domenica 21 giugno 2020

LA RISURREZIONE DELLA CARNE E L'ETERNO RIPOSO

Ricevo mail da V. R. di Bologna il quale in succinto chiede il significato di quel “dogma “credo nella risurrezione della carne e del corpo” in quanto nell’aldilà potrebbe non sentirsi a suo agio senza il corpo con il quale ha convissuto”. Qui per rispondere bisogna limitare il vasto problema, domanda semplice risposta complessa. Nel senso che non è opportuno chiudere la bocca ingiungendo di credere e tutto si risolve, cioè far calare dall’alto come una mannaia la parola di Dio, le lettere di Paolo, i canti nelle messe da funerale come “io credo, risorgerò”. Si può tentare di partire anche dall’esperienza pratica (includendo così pure i non credenti). Cioè dall’ipotesi che l’uomo sia stato pensato e voluto da Dio, non importa se per creazione o evoluzione. E’ nella logica che ogni artista lasci nell’ opera l’impronta del suo genio per cui non avrebbe senso parlare della risurrezione del nostro corpo se non costatassimo dentro di noi predisposizioni, tensioni, aneliti verso la sopravvivenza, l’angoscia di dover sparire. Siamo come un chicco di frumento sotto terra che contiene tutto il DNA per diventare spiga o una pianticella per diventare un grande frondoso albero. Qui bisogna riferirsi ai predecessori greci che per dire vita usavano due espressioni: Zoe, che significava la ciccia dell’uomo, la pelle degli animali, la scorsa delle piante, tutte vite destinate alla stessa fine e corruzione. L’altra espressione era Bios che significa “il senso” della vita, cioè la felicità, l’intuizione, l’amore, l’’estasi, l’arte, la musica, la luce, lo slancio verso il futuro. Questa è un’altra vita, fa parte della persona, dell’individuo, che la zoe, vita animale non possiede. E chi può con certezza asserire che non possa continuare dopo la morte? Ciò premesso si osserva che la vita eterna non ripugna alla nostra attuale esistenza, anzi ne sembra quasi una premessa. Qui si presenta la realtà della morte nella quale il corpo zoe fa una fine come l’animale, come l’erba del campo e lo dice pure bene il Cohelet della Bibbia. Ma è cosi scontato che la Bios segua la stessa sorte? Considerando la nostra struttura dal punto di vista psicologico potremmo dire che non è una contraddizione. La morte potrebbe considerarsi come un passaggio da una tipo di vita peritura ad un altro imperitura. Inoltre: se dopo la morte fisica si parla di risurrezione del corpo, come la mettiamo? Intanto non può trattarsi di una rianimazione del nostro cadavere ed una ripresa del corpo di prima. Con quale corpo? Chi è morto senza una gamba se la riprende? Chi abbrutito dalle intemperie riprende la sua pelle essiccata? Aggiungi poi che avere il corpo è un bel vantaggio, ma anche un limite. Io non posso volare perché questo mio corpo non ha le ali, ma il mio pensiero arriva in un attimo ai confini del mondo proprio perché non ho le ali. Inoltre si pensi a eventuali miliardi di corpi ammassati in cielo. Un caos, peggio che un immenso Maracanà. Nell’aldilà la persona viene integrata nella pienezza di Dio o dello Spirito Universale. E qui viene in aiuto Gesù il quale dice:” chi crede in me ha la vita eterna”. Non dice avrà la vita eterna. Eternità per Gesù non significa durata temporale senza f fine, ma intensità e pienezza qualitativa. Questa vita c’è già qui, in pienezza nel credente, e dopo la morte continuerà in ulteriore sovrabbondanza. Un concetto che ci avvicina all’affermazione che nella sopravvivenza l’uomo non avrà questo corpo, perché richiederebbe spazio è quello di V. Mancuso, il quale ricorre al bosone di Higgs, chiamato particella di Dio, origine di tutta la natura creata. E’ particella reale con massa zero, attestando una dimensione più reale di quella materiale. Tentativo di approccio al fatto che il corpo risorto potrebbe essere reale senza occupare spazio. E qui una domanda complementare: ma che fanno quegli esseri risorti tutta l’eternità: Contemplare il volto di Dio? Sarà anche meraviglioso, ma che pizza direbbe il biblista A. Maggi. L’eterno risposo. Non viene la voglia di cambiare canale? Quella preghiera non sembra quasi una condanna alla noia eterna, agli arresti domiciliari, all’ergastolo? Questo studioso stesso si risponde riferendosi all’atteggiamento di Dio nella Bibbia che crea sempre cose nuove.  Dio è novità, non ripetitivo, né monotono. E noi non siamo qui sulla terra on tensione verso la creatività infinita? Così sarà nel post mortem, dove si potrà realizzare all’infinito tutte le qualità implicite nella nostra esistenza. Né si deve attendere la fine del mondo, perché quella avviene già alla nostra morte. E’ descrizione di un rinvio temporale di ciò che avviene nel momento del nostro trapasso. Riflessioni queste che non vogliono essere pensieri piosi e devoti, frutto di una religiosità consolatoria, ma di ragionevoli ipotesi che nascono da una riflessione sull’essere uomo e sul suo destino.

Autore:
Albino Michelin
29.04.2020

Nessun commento:

Posta un commento