giovedì 26 aprile 2018

IL REGNO DI DIO: LA PIRAMIDE ROVESCIATA

In genere un articolo si scrive o a scopo di cronaca per raccontare un fatto, o a scopo storico per conservarlo negli archivi, o a scopo morale per mandarlo alla riflessione dei lettori. Un po’ meno per rispondere ad una domanda di una persona che recentemente fece un’osservazione, rara nel genere, concernente una preghiera che si recita dal sacerdote dopo la mezza messa e che suona: ”Ricordati o Padre della tua chiesa diffusa su tutta la terra in unione con il nostro papa… il nostro vescovo… e tutto l’ordine sacerdotale”. E aggiunge: ”qui abbiamo la piramide rovesciata, non si inizia a pregare dalla base, per il popolo, per gli ultimi, per i poveri, ma per quelli che siedono al vertice della gerarchia. Gesù avrebbe incominciato dagli ultimi, infatti si ricorderà l’espressione passata in proverbio, beati gli ultimi perché saranno i primi.” L’osservazione è azzeccata e pone l’accento sullo scopo per cui Gesù è venuto sulla terra. Non certo in primis per essere olocausto gradito al Padre e morire sulla croce allo scopo di riparare il peccato di Adamo trasmesso ai discendenti e così redimere tutti noi mortali. Ma per costituire il Regno di Dio sulla terra. Diciamo “Regno di Dio” e non la chiesa, da Gesù pensata come strumento per testimoniare, divulgare, diffondere il Regno di Dio sulla terra, con tutti i rischi legati agli uomini che vi aderiscono e la compongono. L’equivoco sta nel considerare e nell’aver considerato il Regno di Dio come un regno mondano, un principato, un ducato, una repubblica più o meno presidenziale con al vertice il papato e la curia romana identificata con Dio. Pur considerando la necessità di questa istituzione non va dimenticata la sua funzione di servizio, che se dovesse mancare casca il palco. Si ricordi che quando Pietro spazientito sollecitò Gesù distogliendolo dal morire in croce e invitandolo a costituire il regno d’Israele si sentì rispondere: ”vai indietro da me, satana, tu non sai di che spirito sei.” In questo senso aveva ragione il teologo modernista Loisy (1857-1945) quando affermò che Gesù à venuto a fondare il Regno di Dio ed è nata la chiesa. Chiaro che nulla si vuole togliere al molto bene che essa ha fatto lungo i secoli a beneficio dell’umanità, ma vanno posti i puntini sugli i per evitare che la gente confonda l’essenziale con il secondario. Per giustificare l’asserto va chiarito che Gesù nel tre Vangeli sinottici, Matteo, Marco, Luca parla 120 volte del Regno di Dio e soltanto due volte di chiesa, e questa citata unicamente da Matteo preoccupato com’era di non urtare la sensibilità egli ebrei convertiti al Cristianesimo, la cui educazione era legata alla regalità del tempio, del re Davide e dei sommi sacerdoti. A dire il vero Matteo non usa mai l’espressione Regno di Dio, ma regno dei cieli in quanto per la tradizione di Mosè e degli israeliti era proibito nominare il nome di Dio. Doveroso qualche passo fra i molti che conferma il sin qui detto. Gesù se ne andava per le città e villaggi predicando e annunciando la buona novella del Regno di Dio. (Lc.8,1). I dodici partirono e passavano di villaggio in villaggio annunciando la buona novella e operando guarigioni. (Lc.9,6). Chi non accoglie il Regno di Dio come un bambino non è degno di me. (Lc.9.60). E nell’insegnare come pregare Gesù sottolinea la richiesta: Padre venga il tuo Regno. (Lc.11,2). Nel processo davanti a Pilato dichiara: sì, io sono re, ma il mio Regno non è “di” questo mondo. Intendeva dire “in” questo mondo, ma non nella logica di questo mondo. Difatti Paolo (Rom.14,18), anni dopo la morte del maestro, lo spiega bene sottolineando che il Regno di Dio non è questione di cibo e bevande, ma giustizia, pace, gioia dello Spirito. Il che significa che se si seguisse questa logica non vi sarebbe bisogno di dichiarare, guerre, invasioni, terrorismi, infanticidi, rapine e colonialismi, morti di fame, galere e forche. Quindi nel Regno di Dio non è questione di rafforzare le frontiere, gli arsenali militari, affinare egoismi, escogitare astuzie, ma di rapporti umani, giusti, rispettosi, solidali, capaci di amore e di perdono. E quando Luca (10,11) afferma che il Regno di Dio è vicino, anzi è in mezzo a noi (17,11), dentro di noi, non si tratta di ridurre tutto ad un intimismo personale e individuale, bensì ad una trasformazione che abbraccia la totalità delle vite, delle strutture, delle persone. Gesù che chiama Dio suo padre ci garantisce che il Regno di Dio non viene a distruggere le persone, ma il male dentro di noi che sta alla radice di tutti i soprusi sociali. Gesù non fa appello ad un intervento miracolistico di Dio, ma ad un cambio di rotta, di comportamento interiore dei singoli, che non si effettua con manifestazioni puntuali, ma certo con azioni continuative. Che qualcosa nella piramide rovesciata si stia raddrizzando lo possiamo desumere anche dal un bel documento del Concilio Ecumenico 1965 ”Lumen gentium, Luce delle genti”, che al primo capitolo apre col proposito di Dio di ricondurre tutte gli uomini al suo Regno, al secondo mette in risalto il valore del popolo di Dio, solo al terzo affronta il ruolo della chiesa e della istituzione gerarchia. E papa Francesco nella sua ultima esortazione apostolica, “Gaudete et Exultate”, corposo fascicolo del 19.3.18 al nr.14 ricorda che per essere santi non occorre essere vescovi, sacerdoti, religiosi, quelli che mantengono le distanze dalla vita ordinaria, ma è una chiamata rivolta e possibile a tutti indistintamente. Da cui ne consegue che continuare a mettere sugli altari papi e clero sarebbe un privilegiare la casta, il papato, il vertice della piramide a scapito degli innumerevoli giusti anonimi di tutti i tempi, la base. La riforma quindi anche delle preghiere della messa per stare all’osservazione dell’interlocutore iniziale, sarà un processo lento, ma rappresenta già un seme di speranza.

Autore
Albino Michelin
24.04.2018

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