lunedì 22 marzo 2021

LA DONNA IN SVIZZERA A 50 ANNI DAL DIRITTO DI VOTO

Negli ultimi due secoli dopo la rivoluzione francese e con l’affermazione dell’illuminismo, camminare al lume della ragione, tanti obbiettivi si sono raggiunti e in maggioranza positivi. Uno dei più difficili e laboriosi è stato quello della parità diritti uomo-donna. Nuova Zelanda per prima, 1907 Norvegia, 1913 Danimarca, Islanda, 1918 Austria, Germania, Regno Unito, 1945 Italia, 7.2.1971 Svizzera. Ovviamente qui ci limitiamo alla Svizzera. Si è trattato di un cammino lungo, difficile, conflittuale, anche se inizialmente condotto da una minoranza di donne. Nell’arco di 123 anni lungo il percorso rafforzato dal sostegno degli uomini, in modo particolare militanti nel partito socialista. Inizialmente la prima Costituzione Federale del 1848 dichiarava che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge, ma il diritto di voto era riservato solo a quelli di sesso maschile. La donna doveva restare fiera nella sua trilogia delle tre K. Küche, Kinder, Kirche (Cucina, bambini, chiesa). Uscire da questa trilogia significava snaturarsi, al che la chiesa aggiungeva il castigo per il peccato originale commesso nel paradiso terrestre, conseguente alla sua disubbidienza al Creatore nel mangiar la mela. In seguito alla promulgazione della Costituzione si sono formate le prime associazioni femminili intenzionate di esigere parità. Nel 1886 decisiva fu l’intraprendenza della prima leader Meta von Salis a calarsi nell’agone. Diverse richieste furono fatte al Governo Federale, chiaramente respinte. Se da una parte questo veniva chiamato il Movimento del Lumacone per la sua lentezza nel raggiungere gli obbiettivi, dall’altra si avverava quanto dice il proverbio “la goccia insistente scava la roccia”. Nel 1929 una petizione di 250 mila firme venne dal Parlamento ugualmente bocciata. Dal 1951 al 55 le varie associazioni e consultazioni divennero palla di neve, finché nel 1969 si organizzò una massiccia discesa in piazza di tutte le donne per reclamare questo loro diritto. Che venne raggiunto con la con la votazione federale del 7.2.1971: votanti 65%, favorevoli 66%, contrari 34%. Cantoni su 26: favorevoli 19, contrari 7. Il 29.4. 21 verrà commemorato l’evento con l’emissione di una medaglia d’oro. Gli altri 7 cantoni continuarono nel dibattito sulla parità dei diritti e finalmente nel 1990 con l’accettazione dell’ultimo, l’Appenzello interno, il suffragio femminile divenne totale a livello comunale, cantonale, nazionale. Ma dopo quella data ancora lungo fu e resta il cammino della donna per una effettiva parità. Ad esempio quella salariale. Si sa che nella Costituzione svizzera del 18.4.1999 iniziante con il preambolo” in nome di Dio onnipotente” si scrive:” l’uomo e la donna hanno diritto ad un salario uguale per un lavoro di ugual valore”. Parole rimaste troppo nel vento. La donna a tutt’oggi è penalizzata perché spesso lavora in settori a basso salario, vedi pulizie, ristorazione, commercio in dettaglio, più le incombenze di famiglia. Sei donne su dieci vivono con lavoro parziale, mentre 1,8 se si tratta di uomini. Nella busta paga delle donne abbiamo la media di 1.455 fr. mensili di meno in paragone. Le imprese sono debitrici alle donne di circa 10 miliardi all’anno. Il 56% di queste differenze può essere spiegato da fattori oggettivi, come la posizione professionale, l’anzianità, il titolo di studio. Tuttavia il 44% dei diritti salariali rivela una potenziale discriminazione in questo settore. Tant’è che il 14.6.2019 si è registrato uno sciopero nazionale nelle piazze inondate dalle femministe. Non basta essere femminili in questa società, quando occorre è opportuno diventare persone sensibili non solo alla gentilezza, ma alla giustizia per tutti. Di qui le” femministe”. Il 1.7.2020 è stata costituita una commissione sociale per le ditte superiori a 100 dipendenti a cui le donne possono rivolgersi contro questo tipo di discriminazione, ma le donne anche qui devono avere il coraggio di alzare la testa con una nuova attitudine solidale. Altro diritto da raggiungere è l’alternanza in famiglia uomo-donna. Si sa che dal 2005 la donna ha il diritto congedo maternità di 14 settimane e l’uomo dalla votazione del 27.9.2020 a 2 settimane, ma è ancora poco, anche qui processo lento. In quanto poi alle giovani della futura generazione esiste una disparità, nel senso che presso le scuole superiori abbiamo più donne che uomini, al contrario invece nei piani alti. Indubbiamente se in futuro si avrà una maggior cultura e presenza del femminile nella politica, nell’amministrazione, nel sociale avremmo anche una maggiore sensibilità e onestà nelle relazioni umane Vale la pena convincersi che la parità uomo-donna ad ogni livello gioverebbe ad entrambi le parti.

Autore: Albino Michelin   27.02.2021
albin.michel@live.com

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