martedì 17 dicembre 2019

CODICE MORALE: SUICIDIO, RIMORSO, PENTIMENTO

Due fra gli innumerevoli casi che succedono possono indurci  ad esplorare il complesso mondo  della nostra coscienza. In un'aula del  tribunale il 29.11.19 un friulano di 38 anni F.M. condannato all'ergastolo dichiarò: "non merito il perdono, ho paura anche di chiederlo vista la gravità di  quanto compiuto". Si riferiva all'omicidio della fidanzata ventenne compiuto due anni prima, dopo il  quale vagò tutta la notte con il cadavere in macchina. Il giorno seguente fu trovato impiccato nel giardino  di casa . Contemporaneamente e  lo stesso giorno  il  settantenne svizzero V.P. da 25  anni  in    carcere  per violenze a donne e bambini, esausto da una vita senza affetto e senza relazioni  umane, fece pressante richiesta alle autorità competenti di  terminare i  suoi giorni con suicidio assistito nelle strutture adeguate dette della dolce morte. Due episodi di rimorso e di  impossibile pentimento dagli  esiti  fatali. Anche il  vangelo ci  riporta qualche caso del   genere: Pietro e  Giuda. Pietro aveva tradito il  maestro spergiurando di non  averlo mai  conosciuto in   vita sua, ma dopo il canto de gallo si ricordò di quanto predetto da Gesù. Uscì dal cortile del pretorio e pianse amaramente. L'altro caso, quello di Giuda, il  quale dopo aver venduto Gesù  per  trenta denari angosciato andò nel  tempio e gettò le trenta monete davanti ai  sacerdoti dicendo: "ho peccato tradendo il  sangue di un innocente". E uscito andò ad impiccarsi. Entrambi sentirono il rimorso del   tradimento compiuto. Il  più grave è quello di Pietro, perché tradire un  amico non è cosa da poco,  forse meno quello di Giuda perché vittima della passione del denaro. Il  primo si pentì, l'altro almeno apparentemente no,  in quanto l'evangelista Matteo calcò forse la mano perché non  godeva buon  sangue verso il  gruppo degli zeloti  di cui l'iscariota faceva parte. Anche se  in  dimensioni diverse rimorso e pentimento sono entrambi due emozioni della sofferenza di  un'anima  che pure noi  forse abbiamo sperimentato o potremmo sperimentare. Talvolta connesse hanno esiti  diversi. Il  rimorso è un disturbo profondo della personalità, legato al  senso di colpa che nasce dalla consapevolezza spontanea o causata dalla pena  sociale di avere  infranto un  codice morale, di  natura religiosa o laica,  poco importa, in cui però si recepisce il  confine fra illecito e lecito. Il rimorso riguarda il passato, ciò che non avremmo dovuto o voluto fare. Il pentimento non va confuso con rimpianto in   quanto questo è un rammarico ed un dispiacere per non   aver potuto o voluto fare qualcosa, che al  presente non può più  tornare. Esempio, quello di  un ragazzo che casualmente incrocia una bella ragazza, vorrebbe fermarla e  chiederle  il  numero del cellulare, ma quella senza avvedersene prosegue per la sua strada. Nel giovanotto resta il rimpianto di un'occasione perduta e irrepetibile. Il rimorso riguarda ciò che abbiamo scritto, il rimpianto ciò che è andato perduto e che ci riempie di nostalgia. Nulla a che vedere con il pentimento, conseguenza di una colpa. Il rimorso conduce solo a se stesso e appare insolubile. Il soggetto si identifica con la propria colpa, bloccato in un tunnel senza via d'uscita. Fortunatamente talvolta può maturare e passare verso un pentimento. In quest'ultimo avviene una separazione fra la colpa e l'io, uno spostamento dalla colpa all'io. L'io sente che ha ancora qualcosa da fare, che esistere ha ancora un senso. Nel rimorso si è faccia a faccia con a propria colpa, nel pentimento invece si registra un disagio attivo, di una nuova disponibilità. Il rimorso porta la pena della propria disperazione che non vede vie d'uscita, (primo caso e Giuda) mentre il pentimento intravede l'avvenir e, è convalescenza, un incipit della ritrovata salute interiore e spesso psicosomatica (caso di Pietro). Il rimorso parte dalla consapevolezza del bene e del male, e della loro distinzione, non importa se per una legge morale o religiosa o laica. Complesso invece e multi causale è l'incontro con persone che non hanno nessuna coscienza, oppure dichiarano di avere una propria coscienza, ma senza mai provare nessun rimorso, tanto meno pentimento, pur abbandonandosi ad ogni tipo di corruzione organizzata, malavita, micro o macro criminalità. Magari ostentando grande successo e auto compiacenza. Patologia e fragilità mentale che può diventare seriamente nociva a se stessi e alla comunità umana. Di qui si impone la necessità di un codice morale. Indubbiamente un'osservazione va fatta alla chiesa cattolica per aver fiaccato molte anime a causa del suo terrorismo psicologico, senso nevrotico di colpa, rimorsi e incubi da inferno permanente, ma tutto ciò non toglie la necessità di un codice morale. Ne hanno sentito bisogno tutti i popoli fin dall'antichità e non vi è nessun motivo plausibile a che la modernità l'accantoni come anticaglia inutile. Dal codice di Hammurabi degli antenati babilonesi alle leggi di Mosè con i 10 comandamenti, alle 12 Tavole romane, alla Magna Charta degli Stati moderni, con le loro costituzioni e accordi internazionali. Fino ad oggi non siamo ancora riusciti a promulgare un codice etico internazionale di valori condivisi. Esempio "tutti siamo uguali di fronte alla legge, senza distinzione di razza, di sesso, di religione." Ovvio che non si potrà mai avere perfetta omogeneità stante le diverse tradizioni, come chi utilizza ancora la pena di morte, chi lapida gli omosessuali, chi schiavizza la donna, ma almeno un codice di riferimento ci vorrebbe. Per alcuni può essere la Bibbia, per altri il Corano, per altri il Veda, per altri i pensieri del Budda. Però senza regole che ci aiutino a distinguere il bene dal male il pianeta non è un’aiuola che ci rende tanto felici, ma uno sterpaio da giungla. Specie nel nostro tempo nel quale l'uomo si identifica con il superuomo non di Nietzsche, ma super economico, che non viene apprezzato per la cultura, il buon senso, il senso civico, la solidarietà con i propri simili, ma per la quantità di beni materiali e per la loro sfacciata visibilità. In un mondo in cui si costata una fuga dal reale per vagare nel ipereale. O si comincia con le nuove generazioni dai bambini insegnando loro le regole, i confini fra il bene e il male, l'igiene della coscienza pure con un terapeutico senso di colpa attraverso cui imparare anche a chiedere scusa a se stessi e agli altri, tutte cose che fanno riferimento ad un codice morale. Oppure diamo ragione ai movimenti giovanili di Greta e delle Sardine, i quali pur non sapendo ciò che vogliono, sanno però ciò che non vogliono. Non vogliono un mondo caotico e senza regole come dalla nostra generazione alla loro consegnato

Autore
Albino Michelin
30.11.2019

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