lunedì 13 novembre 2023

COME OGGI VIENE ADDOMESTICATA LA PAURA DELLA MORTE

Gli esseri umani non sempre sono esistiti né sulla terra, né in cielo. Sono viventi relativamente recenti prodotti da e su un pianeta del sistema solare. In astratto noi sembriamo senza importanza. Tuttavia siamo qui, altrimenti nessuno non si sarebbe preso il disturbo di portarci all’esistenza. E se siamo qui significa che un giorno la natura ha deciso di aver bisogno di noi e dei nostri servizi per funzionare meglio, altrimenti non si sarebbe presa il disturbo di portarci all’esistenza. Cosi dal momento che la natura ha bisogno per il maggior tempo possibile ci ha dotato di un istinto innato di sopravvivenza. Cioè di reazioni inconsce per poterla conservare più a lungo, non ostante la nostra scomparsa fisiologica. Siamo naturalmente strutturati per lottare contro la morte. Forse non anche questa nostra pulsione vitale ad alimentare tutti i nostri impulsi, sospiri, desideri e aspirazioni di successo, felicita e realizzazioni personali? Così non potrebbe questo significare che siamo fatti per esistere e non per morire. Nella morte gli esseri umani hanno compreso istintivamente questo messaggio. Perciò il loro implacabile desiderio di vita è impiegato per attivare tutte le dinamiche psicologiche, intellettuali, immaginative, religiose, spirituali al fine di riuscire a trovare nella muraglia, apparentemente indistruttibile la morte biologica, la breccia da cui si passa per raggiungere le terre dell’eternità. Così il fatto di essere coscienti della inevitabilità della morte corporea e allo stesso tempo dotati di questo istinto inconscio ci trasforma in individui che cercano in tutti in modi di reinterpretare la propria morte, sia per evitare il suo aspetto sinistro ed irreparabile, sia per una potenziale vita che punti all’eternità. Mentre tutta la natura si trasforma, si consuma, invecchia, si decompone e scompone nella sua forma assorbendo tutta nella materia cosmica, gli uomini tormentati dalla paura di morire e indottrinati dalle religioni, si sono convinti che la natura non li sottoponga alle stesse leggi, bensì abbiano una forma di trattamento individuale, che si chiama vita eterna. Nel nostro universo grazie alla disintegrazione di una cosa, un’altra può avere inizio, può sorgere la diversità. Può apparire la bellezza e così si compie la evoluzione della Realtà cosmica. Una vita finisce sempre per morire, e una morte è sempre fonte de principio di essere e di vita. Non sarebbe logico anche con gli esseri umani? Cosi sembrano confermare anche le conclusioni della moderna scienza, come la quantistica e l’astrofisica, che concordano non essere la morte la scomparsa definitiva. Il che sarebbe un concetto senza senso. Tutto e riciclato, tutto si trasforma in principio di nuove nascite, tutto si rinnova in componente di nuove realtà. Pensiamo ad esempio alla esplosione di una supernova, che seminando le sue macerie negli spazi galattici, è all’origine di un numero incalcolabile di altri corpi celesti. Nell’universo ogni essere ha la sua ragione di essere, se no in caso contrario non esisterebbe. E possibile superare la paura della morte e trasformarla in principio di vita? Oggi sarebbe saggio confidare nella nostra intelligenza e condurci ad accettare la realtà così com’è, e non come ci piacerebbe che fosse, perché la natura e infinitamente più saggia di noi. E’ vero pensare la qualità o la mancanza di qualità sarà il riflesso personale ottenuto nel tempo di vita precedente. Una morte che non spaventa più? In natura le nozioni di bene e del male, di bontà e malvagità, di virtù e di vizio, di grazia e di peccato, di castigo e legalità, di moralità e immoralità, di giustizia e di ingiustizia, di morte e di vita, non hanno senso. Questi concetti sono stati sviluppati principalmente dagli esseri umani ad uso interno per darci una regola di vita. In natura tutto accade non soltanto naturalmente ma anche necessariamente. Nella vita disgrazie e cataclismi, apocalissi non sono solo all’ordine del giorno, ma rispondono anche all’ordine della necessita e non ammettono alcun giudizio di valore né alcuna qualifica morale. E’ il castigo di una divinità offesa dai nostri peccati? Nulla di tutto questo. La morte non è altro che la manifestazione naturale fondamentale per il buon funzionamento e per la perfezione globale dei dinamismi che tengono in esistenza la realtà nel nostro universo. Ma a questo punto è necessario fare alcune considerazione sulla materia e lo spirito. Le citiamo senza conoscere la realtà che si nasconde dietro questo termini. Come quando si parla di Dio. Le possiamo considerare due modalità o due forme, una della quali è concreta, l’altra no. Ma neppure sappiamo nulla sulla natura della relazione fra questo due aspetti della realtà. Esistono necessariamente insieme o uniti? Possono esistete separatamente? Lo spirito da origine alla materia o la materia da origine allo spirito? C’è lo spirito nella materia o la materia è uno stato dello spirituale? Potrebbe essere che ci sia solo una differenza nella forma delle loro manifestazioni di modo che lo spirito non sia altro la sublimazione della materia e la materia nei suoi componenti ultimi, elementari e quantistici, niente altro che la condensazione fisica di tutte le energie dinamiche e potenziali che costituiscono la natura dello spirito? Se è vero che nel nostro universo non c’è spirito senza materia né materia che senza spirito, se e vero che tutto ciò che esiste e la materia spirituale (la santa materia detta da Teilhard de Charden) e spirito materiale, allora sarebbe possibile pensare che in definitiva la morte non è altro che un fenomeno naturale di dissoluzione, che riguarda solo l’aspetto materiale del nostro corpo, che non intacca la singolarità della dimensione spirituale che pure le costituisce? Possibile sarebbe ipotizzare che dopo la morte la dimensione spirituale, che ha costituito la materia del nostro corpo, possa continuare ad esistere ed essere attiva.

 Autore: Albino Michelin 27.09.2023

albin.michel@live.com

 

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