lunedì 22 giugno 2020

PER ECCLESIASTICI E CREDENTI DAL CORONA VIRUS TANTE OPPORTUNITÀ

Già all’Inizio della pandemia circolavano gli slogan, io resto a casa, andrà tutto bene, distanti ma uniti, con il folklore dell’inno d’Italia. Fra autocensura, clausura, assunzione di responsabilità, con un sentimento di fondo chiamato impazienza. Dentro a questa esperienza c’è passata anche la chiesa. Come l’ha vissuta e soprattutto come ne esce se lo chiedono con molti. Ritornare come sempre o ripartire in modo nuovo? Intanto bisogna dare atto senza suono di trombe agli oltre 120 preti caduti sul campo vicino alla propria gente e in modo particolare al bergamasco di Casnigo, 72 anni G. Berardelli che prima di morire ha donato il proprio respiratore ad un degente più giovane, perché aveva un futuro davanti, diede la vita per gli altri. Accanto a questa ovviamente vi sono stati comportamenti variati come quello del Vescovo di Ascoli Piceno G. D. il quale intimò al governo o ci apre le chiese o ce le prendiamo noi e che lo stato non ha nessun diritto di proibire il culto, a parte che si batte per quell’esigue minoranza del 20% in genere anziani che frequentano la domenica, o quella del Cardinale R.B, che non indossò la mascherina perché il Signore è più forte del virus, o di qualche ecclesiastico che in chiesa litigò con l’ordine pubblico perché si era permesso di officiare in trasgressione alle regole, o dei diversi preti nel sud che hanno abbozzato processioni con Madonna lacrimose a memoria  dei presunti miracoli delle pesti nere, o di quel prete che salì in elicottero con l’ostensorio a benedire la città o la Cei Conferenza Episcopale italiana che ritornò a lamentarsi col governo esigendo l’apertura delle chiese in anticipo  cui il  papa rispose di pregare il Signore affinché ci dia la pazienza di osservare le prescrizioni civili (indirettamente una predica agli italiani in genere carenti di senso civico), e aggiungendo in altra occasione che in chiesa in mancanza del segno di pace con la mano si può benissimo fare un sorriso a distanza guardandosi negli occhi piuttosto che darsi la mano guardando per  terra. O qualche dibattito fra teologi di alta levatura come quello Fra il Cardinale Koch e Magnus Street, il primo a sostenere che è fanatismo affermare che la scienza possa sostituire la preghiera in queste disgrazie e il secondo a ribadire che è fanatismo pretendere che la preghiera sostituisca la scienza, che anzi la preghiera non cambia le leggi di natura create da Dio ma serve solo a cambiare l’atteggiamento interiore della persona. Cioè è emersa una parte di chiesa materialista, ritualista, quella dell’ex opere operato (basta il gesto formale, magico per compere il miracolo) anziché dell’ex opere operantis, cioè la necessità del cuore da parte del richiedente. D’altra parte è emersa anche un’altra chiesa quella domestica, in famiglia, con i propri congiunti. E qui abbiamo avuto dei credenti, che hanno concelebrato la messa on line, Instagram o fb. E ci pare secondario l’intervento di qualche vescovo o parroco che ha raccomandato di tralasciare le loro preghiere allorché celebrava il papa, il pastore della diocesi, il parroco, quasi a temere una concorrenza all’autorità. In tutti i casi si è riscoperto accanto al culto in comunità anche quello della coscienza personale secondo quanto diceva Gesù di raccogliersi a pregare nella propria stanza. Si sono avuti casi meravigliosi in famiglia che riferendosi al vangelo: “dove due o tre persone sono riunite nel mio nome là ci sono io” hanno avuto esperienze stupende. Come chi durante la settimana santa ha organizzato la via crucis con un bambino che ritagliava la grande croce, l’altro Pilato, l’altro il Cireneo. Oppure il giorno di Pasqua in cui qualche famiglia celebrò la cena del Signore: un ragazzino a preparare la tavola, l’altro le candele, l’altro il pane e il vino, i genitori ad estrarre il racconto del vangelo e le preghiere del messale, tutti a ripetere la cena del Signore. Nessuna dissacrazione perché non si trattava della messa del sacerdote, ma della esperienza pasquale e domenicale. Nessuna intenzione di simulare il sacramento, ancorché un momento del genere può avere per la coscienza personale più sacralità del rito codificato. E tante altre iniziative fatte in famiglia con l’ausilio dei catechisti che passavano il materiale didattico. Questa si può chiamare chiesa in uscita, quella che finora ci è mancata, nel senso che invece di entrare nella parrocchia istituzionale si rientra nella parrocchia familiare. Questa pandemia è stata una risorsa anche per Papa Francesco che ha rilanciato per tutto l’anno studio e attenzione alla sua Enciclica “Laudato Si” di quattro anni fa sul rispetto della terra, delle sue leggi, dei suoi equilibri. Giusto perché noi di questo virus diamo la colpa al cinese o al bavarese, il vero virus invece è l’uomo che non rispetta il creato. Per cui il papa ci apre uno sguardo universale. Non c’entra il castigo di Dio. Il virus ha messo ogni cosa al suo posto per insegnarci ad evitare guai peggiori.

Autore:
Albino Michelin
14.05.2020

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