mercoledì 16 giugno 2021

CONTRO LA PANDEMIA UNA MARATONA MONDIALE DI ROSARI

A mali estremi estremi rimedi. Così viene pensata l’iniziativa su scala continentale del rosari recitati ogni sera del mese di maggio 2021, alle ore 18, promossa dal dicastero Nuova Evangelizzazione, Presidente Rino Fisichella, supportata da vari gruppi come L’Immacolata vincerà, e sostenuta da papa Bergoglio. Ogni sera un santuario diverso dal Vietnam al Sudafrica, alla Norvegia, al Sudamerica. 31 Santuari quanti sono i giorni che compongono il mese di maggio. Iniziativa divulgata attraverso i canali di radio vaticana, e quindi accessibile a tutti i possessori di uno smartphone. In ogni santuario uno scopo in successione, per i famigliari dei defunti virus, per i disoccupati, per i senza tetto, per il corpo sanitario, per i migranti, per gli anziani. ecc. Un significato planetario e intergenerazionale. Scopo:” Che il Signore fermi la pandemia e permetta la ripresa delle attività lavorative e sociali”. Diciamo subito che la pratica della preghiera è fondamentale in tutte le religioni, sia pure con formule e modalità diverse. I cattolici con il rosario di 150 avemarie, gli ebrei con i 150 salmi, i musulmani con una corona di 90 grani, gli induisti con l’antichissimo mantra meditativo. Nessuno si sogna di mettere in discussione l’importanza della preghiera. Anche agli atei nei momenti di emergenza sfugge l’invocazione ” Oh Dio-mamma”. Questa maratona ha un nobile intendimento ma non poteva evitare anche delle osservazioni da parte di molti credenti. Oltre a chi la definisce un assurdo, un intervento significativo è quello del teologo Vito Mancuso, al quale si deve essere grati perché ha tempo e coraggio di pensare per chi tempo e modo di pensare non ne ha. Egli scrive: “pregare perché Dio intervenga a fermare la pandemia è spiazzante, è mercanteggiare con il Creatore”. Diamo qui subito voce a questa obbiezione. Spiazzamento e mercanteggio in quanto ci riporterebbe ad una mentalità preistorica, (nessun si offenda) o infantile. Il bambino dà a topolino e paperino dei modi di parlare, agire e interagire a misura di bambino. Per un bambino Dio è come babbo natale, un anziano dalla barba bianca e fluente, che porta nella bisaccia regalini ai bravi e carboncini ai cattivi. Questa immagine riferita all’infanzia della nostra civiltà si chiama concetto antropomorfico di Dio. Cioè dare alla divinità suprema della qualità e comportamenti umani. Quindi per i filosofi greci Dio era il primo motore, residente nell’iperuranio, con messaggeri (angeli) guardiani nei singoli pianeti. Giove dio del sole, Marte dio della guerra, Venere dea dell’amore, Saturno dio delle acque e di seguito. Residuato rimasto ancora oggi allorché molti si appassionano nell’astrologia o segni zodiacali a leggere il loro destino. L’ immagine del Dio antropomorfico è stata presente per lungo tempo nel cattolicesimo, ma in parte come prassi è presente nelle anime semplici pure oggi. Dio quasi come chauffeur dell’universo, condottiero della quadriga di questo mondo, che apre le cataratte del cielo per la pioggia e le chiude per il sole, e desige processioni in caso di inondazioni, di siccità, invasioni di cavallette, insomma un dio mitologico. E’ arrivata da qualche secolo la scienza che ha demitizzato tutto, ha fatto un grande servizio alla religione e alla divinità, ha liquidato un certo dio. Un dio è morto. Ma c’è ancor a qualcuno che lo risuscita e quindi con terrorismo psicologico continua a sostenere che Dio manda terremoti, guerre, pestilenze e quant’altro. Cose tutte che vanno imputate alla noncuranza e alla colpa dell’uomo. Sembra comunque che certi “profeti” di chiesa ne abbiano bisogno come del pane. C’è stato anche recentemente in occasione del terremoto dell’Umbria e dell’attuale pandemia chi è tornato al linguaggio del dio mitologico. Con radio Maria anche M. Camisasca vescovo di Reggio Emilia il quale predicò che Dio si serve del male per convertirci, cui però il filosofo su citato rispose: “intervento immorale e disumano questa strumentalizzazione della sofferenza umana”. Se consideriamo le pesti del passato, quella nera del 1346-52, con oltre 20 milioni di morti, o quella spagnola del 1918-20 con 50 milioni di infetti, la peste se n’è andata per esaurimento, nascita, vita, crescita, morte del virus. Anche la famosa peste di Milano del 1630 in cui il Cardinal Federico ha dovuto interrompere la processione perché con quell’assembramento sacro la peste ha ripreso per un anno. Surreale certo la visione di papa Francesco che nella piazza di S. Pietro deserta il 27.3.20 solitario va a baciare il crocefisso di S Marcello, pregato dai romani nella peste del 1522, ma cessata solo l’anno seguente. E’ qui però che dobbiamo innestare il significato, l’importanza, la necessità della preghiera: se non serve a fermare la peste, allora domanda di fondo, a che serve la nostra maratona del rosario 2021? Serve molto e per diversi motivi. Anzitutto per riscopre tutti insieme, uomini dei vari continenti, il senso della vita. Che significa capacità di interiorizzazione, di ascolto, di sostegno, di solidarietà reciproca universale, far riemergere la nostra spiritualità minacciata dallo stress, il non senso degli scontri, delle concorrenze, siamo tutti nella stessa barca. E anche l’esistenza di un essere superiore cui potremmo pure rivolgerci come Giobbe talvolta aggressivo, tal’ altra appassionato. O come Gesù che lo chiamava padre da cui non è stato liberato, ma accompagnato nella morte di croce, e ci ha fatto capire che Dio è per un’altra dimensione. Che la preghiera non ha solo valore personale ma anche sociale, luce allo spirito, riposo al cuore, forza alla volontà. Che non cambia la realtà alla nostra misura, ma cambia la nostra misura di fronte alla realtà. La preghiera insegna con un saggio del 1300 che Dio non ha mani, non ha piedi, non ha occhi. Ma ha le nostre mani perché nel 2000 ed oltre impariamo a vincere la pandemia usando le mani non per espropriare il creato ed esaurirlo ai nostri interessi, per agglomerati abitativi, cementificazione, inquinamento, costruzione di armi e ordigni di morte. I nostri piedi sono quelli di Dio, non per andare a colonizzare, a invadere, a saccheggiare territori altrui, ma per portare cibo, acqua, medicina. I nostri occhi non soltanto per vedere, ma per guardare, penetrare, intuire, empatizzare con i bisogni altrui, solidarizzare, per estrarre dal creato anticorpi che servano alla nostra sopravvivenza gioiosa, perché questo virus od un prossimo potrebbe sempre abitare fra di noi. Non è possibile abolire la preghiera ma aggiustarne il tiro: non per mercanteggiare e ricevere miracoli da Dio, ma per compierli noi stessi perché ne abbiamo dentro di noi anche se ignorate le potenziali capacità.

Autore: Albino Michelin   05.05.2021
albin.michel@live.com

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