lunedì 17 febbraio 2020

DOM FRANZONI: LA FORZA DI UN CREDENTE MARGINALE

Chi tiene qualche rapporto con il mondo religioso del nostro tempo non può dimenticare una figura storica di primo piano che molto ha contribuito ad attuare l’ultimo concilio ecumenico (1962-65), sia a livello di pensiero come di rinnovamento. Si tratta di Francesco Franzoni nato l’8.1.1929 da genitori italiani trasferitisi temporaneamente per lavoro a Varna in Bulgaria e tornato in giovane età a Firenze, entrato nell’ordine benedettino, fattosi prete nel 1955, diventato abate di S. Paolo fuori le Mura in Roma nel 1964, con l’appellativo tipico dei monaci dom anziché don dei preti diocesani, quindi vescovo della stessa basilica. Quale vescovo più giovane a 36 anni partecipò alle due ultime sessioni del Concilio, e fu uno degli estensori determinanti della costituzione pastorale sulla chiesa e il mondo dal titolo “Gaudium et spes”, gioia e speranza. Prevedendo l’eclissi del sacro, come è tipica intuizione degli spiriti profetici, mise tutto se stesso in opera orientando la chiesa e le sue storiche intransigenze verso un dialogo totale con il mondo moderno, aprendone le finestre in ogni dimensione. Aggiungasi a ciò il suo carattere non molto morbido e piuttosto decisivo avremo il quadro della sua personalità. Teologo per nulla banale, argomentava le sue tesi ancorandole alla bibbia. Il suo motto: tenere in una mano il giornale e nell’altra la bibbia. Coniugava l’ascolto del vangelo con la lettura delle situazioni politica ed ecclesiale del momento, che egli considerava Kairos’, cioè grazia. Fonda le comunità di base inizialmente giovanili, in cui gruppi di credenti si riuniscono per approfondire la propria fede. Con loro preferisce celebrare messa in piazza anziché in chiesa, perché sacra è la comunità e non solo la struttura di pietra. Suoi compagni di viaggio predecessori o contemporanei erano P. Mazzolari (1959), don Milani (67), La Pira (77), E. Balducci (92), D. Turoldo (92), Enzo Mazzi (2011), anime magari appartenenti al dissenso ecclesiale, con un piede dentro ed un altro fuori dall’istituzione, ma di rilevante spiritualità. Considerando la situazione politica si dissociava dalla scomunica della chiesa dal 1949 nei confronti del comunismo, fu per la libertà del voto al Partito comunista, si batteva per un socialismo dal volto umano, per questo fondò il movimento “Cristiani per il socialismo”. Le sue omelie domenicali venivano registrate da alcuni settori della chiesa che non avevano alcuna remora ad irrompere nella basilica di S. Paolo per disturbarlo allorché si dichiarava contro la guerra in Vietnam (1955-75), la speculazione edilizia della gerarchia cattolica, a favore e di una chiesa schierata concretamente a fianco degli ultimi. Ammirava Paolo VI non tanto perché l’avesse fatto vescovo, quanto perché nel 64 si spogliò del triregno, una specie di castello di gioielli e perle montate sul suo capo, rifiutando così di identificare il papa con un principe della chiesa. Però sinceramente non accettò e osteggiò l’enciclica “Humanae vitae” del 1968 in cui Papa Montini chiudeva al controllo delle nascite proibendo il contraccettivo. Nel 1973 pubblica la sua più importante lettera pastorale intitolata” La terra è di Dio” che scosse le coscienze anche dei credenti assopiti. Può essere intesa a pieno titolo come anticipatrice dell’enciclica “Laudato sii” Bergoglio 2015, edita 42 anni più tardi, sia per l’appello alla cura del creato, sia per il monito a non sfruttare il pianeta, a non farne uno strumento di arricchimento personale e di sopraffazione dei poveri. Il torto delle anime grandi è sempre quello di anticipare i tempi. L’apice delle sue prese di posizione avvenne in occasione del referendum sul divorzio del 12-13 maggio 1974 votato dagli italiani con una maggioranza del 60%. Egli si schierò con largo anticipo decisamente a favore definendolo un bisturi necessario. Non si poteva imporre l’indissolubilità ai non credenti o a chi lungo il cammino aveva perso la fiducia nel sacramento oppure costatava il fallimento del matrimonio.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Ed era inevitabile che la chiesa prendesse l’unico provvedimento a sua disposizione, quello di sospendere l’abate dalle funzioni sacre (a divinis) e ridurlo allo stato laicale. Dom Franzoni ovviamente continuò la sua attività di animazione cristiana, celebrando ugualmente la messa per i gruppi di base, dedicandosi al giornalismo, alle conferenze, alla pubblicazione di libri sugli argomenti urgenti che interessavano la chiesa di quegli anni. In effetti il mondo cattolico stava dividendosi in due tronconi, da una parte i conservatori a bloccare le aperture del Concilio, dall’altra i riformisti. Nel 1986 diede alle stampe il libro” Il diavolo mio fratello”, in cui nega l’esistenza di questo personaggio dalle ancestrali origini persiane, così come appare nell’immaginario collettivo popolare e nella catechesi cattolica. Analizza come credente e come uomo di religione rispondendo non solo alle affermazioni di Woytila secondo il quale il più grande successo del diavolo è quello di far pensare che non esiste, ma anche all’ affermazione di dannazione eterna, per cui non si può pensare che un dio il quale comanda di perdonare le offese 70 X 7 (cioè sempre) possa condannare senza misericordia per tutta l’eternità un’anima all’inferno nel pianto e stridore di denti. Allora sì che la nostra vita su questa terra sarebbe una favola narrata da un imbecille come affermava Schopenhauer. Nel 1991 si sposa con una giornalista giapponese, dello stesso gruppo buddista del calciatore Roberto Baggio, e così ha modo di approfondire le religioni dell’oriente, complementari al cattolicesimo. Nel 2007 viene convocato per testimoniare sulle virtù di Papa Wojtyla in vista del santo subito. Chiaro fu il suo diniego definendolo papa oscurantista, occultatore della pedofilia del clero, dirottatore del denaro dello Jor banca Vaticana verso Walesa e la Polonia allo scopo di sconfiggere il Comunismo, sotto la regia del fedele card. Marcinkus, responsabile della Bancarotta dell’Ambrosiano e del mistero Calvi, impiccato sotto il ponte di Londra. Nel 2014 scrive anche a Papa Bergoglio, chiarendogli la sua situazione e donandogli una copia delle sue memorie dal titolo” Autobiografia di un cattolico marginale”. Non voleva indossare i panni della vittima, né quelli del figlio prodigo, desiderava un colloquio. Per dirgli che forse non bastava aprire la chiesa verso le periferie, ma era necessaria una ulteriore progettazione e purificazione. Papa Francesco non rispose, probabilmente per non risvegliare frange di curia animate ancora da intenzioni punitive e bellicose. Cieco e sofferente morì il 13.7.2017. La chiesa ufficiale non amò tesserne gli elogi, ma l’interesse di dom Franzoni per il Vangelo, per il suo messaggio universale, per i poveri resta indelebile nella vasta cerchia di chi lo conobbe e di chi continua ad apprezzarlo attraverso i suoi scritti. Una doverosa memoria da consegnare alla innumerevole schiera di profeti a torto ignorati e per niente marginali.

Autore:
Albino Michelin
09.12.2019

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