mercoledì 19 maggio 2021

RIFORMA DELLA MESSA E DEL MESSALE: LA PAROLA ANCHE AI FEDELI

Ricevo dal Piemonte a firma di Giancarlo Martini:” Da laico stranamente interessato alla liturgia sono preoccupato personalmente per il modo con cui si guarda al nuovo messale e cioè solo a ciò che norma e regola e in modo cogente l’azione liturgica e non come eventuale modello che stimoli la creatività delle varie comunità celebranti. Parlo di comunità celebranti, mentre anche il nuovo messale non mi pare favorisca una presenza davvero partecipe dell’assemblea. Il celebrante di fatto secondo le rubriche continua ad essere identificato con chi presiede. Grazie” (Verbania 16.2.21). L’osservazione non scopre l’acqua calda perché è da tradizione immemorabile che i laici siano tenuti estranei alla concelebrazione della messa e finalmente solo qualcuno come lo scrivente noti la contraddizione. In effetti anche il documento ad hoc del Concilio ultimo 1965 raccomanda che i laici non siano assistenti passivi, ma partecipino attivamente (III,48). Ovvio che tale partecipazione non dovrebbe limitarsi ad una decina di movimenti corporei, in piedi, seduti, in piedi, in ginocchio e a passivo silenzio di ascolto e adorazione. Distanza anni luce dalla concelebrazione delle prime messe condivisione di Paolo. A scanso di equivoci non significa che tutti fanno tutto ma che la comunità celebra attraverso la rappresentanza del sacerdote. Dopo mesi di sperimentazione nuovo messale e rito vengono inaugurati ufficialmente la domenica di Pasqua 4 aprile 2021. Intanto una premessa notata da molti esperti: ci sta sotto un peccato originale, cioè che traduzione e riforma sono stati eseguiti senza interpellare le varie conferenze cattoliche nazionali e quindi il tutto centralizzato nella Curia vaticana romana. E bene fa papa Bergoglio ad obbligare le varie nazioni a costituire organismi sinodali con assemblea periodiche per studiare i problemi della chiesa e decidere in modo più assembleare e capillare con delle variabili secondo le esigenze locali. Negli ultimi mesi a scopo conoscenza tentai di organizzare in località sparse degli incontri e sollecitare l’opinione dei laici praticanti o occasionali sulla ricezione di tale novità, premettendo una lettura completa del testo della messa. In sintesi dalle osservazioni di circa un centinaio di persone sono emerse tre direttrici: 1) Autocolpevolizzazione, con ripetitività quasi ossessionante 2) Insistenza eccessiva sulla messa quale sacrificio di Gesù sulla croce 3) Poco ottimismo nell’ annuncio del vangelo quale messaggio di gioia. Qualche dettaglio al punto 1). Appena si entra alla messa subito la confessione, peccatori senza sentirsi accogliere con un benvenuto. Un “Signore pietà” e corrispondenti formule ripetute durante il rito per una decina di volte. Al punto 2) le osservazioni più marcate. Ma quante volte deve morire Gesù in croce se ogni messa ne è la ripetizione? Come possibile che Dio abbia voluto la di lui morte per venire soddisfatto dai peccati dell’umanità? Qui va opportuna una risposta. Anzitutto Gesù non muore in croce ad ogni messa. In effetti Pietro scrive: “Gesù è morto una volta per tutte” (1°,1,8). E’ vero che nella messa in diversi canoni si legge, come nel IV “Padre guarda con amore la vittima che tu stesso hai preparato”. Indubbiamente modo intenso per esprimere l’amore infinito di Dio nei nostri confronti, però non coinvolgiamo alla lettera Dio in una mattanza, o in un infanticidio. Comprensibile se la formulazione si rifà al costume degli antichi patriarchi e faraoni che richiedevano sacrifici umani a protezione divina sulla nuova città. Certo che nell’ultima cena Gesù sapeva di andare incontro al martirio non in quanto voluto da Dio, ma in quanto conseguenze delle sue scelte, rinunciare alla vita piuttosto che alla sua missione. Invece la nostra messa “dovrebbe” essere un memoriale, un ripresentare, non un ripetere la morte di Gesù Così il Concilio Ecumenico 1964 (III, 47) che ammorbidisce le polemiche con i protestanti al Concilio di Trento (1564) E’ per questo che fuori d’Italia la maggioranza dei sacerdoti sostituiscono la formula centrale” questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi” con l’altra “in amore per voi”. Al punto 3): poco ottimismo. Certo che vi è una grande differenza tra le prime messe di Paolo, chiamate cene del Signore o condivisione del pane e della vita con le nostre quando ad ogni messa seguiva la mensa. Oggi si ha molta difficoltà a celebrare la messa al di fuori del luogo sacro, in famiglia, all’aperto con i giovani, con interventi ed esperienze comunicate insieme. Per non dire di certe letture dell’antico testamento come quelle che incitano a sterminare gli infedeli, o dove si declama un Dio autodefinitosi geloso che punisce i peccati dei padri nei figli fino alla terza e quarta generazione. (Es.20,3-5). Quando invece sarebbe arricchente e convincente sostituire anche con qualche brano di laici profeti esistiti in ogni tempo e pure attuali. Queste alcune osservazioni in risposta alla richiesta di G.M. che si definisce laico stranamente interessato al coinvolgimento della comunità nella messa, quando in vece ha espresso un suo diritto e quello di tutti. Non sembri una banalizzazione del divino, ma il tentativo di avvicinare il divino all’esperienza di tutti.

Autore: Albino Michelin   27.04.2021
albin.michel@live.com

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