mercoledì 21 ottobre 2020

QUANDO L'INVIDIA UCCIDE

 

Uno studente di scienze infermieristiche di 21 anni A.DM. il 21-9.20 uccide con sessanta coltellate l’arbitro di calcio Daniele De Sanctis e la fidanzata Eleonora Manta di Lecce dichiarando poi di averli eliminati perché non poteva sopportare la loro felicità. Il 23.2.19 un altro giovane S.M. in località Murazzi di Torino accoltella alla schiena il coetaneo S.L. perché” camminava con aria felice”. In Russia il 19.7.19 due ragazze uccidono una loro ex compagna di scuola Viktoria Averina-sfigurandola facendole a pezzi il volto e confessano“ perché aveva un viso luminoso ed attraente”. Il sogno di distruggere la felicità degli altri, tipico dell’invidia. L’incapacità di accettare di essere o valere di meno. Probabilmente esistono molteplici concause, per cui è un percorso quasi proibitivo che devono intraprendere gli esperti del crimine quando sono chiamati a fare chiarezza in questo guazzabuglio del cuore umano. Certo però esiste l’odio con tutte le sue varianti, ma quello invidioso ne è la forma più sottile. Già il vocabolo invidia ci mette un po’ sulla strada di una certa comprensione: non vedere, non riuscire a vedere, non sopportare la vista, guardare di malocchio scrutare, osservare, fissare, spiare. O anche al rovescio: chi disprezza compera. Oppure screditare il valore con la diffamazione.“ Vorrei essere come lui, ma non posso, non riesco, quindi lo elimino perché irraggiungibile.” L’invidioso non invidia soltanto una qualità dell’invidiato, ma la sua stessa vita. Non è una semplice aggressività impulsiva e transitoria l’invidia, ma una passione profonda e costante. E’ sadismo, accanimento contro l’oggetto che punta a cancellare la dignità e l’esistenza dell’invidiato. La condizione di costui non dipende da ciò che fa, ma da ciò che è: un diverso, un difforme, un migliore se confrontato a me, quindi da eliminare quale deforme. Il Mito greco di Narciso è ancora più antico di quello di Adamo e di Caino. Narciso, l’invidia perché l’altro specchiato nella fonte che poi è lui stesso, gli appare più bello e per abbracciarlo si annega. Il mito di Adamo, Dio gli proibisce di mangiare il frutto dell’albero, ed egli per invidia che Dio gli sia superiore trasgredisce e si caccia nei guai. Il mito di Caino: primogenito, fratello maggiore per invidia nei confronti del fratello minore Abele, preferito da Dio perché riserva alla divinità gli agnelli migliori, lo uccide. L’odio e l’invidia come si vede sono più antichi dell’amore. L’invidia è un sentimento inconfessabile, ripugnante, masticato dentro e vissuto in solitudine. E qui non si dimentichi mai quali furono le ragioni e i motivi dalla stessa condanna a morte di Gesù. Non rifugiamoci sempre alla volontà del Padre che ha dato alla morte il figlio suo per redimere i peccati del mondo ma riteniamo storicamente quanto scrivono Matteo (27,18) e Marco (15,10):” Pilato sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia”. E’ dall’avere manipolato e strumentalizzato il popolo che i sommi sacerdoti hanno mandato in croce Gesù e dato origine all’antisemitismo e infine alla shoah dei nazisti contro gli ebrei. Fuori discussione che possa esistere anche il lato positivo dell’invidia, ma allora cambia termine e contenuto, va chiamata competizione. Negli Usa è normale identificarsi col vincitore e quindi sotto l’influsso della cultura protestante è spiccato il senso della emulazione. Mentre invece nei paesi di cultura cattolica la mancata emulazione, condizionata dall’educazione e dalla cultura plurisecolare di distacco e rinuncia alle cose terrene, fa risaltare una cerca insufficienza a confronto. Ma al di là del suo possibile lato positivo l’invidia resta sostanzialmente l’ulcera dell’anima verso chi è più bravo, più ricco, più intelligente, più fortunato, più bello di noi. Le religioni stesse la codificano come malattia dell’anima. Il cattolicesimo la pone al terzo posto del 7 vizi capitali che come noto sono: ira, avarizia, invidia, superbia, gola, accidia, lussuria. Il buddismo la considera premessa morale che porta all’odio. Il Musulmanesimo sostiene che essa appartiene a chi non lo professa. Le quali religioni poi sono d’accordo sull’importanza di conoscere e controllare i sintomi come: il rifiuto di collaborare per non portare vantaggi al prossimo, costante critica nei confronti degli altri, epiteti poco gentili verso chi si fa strada, ricerca di giustificazioni ai successi altrui, ipotizzare sempre possibili privilegi acquisiti dai fortunati perché disonesti, incapacità di godere del bene altrui, fare la volpe che non riuscendo a prendere l’uva desiste consolandosi che tanto è acerba. Di aiuto sarebbe in materia anche un po’ di autoironia e l’accettazione dei propri limiti, spesso delle stupende diversità e talenti, con quanto scrive il Metastasio:” Se a ciascuno l’interno affanno si vedesse in fronte scritto, quanti che invidia fanno ci farebbero pietà”.

 Autore: Albino Michelin    26.09.2020

albin.michel@live.com

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