non per condividere l’odio.” Espressione citata 400 anni pima di Gesù, a significare che la legge naturale dell’amore del prossimo è iscritta nel cuore di ogni uomo oltre che sulla sciarpa del giovane cremonese.

Autore:
Albino Michelin
03.07.2019 

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