mercoledì 17 marzo 2021

L'ETERNO PROBLEMA DEL PERCHÉ IL MALE

E’ la domanda che gli uomini di ogni tempo dal filosofo greco Epicuro (300 a.C.) ad oggi hanno posto agli dei e al nostro Dio o come negazione della sua esistenza o come negazione della sua provvidenza. L’argomentazione in sintesi sarebbe la seguente: o Dio può eliminare i nostri mali e non vuole e allora è un malevolo, oppure vuole e non può e allora è un impotente, oppure non vuole e non può e allora è un’entità inutile, oppure vuole e può e non interviene, ma allora è un essere inquietante. Il male è una realtà complessa e va analizzata per parti. Esiste una male metafisico, cioè conseguente al nostro mondo ed esistenza limitata, tipo catastrofi naturali, terremoti, inondazioni. Qui non lo mettiamo in conto nel senso che come oggi la meteo può prevedere il tempo di domani, così la scienza potrebbe in un futuro sia pur lontano prevedere anche questi fenomeni in modo da non costruire città su terreni sismici o soggetti a inondazioni. Esiste poi un male fisico: come il dolore degli innocenti, malattie interminabili, nati anomali, morti improvvise. Lo riprendiamo subito sotto. Esiste quindi un male morale: quello causato dalla coscienza o incoscienza degli uomini, come guerre, torture, discriminazioni, attentati, omicidi. In questo caso è insensato appellarsi a Dio, è responsabilità dell’uomo e chi causa il suo mal pianga se stesso. Esiste anche un male espiatorio, quest’ultimo scelto e invocato da determinate persone per motivi religiosi, frequenti nella storia del cattolicesimo, esempio fra gli innumerevoli Jacopone da Todi (1230) che chiede al Signore una cinquantina di malattie, dal mal di denti alle emorroidi per poter espiare i propri peccati, quelli dell’umanità, liberare le anime del purgatorio, identificarsi con le sofferenze di Gesù in croce, fermare la mano punitrice di Dio sulle iniquità del mondo. Qui un dubbio: più una strumentalizzazione masochista mascherata di spiritualità, da curare. Esiste infine un male di prova, tipico di quelli che sostengono Dio non vuole ma permette la sofferenza per sottoporre alla prova la fede del credente. Ricorda Macchiavelli che sosteneva il fine buono (tipo guadagnarsi il paradiso) giustifica ogni mezzo (la sofferenza). Come un padre che mettesse alla prova e conseguente rischio un figlio perché gli vuole bene: un caso da galera immediata, mi diceva un obbiettore. In tanta complessità ci si limita qui al male fisico, evidenziando la risposta data da Gesù quando gli presentarono un nato cieco dalla nascita chiedendogli chi avesse peccato, lui, i suoi genitori, i nonni, gli antenati. E questo perché alcuni curiosi avevano in testa il detto della Bibbia, (Dt 5,9) nel quale si legge che Dio punisce i peccati dei genitori nei figli fino alla terza e quarta generazione. Ma Gesù, predicando la buona novella che Dio è amore e non punisce nessuno, non entrava in discussione nel merito sapendo di essere venuto a completare e ad evolvere la legge dell’Antico Testamento. Altri presenti erano convinti che quel male, come ogni disgrazia venisse dal diavolo. Era la mentalità del tempo, persino degli evangelisti, che anche un semplice raffreddore ritenevano fosse opera del diavolo. Anche qui Gesù non entra in discussioni teoriche sapendo che l’ossessione del diavolo proveniva dalla dottrina di Zaratustra della Mesopotamia qualche secolo prima, perciò Dio non poteva avere dei concorrenti onnipotenti a contrastarlo. E su questo punto non manchiamo di rispetto dicendo che Dio è il primo ateo in quanto non può avere alcuna divinità fuori di lui. Altri curiosi rammentavano il mito delle origini, della ribellione di Adamo ed Eva a Dio a motivo della mela, quello che noi oggi chiamiamo peccato originale con il conseguente castigo di Dio sull’umanità a venire, quindi attribuivano a questo filone la disgrazia del nato cieco. Bene, Gesù chiarisce ogni dubbio e dichiara:” nessuno ha peccato, ma è così perché in lui si manifestino le opere di Dio” (Giov.9.2). Nessuna relazione fra peccato e malattia ma all’apparenza una risposta sibillina. La spiegazione qui di molti teologi attuali sembrerà una favola da barbi, però si situa nella logica della fede e del cammino della storia: nessuna nostalgia di un paradiso perduto, ma un progetto perché la creazione non è finita. Cioè Dio opera continuamente e con l’uomo affinché il dolore e il male vengano tolti dal mondo. Perché creazione ed umanità sono in cammino verso un mondo nuovo. Un discorso ricuperato e approfondito dallo scienziato teologo del nostro tempo T. De Chardin, e dalla sua scuola, secondo il quale l’umanità è in continua evoluzione da tre milioni di anni e forse chissà per quanti, con inizio dalla cosmogenesi alla biogenesi, alla noogenesi (mente), alla cristogenesi. Lungo percorso verso una umanizzazione sempre più perfetta, quando Dio sarà tutto in tutti (1 Cor.15,28). Questa l’attuale teologia e filosofia cristiana, sia pure una fra le tante, che però ha il vantaggio di rendere l’uomo cosciente a che il superamento del male e di tanti mali nel mondo è a carico della sua corresponsabilità

Autore: Albino Michelin   19.01.2021
albin.michel@live.com

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