venerdì 21 febbraio 2020

SULLA NASCITA DI GESÙ: LA DIVERSITÀ DEI RACCONTI

Non si ruba niente alla fede e alla devozione dei credenti se oggi gli studi e le ricerche di interpretazione sulla bibbia danno come conclusione che le narrazioni degli evangelisti Matteo e Luca sulla nascita di Gesù (gli altri due Marco e Giovanni non ne parlano) non coincidono, anzi manifestano qualche aspetto contradditorio. Allora si ricorre a salvare l’autenticità sostenendo che essi dovevano rispettare le narrazioni e profezie anticipate nei libri dell’Antico Testamento. Oggi nell’era tecnologica si direbbe processo di coppia- incolla. Come premessa va detto che anche la data della nascita di Gesù è incerta. Solo dopo oltre 200 anni forse con Ippolito la si fissò al 25 dicembre, come sostituzione della festa di Mitra, divinità induista, persiana, greco-romana, pagana, risalente a 1200 anni prima di Cristo, pure nato da una vergine, preposto al solstizio del sole a indicare che d’ora in poi il vero sole dell’umanità è Gesù. Ma gli antichi alla precisione delle date non davano molta importanza. Per loro importante che Gesù fosse storicamente nato e venuto al mondo, e questo rimane fondamentale anche per noi in quanto poi alla diversità delle narrazioni bisogna sapere che ciascun vangelo fu scritto diverse decine di anni dopo la morte di Gesù e che la sua vita quindi, detti, opere furono tramandate a voce prima di essere fissate su codice. Non esisteva un centro studi che distribuisse informazioni e vangelo a tutti. Quindi l’estensore Matteo e la sua scuola nulla sapeva della nascita di Giovanni Battista, di Elisabetta, di Maria sua parente, dell’annuncio a Maria di una gravidanza verginale, del saluto apparentemente sovversivo del magnificat, che Gesù fosse nato a Betlemme in una stalla, con l’adorazione dei pastori, la presentazione al tempio. Notizie tutte di cui parla Luca. Matteo riteneva che i magi erano venuti dall’oriente, che i genitori prima di risiedere a Nazareth erano fuggiti in Egitto, causa la strage di Erode. Informazioni queste di cui Luca invece non accenna. I due racconti non sono diversi, sembrano addirittura contradditori. Gli evangelisti con grande acume realizzarono dei montaggi, un po’ tirandoli per i capelli. Inoltre ogni evangelista e la sua scuola redigeva il vangelo secondo le sensibilità i bisogni, le necessità della sua comunità e relative caratteristiche. Non è che inventasse nella sostanza, ma nell’applicazione dei dettagli senz’altro. E quando si scriveva la storia di un uomo importante che aveva cambiato i destini del mondo si usava raccontare la sua nascita per eventi prodigiosi e così è avvenuto per Gesù. Ecco qualche esempio del procedimento copia-incolla. Tenendo davanti ben aperto e chiaro il testo dell’Antico Testamento. Isaia profeta in un oracolo del 740 a.C. scrive (7,14):” ecco una vergine concepirà e partorirà un figlio “e Matteo evangelista 800 anni più tardi riprende(1,22):” avvenne quanto detto dal profeta: ecco una vergine concepirà e partorirà un figlio” e in Samuele (primo libro 1,20) mille anni prima si legge:” Anna la sterile concepì e partorì un figlio”, Samuele appunto. Questo perché era nella logica degli antichi far nascere le persone importanti dalla congiunzione fra un dio e una ragazza vergine o una sterile. Da notare per inciso che la verginità di Maria fu definita come dogma dal Concilio Lateranense nel 649 d. c. Altro caso di copia-incolla riguarda il luogo della nascita. In Michea profeta 722 a. c. si legge, (5,1):” e tu Betlemme la più piccola delle città, da te uscirà il dominatore di Israele”. 800 anni più tardi Matteo nel suo vangelo scriverà (2,4)”: come dice il profeta, da te nascerà il capo che pascerà il mio popolo”. Per rispetto alla profezia Gesù bisognava farlo nascere a Betlemme, in realtà molti studiosi ritengono che sia nato a Nazareth. Infatti Luca lo chiama nazareno. (2,39). Terzo episodio di copia-incolla. Erode, l’eccidio dei bambini innocenti, la fuga in Egitto della sacra famiglia e la rimpatriata. Esodo 1200 anni prima di Cristo. (2,14) scrive che Mosè fugge dalla persecuzione degli egiziani attraverso il mar rosso alla ricerca della terra promessa. 1.300 anni più tardi Matteo (2,16) scrive che Giuseppe rimase in Egitto fino alla morte di Erode affinché si adempisse quanto detto dal profeta: “dall’Egitto ho chiamato mio figlio”. Non vale la pena citare molti atri episodi di copia-incolla. Solo è necessario convincersi che quando nei vangeli si incontrano delle contraddizioni si possono trovare spiegazioni e soluzioni attraverso questi montaggi. A titolo di curiosità e non solo, sembra opportuno aggiungere una tradizioni induista in cui si tramanda la narrazione di certo Gezeus Chrishna, predecessore indiano di Gesù, da cui secondo alcuni pare gli evangelisti abbiano copiato o siano da essa stati influenzati, Ecco il testo: “Avvenne l’annunciazione fatta alla vergine (Maria dei cristiani). b) Seguì l’incarnazione in essa di un dio nato sotto il nome di Wisnu’ (Gesù dei cristiani). c) L’evento fu annunciato ai magi e ai pastori. d) Allora avvenne la persecuzione del grande Raja’ (Erode per i cristiani) il quale fece ammazzare tutti i maschi, per la durata di due anni. Ed anche lui cioè il Chrishna è nato dalla vergine Devagumay (Maria dei cristiani) a Madera. Da più di 3.000 anni (quindi prima di Gesù) è disceso sulla terra a difendere i deboli, a predicare la morale. Anche lui si era proclamato seconda persona della trimurt (la Trinità dei cristiani). Redentore ante litteram di Gesù preannunciato dai discepoli indiani”. Sostituendo contenuti e nomi di questa leggenda indiana con la narrazione della nascita di Gesù nei vangeli si costata una profonda somiglianza. Che dire? Tutte fantasie, leggende, concorrenza, circolazione degli stessi miti fra diverse religioni? Forse una spiegazione si trova nel fatto che anche nelle tradizioni culturali e religiose dell’antichità precedenti a quella cristiana Dio ha seminato nel cuore degli uomini le stesse aspirazioni che poi diventeranno o sono diventate esplicite nel cristianesimo. Ma accettare di confrontarsi con delle difficoltà che incrinano apparentemente le nostre convinzioni ci permette, come afferma il biblista Enrico Norelli, di progredire e di comprendere che Dio anche se con nomi diversi appartiene a tutti e non ad una categoria di supposti eletti soltanto.
              
Autore:
Albino Michelin
23.01.2020

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