martedì 11 maggio 2021

CENTO ANNI DI MARXISMO E DI CONVIVENZA CON IL CRISTIANESIMO

 Non si vuole per la circostanza rilanciare il partito della falce e martello contro il popolo del crocefisso e fare un comizio quanto piuttosto una considerazione dopo un secolo di marxismo, su divergenze, convergenze, reciproci influssi, quali siano i cromosomi, il DNA, il codice genetico del marxismo calato in un contesto cattolico. Anzitutto va chiarito che il marxismo non è scomparso, esiste ancora, secondo l’assioma che niente si crea, niente si distrugge. Può eventualmente restare invisibile come percorso di acqua carsica e poi ritornare a galla quando le circostanze storico-economiche lo rendono possibile per il rinnovarsi delle pressioni che l’hanno generato. Quindi più che scomparso si è trasformato ed evoluto. Anche il marxismo non è realtà dogmatica immutabile: lo dimostra la caduta del Muro di Berlino (1.11.1989), con altri fenomeni nel mondo. Esiste un comunismo bolscevico, maoista cinese, coreano, cubano, sudamericano, italiano. Tutti però fanno capo al filosofo Karl Marx (1818-1883) che nel 1867 scrisse il Capitale. In esso definisce il comunismo:” dottrina politica economica fondata sulla proprietà comune dei mezzi di produzione attraverso la lotta di classe, per un futuro di uguaglianza universale.” Allo scopo va bandita la religione, il quanto oppio dei popoli:” l’uomo ricorre alla religione perché in essa vi trova una droga e una condizione artificiale per poter sopportare le ingiustizie di qua’ e costruirsi un paradiso nell’aldilà e così sfuggire agli impegni del presente.” In effetti per Marx è l’uomo che ha creato Dio, non viceversa. Il capitalismo invece suo antagonista si fonda sulla “proprietà privata dei mezzi di produzione nella separazione fra capitalisti e proprietari nullatenenti. Per i marxisti senza pane non c’è anima, per i capitalisti produrre per il profitto e viceversa. Il capitalismo come struttura è più antico del marxismo, può risalire verso il 1400 con le scoperte geografiche e quindi con le colonie e la relativa tratta e sfruttamento degli schiavi. Per venire a noi, in Italia il comunismo come partito è stato fondato da Gramsci il 21.1.1921 e chiuso come nomenclatura il 13.2.1991, continuando poi come dottrina di sinistra riveduta e corretta con altri nomi fino all’attuale PD. Il percorso è sempre stato caratterizzato da un colpo al cerchio e uno alla botte, un piede su due staffe. Un occhio di riguardo alla chiesa da una parte e l’impegno per la classe operaia dall’altra. A riprova ne è la Costituzione italiana del 1947, stesa anche dalla Commissione comunista con Togliatti che ha inserito e approvato all’art.7 i patti Lateranensi del 1929 in cui si concede alla chiesa una serie di privilegi pure finanziari. Papa Pio XII (1.7.1949) ha scomunicato il comunismo, mettendo fuori una maggioranza di gente morta di fame, che ha pure dovuto prendere la via dell’esilio, in pratica dell’emigrazione. L’idea marxista invece ha preso quota con Giovanni XXIII e il concilio ecumenico del 1962, soprattutto rivedendo la “oppio del popolo” e orientandola chiaramente come Gesù verso un impegno sociale. Prima contaminazione in Italia fra Cristianesimo e marxismo. Ed è stata una fioritura, una nuova stagione di persone di alto profilo cristiano e di gruppi. Card. Lercaro, Vescovi come Franzoni e Bettazzi, preti come don Milani, laici come Dossetti, La Pira, Moro, comunità come quelle di base, cattolici per il socialismo, teologia della liberazione in Sudamerica, professori di università come G. Girardi e Lutte, ed una galassia di pubblicazioni. Non ostante l’era Wojtyla e il ventennio ruiniano, che volevano l’unità dei cattolici stile monolitico feudale sullo stampo dei secoli medioevali in cui vi è sempre esistita una doppia chiesa: quella imperiale a imporre e deporre imperatori, e quella pauperistica a fianco dei poveri, vedi S. Francesco. Persino recentemente abbiamo avuto il presidente della commissione europea (2014-19) C. Junker che il 12.1.2013 ebbe a dichiarare “Se l’Unione Europea non affronta la disoccupazione e il salario minimo garantito a ciascun paese dell’Europa rischia di perdere la classe operaia, per dirla con K. Marx” Che in tanto consesso si vada a citare Marx sa pressoché di rinascita. E per andare a Gesù’: fuori discussione egli non era né marxista né capitalista, però il suo impegno era diretto alla costruzione di un nuovo assetto sociale fondato sulle strutture dell’amore. Quando egli disse: beati i poveri “in” spirito non intendeva beati i masochisti, ma beati voi affinché prendiate coscienza della vostra situazione e vi adoperiate a liberare il mondo dalla povertà, come io vi libero dalle malattie, dalla fame, dalla depressione esistenziale. Senza dimenticare che le sue prime comunità, comuniste ante litteram, mettevano i loro beni in comune, modello oggi ovviamente non ripetibile, ma lo spirito di condivisione sì. Gesù non era contro i ricchi, ma contro il modo di gestire il capitale ricchezza. Certo esistono delle divergenze fra Marxismo e Cristianesimo: nello spirito, nelle motivazioni, nei metodi. Nei risultati con il capitalismo siamo alla pari, basati entrambi sulla violenza: Che il comunismo mandi in Siberia o finisca alla forca migliaia di renitenti non fa differenza con il capitalismo che per lo sfruttamento del terzo mondo fa morire di fame altrettanti milioni di esseri umani. Però fra Cristianesimo e marxismo esistono pure delle convergenze: un certo messianismo per un mondo senza classi, l’uomo al centro con i suoi diritti: “da ciascuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo le sue necessita”. E il rispetto del creato casa comune, come sostiene Bergoglio, dai cattoborghesi definito” papa cattocomunista”.

Autore: Albino Michelin   29.03.2021
albin.michel@live.com

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