giovedì 3 settembre 2020

QUANDO LA PREGHIERA È PRETESA DI PIEGARE DIO

Sebbene sia antica quanto la storia umana la corruzione con le sue forme, astuzie, maneggi è diventata oggi l’espressione fra le più degradate della nostra società. Appropriazione indebita, furto, estorsione, frode, favoritismi, nepotismi, un lungo eccetera. Poliziotti che lavorano in nero, giudici che vendono assoluzioni, insegnanti che distribuiscono titoli di studio, medici che curano privilegiando familiari in cambio di favori, persino papa Bergoglio che continua a lamentare la corruzione della chiesa, siamo al trionfo della bustarella, delle raccomandazioni, delle amicizie. Senza parlare dello sfruttamento selvaggio delle risorse naturali. L’Italia non si fa mancare nulla al riguardo, essendo fra le prime in Europa e al 51.mo posto nel ranking mondiale insieme con Rwanda e Arabia Saudita, ma la corruzione è di casa in tutti gli stati, struttura di fondo del nostro convivere. Sembrerà fuori luogo e forzatura l’accostamento “come in terra così in cielo”? La corruzione nella sua particolare forma di scambio e manipolazione si pratica anche nei nostri rapporti con Dio con la Madonna e i santi suoi? Dio si lascia forse comperare? Zorba il greco in un romanzo scatta a dire:” Vergine santa lo sai che ti porto l’olio e accendo candele per mia parente che si contorce nei dolori e chiede aiuto, non la senti? Se tu non fossi la madre di Dio avresti già saporato il legno di questo bastone”. Preghiera simile circolava anche qualche tempo fa nel sud Italia:” Santo Gennariello, fammi la grazie se no ti pesto.” E se la grazia non arrivava si chiudeva il conto con “ma va faccia di pommodoru sfattu “. E’ una prassi largamente diffusa quella di indurre Dio con sacrifici, preghiere, rituali, voti, ad ottenere grazie e protezione. “Do ut des”, ti do affinché tu mi dia. Aspettative del genere si trovano nella maggior parte delle religioni dalla preistoria fino ai nostri giorni. Comprensibile anche se deplorevole e inefficace. Nelle Bibbia dell’Antico Testamento prima di Gesù era logica quotidiana. Però non facciamo di ogni erba un fascio. Anche lì si riscontrano colpi d’ala, input per una inversione di tendenza, barlumi profetici, pure se mescolati ad una mentalità magica, presente assai nei libri sacri. Nessuna contraddizione ma un passo in avanti e due indietro, e viceversa con ricadute e riprese, com’è il cammino lento e faticoso della storia. La Bibbia si spiega con la Bibbia, cioè con il confronto dell’insieme, discernimento, cultura e coscienza. Se nell’Esodo 20,24 si legge che Dio consiglia:” farai per me un altare e sopra di esso offrirai i tuoi olocausti” nel salmo 50(7,12) invece egli afferma:” non ti rimprovero per i tuoi sacrifici, però non prenderai animali dal tuo ovile, perché mio è il mondo e quanto esso contiene.” Caso mai gli animali e i sacrifici offerti sono occasione di festa comune. Ancora più forte il brano del Siracide (35,14) sempre dell’Antico Testamento:” non comprerai Dio con doni, per lui non c’è preferenza di persone”. Ma non plus ultra va considerato il passo di Esodo 3,14: “Io sono colui che è…ho visto la miseria del mio popolo, udito le sue grida” Chiaro qui il richiamo: Dio non ha bisogno dei nostri sacrifici, né di intercessioni né di intercessori, è qui per noi, gratuitamente, ci ama indipendentemente dal nostro comportamento. Come un genitore che ama il figlio non perché fa il bravo e gli da’ soddisfazione, ma perché è suo figlio. Certo la gente che insiste con le sue devozioni, le campagne di preghiere, i pellegrinaggi, le messe per le anime del purgatorio e per le orazioni personali fa commozione. Perciò non si può parlare dell’inutilità’ della preghiera, quanto piuttosto del suo scopo che è quello di sentire la presenza di Dio dentro di noi, anche se Dio non ci libera dalle nostre disgrazie, che non sono un suo castigo, ma una condizione della nostra natura umana. Gesù ha portato una rottura di questa logica, cioè della preghiera come strumento per piegare Dio al nostro interesse, non vuole l’uomo schiavo, messo in ginocchio. In Effetti nella diatriba con gli scribi che lo rimproverano come mai i discepoli del Battista fanno penitenza mentre i suoi frequentano pure banchetti Gesù risponde:” misericordia voglio e non sacrificio”.(Mt 9,13) Recentemente la chiesa ha corretto un brano del padre nostro, “non abbandonarci alla tentazione” al posto di “non indurci…” Però sarebbe desiderabile anche una riconversione di quella preghiera durante la messa:” pregate fratelli perché il mio e il vostro sacrificio sia gradito a Dio padre onnipotente” in quest’altra o in una equivalente:” preghiamo fratelli e sorelle perché questo nostro incontro di comunità e di agape ci renda partecipi della grazia di Dio e della forza del suo spirito”. Un banchetto di gioia-Diversamente ritorniamo a Zorba, che non esaudito nel suo schema di preghiera diventò aggressivo e frustrato nei confronti di Dio.

Autore: Albino Michelin
10.08.2020
albin.michel@live.com

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