domenica 25 agosto 2024

PERCENTUALI PATRIARCALI NEI CATTOLICI

 Nonostante la bibbia, ma non a causa della bibbia il patriacalismo è duro a morire. La nostra civiltà mediterranea è in gran parte figlia del cattolicesimo. Un’epoca antica quanto il mondo ma nel cattolicesimo si è continuata nonostante la venuta di Gesù di Nazaret ad annunciare che Dio è padre e madre contemporaneamente, oltre al fatto che Dio è totalmente altro e oltre. La cultura patriarcale è centrale in tanti racconti biblici, nelle legislazioni mosaiche, nelle altre relazioni sociali e famigliari. Centrale che fonda la gerarchia di potere nella quale la donna è sempre sottoposta al maschio. Dobbiamo riconoscere che tale cultura è praticata nella bibbia ampiamente determinante. E tale cultura ovunque affermata è stata da Gesù di Nazaret perlomeno relativizzata. Attraverso la non realizzazione patriarcale di Gesù di Nazaret il consapevole protagonismo femminile nelle prime comunità cristiane si è potuto affermare e le relative emergenti problematiche che ciò comporta. C’è unanimità fra gli studiosi che Gesù avesse discepole al suo seguito, contro ogni consuetudine avevano scelto di seguirlo nel suo ministero itinerante e non l’avevano abbondonato nemmeno sulla croce. E furono depositarie della fede post pasquale per portare agli apostoli il nuovo messaggio. Questa realtà storica della comunità di fede sulla famiglia di sangue, mette radicalmente in questione l’idea gerarchica tradizionale. Esistono due vangeli apocrifi, quelli di Filippo e di Tommaso, così detti per distinguerli dagli evangeli canonici. Cioè Matteo, Marco, Luca e Giovanni e sono una trentina nascosti dalla chiesa. Il caso di Filippo cita un’osservazione a Gesù:” perché Lui ama Maddalena più di tutti noi?” e Tommaso gli contrappone: “Pietro capo della Chiesa ordina di allontanare Maria Maddalena in quanto le donne non sono degne della vita”. Al che Gesù disse: “ecco io la trarrò a me per fare anche di lei simile al maschio, affinché anch’essa possa diventare uno spirito uguale ai maschi. Perché ogni donna che diventerà maschio entrerà nel regno dei cieli”. Questo primato dell’orizzontale (la donna) sul verticale (maschio) ha caratterizzato la formazione non gerarchica delle prime comunità cristiane e la prima partecipazione delle donne in movimenti che nella prima decina di anni hanno visto le missionarie, appostele, predicatrici, profetesse, finalmente incluse nel culto cristiano. Il cammino verso la depatriarcalizzazione nelle comunità cristiane da parte del dato storico è stato fondamentale per la partecipazione delle donne nelle cristianità delle origini. Poi esauritasi l’input di Gesù di Nazaret e l’inevitabile stabilizzazione e con l’inizio della istituzione l’iniziale uguaglianza viene a sbiadire fino a cessare in attesa di nuovi impulsi. Queste tendenze sono molto visibili nei testi di Paolo nel nuovo testamento. Di fatto Paolo resta all’antico, proibisce perfino alle donne di parlare nelle pubbliche assemblee. E per lungo tempo le donne sono rimaste fuori, come gli uomini coniugati e gli omosessuali. Sono passati tanti secoli ed il messaggio di Gesù e di tante persone sensibili in materia va ripreso e portato avanti con alacritudine, anche perché il tempo presente lo consente. Per superare il patriarcato è possibile prima di tutto la responsabilità del linguaggio. D’accordo che tanti argomenti storici sono già noti e di personale conoscenza. Quindi lasciamo stare il mito di Adamo (per cui l’importante essere la moralità della donna), il mito di Sansone, (per cui non vale quando si perde la forza fisica), il mito di Salomone (per cui l’uomo vale per quanto è intelligente e donnaiolo). Va affermato l’importanza del linguaggio che è il primo elemento di rispetto per verso la donna. In effetti si tratta di rompere le abitudini e le istituzioni sociologiche che fondano le relazioni di superiorità ed interiorità in cui i maschi rappresentano il primo posto. Si tratta di respingere l’immagine maschile dominante e centrale anche nell’uso del possesso, nelle manifestazioni di prestigio e mettere in discussione la struttura di tipo patriarcale per una più umana, giusta, facendosi amici della donna. In quanto i rapporti umani e le leggi paritetiche sono ancora assenti. Acconsentire a certo linguaggio, banalizzarlo, usando come clava per sminuire la donna oppure offenderla, è un riconoscere la capacità di non credere alla donna. Corre nel web, a volte anonimo e subdolamente offende fino ad uccidere. Come droni lanciati da lunga distanza che fanno stragi e morti. Oggi la liberazione appartiene e passa attraverso il restauro della parola in umanità e dignità. Il linguaggio include ad esempio il femminile e lo rende visibile ad una riforma. Ci mancano i ruoli ed i compiti per non venire meno a questo richiamo. Abbandonare il linguaggio equivoco della volontà di potenza per assumere anche la categoria della dolcezza e del silenzio sono considerati non solo femminili ma anche desiderabili al sesso femminile. Oggi la liberazione passa attraverso il patriarcato anche per la restituzione della sua umanità e dignità. Il linguaggio è lo specchio di ciò che siamo. Dice il libro dei proverbi: “la parola dolce calma il furore”. Nel maschile e femminile non confluiscono solo fatti biologici e genetici ma anche molteplici elementi relativi al comportamento, alla storia della formazione, alla cultura, alle esigenze varie, a tante circostanze che esigono un senso di adattamento. Ma questo, soprattutto il linguaggio ed il suo modo di espressione, contribuiscono a ricomporre gli aspetti femminili e maschili e contribuiranno per il superamento del patriacalismo.

Autore: Albino Michelin 19.07.2024
albin.michel@live.com

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