mercoledì 24 ottobre 2018

QUANDO LA CHIESA PRATICAVA LA PENA DI MORTE

Come spesso accade molte dialettiche e contrapposizioni accadono allorché Papa Bergoglio senza tante sedie gestatorie, concistori, ex cattedre dell’infallibilità, pubblica un documento come quello del 2 agosto 18 in cui abolisce l’articolo 2267 del Catechismo che permetteva sia pure in casi eccezionali la pena di morte, per quanto questa sia stata esercitata nella chiesa da quasi due mila anni. Non meraviglia che tale decisione sia presa da un Papa Francesco sapendo che quasi tutta la sua preoccupazione evangelico-pastorale verte sulla salvaguardia della dignità e dei diritti della persona umana. Va premesso un breve excursus storico della pena di morte praticata dalla chiesa dalle origini, non tanto per la soddisfazione di metterla sotto processo, cose che tutti conoscono magari travisando oltre misura, quanto piuttosto per evidenziare le motivazioni. E si vedrà che più importante del comportamento del tempo è il processo storico evolutivo che vi sottostà. Sappiamo che Mosè alcuni secoli prima di Gesù aveva compilato i dieci comandamenti, il quinto dei quali dice di “non ammazzare”. Gesù non lo abolisce, anzi lo completa aggiungendo che chi dice al suo fratello” stupido” sarà sottoposto al sinedrio (Mt 5,22). Non occorre qui fare la lista delle legislazioni in materia presso gli antichi egizi, persiani, orientali, greci, romani. Saltiamo a piè pari al 313 d.C. quando la chiesa eredita da Costantino tutti i poteri politici e privilegi dell’impero romano. Pro dolor la chiesa da perseguitata diventa persecutrice. In effetti con l’editto di Tessalonica nel 385 il cattolico Teodosio dichiara:” che il cristianesimo è religione di stato. Chi non vi aderisce o è un mentecatto o è miscredente e oltre che con la giustizia divina dovrà fare i conti con la giustizia umana”. Leggi: pena di morte. Qualche anno dopo, nel 415 la cristiana Ippazia venne lapidata dai suoi correligionari perché donna erudita in matematica, in fisica, in filosofia. Cioè quando alla donna non era consentita la cultura dei maschi. E nel 1179 Papa Alessandro III ingiunge ai fedeli di prendere le armi contro gli eretici, confiscare i loro beni, renderli schiavi, mandarli al patibolo. Saltiamo anche le guerre di religione e l’inquisizione per approdare al 1600 quando Giordano Bruno venne bruciato con sentenza di San Roberto Bellarmino, in quanto sosteneva la possibilità di vita in altri pianeti. E Galileo che alla stessa fine ci scappò per un pelo se non avesse abiurato alla giusta tesi che la terra gira attorno al sole. Saltiamo a Pio IX, il papa Re, ultimo baluardo dello Stato Pontificio. Alle sue dipendenze, certo Mastro Titta, Gian Battista Bugatti, il boia più famoso della chiesa, si occupò di 560 esecuzioni. Gli ultimi due ghigliottinati furono i patrioti Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti, 24 ottobre 1868, cui il pontefice, invano supplicato, non concesse la grazia. I metodi erano stati i più svariati: impiccagione, decapitazione, annegamento, lapidazione, lancio dal dirupo, crocifissione, sbranamento, sotterramento, bollitura, fame, sete, smembramento, tortura, martellata in testa. In genere si sbatteva il crocefisso sulla bocca al condannato per indurlo al pentimento estremo. Il vaticano abolì la pena di morte di fatto nel 1969 con Paolo VI e di diritto nel 2001 quando la Repubblica italiana l’aveva già abolita nel 1948. E venne il 2 agosto 2018 in cui, come detto, Bergoglio tolse anche il comma dal recente catechismo impegnandosi per l’abolizione in tutto il mondo. Oggi gli Stati del mondo sono 206, e la pena di morte vige in 58, del quali 37 in Usa. La resistenza dei cattolici si basa sul fatto che dottrina e tradizione in questo campo furono per secoli indiscussi. Persino S. Tommaso nel 1250 la sosteneva:” come un membro malato si può tagliare per salvare tutto il corpo, così una persona che attenta al bene comune, e diventa strumento di corruzione, va eliminata”. Sulla stessa linea il Concilio di Trento 1560 e il catechismo di Pio X del 1905. Sostengono i conservatori che allora la sacralità della vita non è più assoluta, che nella teologia si apre una breccia, ci si mette su un piano inclinato nei confronti di una eventuale liceità dell’aborto e del testamento biologico o suicidio assistito. Un tempo si blindavano le dottrine della chiesa con il logo: ”De fide, de fide divina, de fide catholica, de fide definita, de fide tenenda, de fide definienda”, ora salta tutto? Può sembrare strano, ma è assodato che la resistenza più dura provenga dai vescovi degli Stati Uniti. Il teologo fondamentalista Roberto De Mattei invita i cristiani a reagire contro questo nuova dottrina, cioè nuova eresia di Bergoglio. A tanta problematica si può rispondere: la costante ribadita da Gesù resta il rispetto della persona, le variabili e le modalità cambiano. Un tempo si dava più importanza alle verità che non alla persona, oggi si registra che a problemi nuovi vanno date risposte diverse. Dal punto di vista teologico: anche i dogmi hanno la loro evoluzione d’interpretazione, anche le tradizioni vanno storicizzate. Ad esempio la psicologia ci ha aperti alla consapevolezza che la dignità della persona non va eliminata neanche dopo i più efferati crimini, perché può sempre ripensarsi e ravvedersi. Non occorre finire sulla croce come il buon ladrone. Per cui esiste una distinzione fra crimine e criminale. Inoltre oggi un reo è facilmente perseguibile, e può venire catturato a differenza di un tempo in cui la cattura risultava più ardua. Ed ancora: oggi sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci che garantiscono una doverosa difesa dei cittadini. Insomma un discorso complesso che fa parte di tutto un mondo nuovo da approfondire e che potremmo titolare „Le costanti e le variabili della fede e della morale.”

Autore
Albino Michelin
24.09.2018

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