mercoledì 25 marzo 2020

CORONA VIRUS: SI RITORNA AI CASTIGHI DI DIO?

Il contagio coronavirus diffusosi verso metà febbraio 2020 ci impone alcune considerazioni, al di là delle solite disgustose speculazioni politiche, stile tipicamente italiano. Le più immediate sembrano tre 1) a poco servono i nostri muri 2) Il virus non conosce confini 3) il virus considerato in genere come castigo di Dio. Sui muri: scuramente la propria sicurezza, la difesa dei propri confini e della propria identità sono sentimenti naturali e connaturati in ciascuno di noi. In conseguenza di ciò esistono oggi 70 muri nel mondo, di cemento o di filo spinato, 40 mila km di barriere artificiali, in grado di coprire l’intera circonferenza della terra. Usa-Messico, Ungheria-Serbia e diverse muraglie simili a quella cinese. Barriere costanti per tenere fuori chi vorrebbe entrare. Valenza simbolica, dividere le persone, far sì che non abbiano contatto con gli altri, che non ci sia modo di vedersi, tanto meno di conoscersi. L’impatto visivo del muro funziona da barriera mentale oltre che fisica.  Ma purtroppo pestilenze, Chernobyl, CD-9, inquinamenti, coronavirus non conoscono muri, ci restituiscono in fondo il sentimento di essere tutti uguali, tutti mortali, tutti fragili, realtà cui non si pensa finché tutto fila diritto. Lo dimostra anche questa volta il nostro corona virus. Non è arrivato sui barconi, nascosto in mezzo ai cenci dei clandestini, ma in aeroplano, magari in giacca e cravatta, con regolare passaporto, senza fare una questione di classe, di razza, di religione. Si appiccica all’essere umano in quanto tale, si trova bene ovunque, nel corpo del proletario e in quello dell’imprenditore, in quello del razzista e in quello del democratico, tra le rughe del vecchio e le mucose del bambino, nell’Iran musulmano e nel lombardo-veneto cattolico. Come la livella di Totò. Per lui gli uomini e le donne sono tutti uguali. Se ne infischia del tentativo miserabile di prendersela con i miserabili, perché sono soprattutto i benestanti che viaggiano molto e trovano varco ovunque i portatori più probabili del contagio, ma meritevoli di pietà e compassione come tutti gli infetti di qualsiasi mondo. La spagnola del 1920 ha girato per il pianeta come se la globalizzazione fosse già in atto, contagiando in ogni continente milioni di persone. L’umanità patisce le pestilenze quasi all’unisono, viaggiando nelle pulci dei topi, nelle piume degli uccelli, nelle suole delle scarpe, nei vestiti e nelle merci. Anche il coronavirus quanti siamo, 7 miliardi di persone, tuti ugualmente esposti alla sfortuna e alla sventura. Niente come un’epidemia ci fa sentire uguali. Non è qui però fuori luogo citare la minaccia che in questa sciagura le argomentazioni spietate e disumane di laici e diversi ecclesiastici vanno diffondendo. Cioè che il coronavirus è un castigo di Dio. È questa una forma di paganesimo che ricrea odiosamente una casta di salvati e una casta di dannati. A conferma vale la pena citare l’ultimo intervento divulgato dall’emittente Radio Maria, 4 milioni di ascoltatori alla settimana in Italia, il cui fondatore e direttore Livio Fanzaga, prete scolopio, veggente e promotore di veggenti, il 17 febbraio 2020 vaticinò: “questo è una ammonimento di Dio, e il fatto che il coronavirus abbia la forma di corona è un messaggio della Madonna che invita i fedeli a recitare la corona del rosario.” Questo è il modo di ridicolizzare una grande religione, di renderla sciocca superstizione. Radio Maria raccoglie numerosi settari religiosi, tradizionalisti devoti conservatori, e non è nuova a questo tipo di neopaganesimo. Basta ricordare quando nell’agosto 2016 dopo il terremoto di Norcia e dell’Abruzzo sentenziò attraverso il suo portavoce predicatore G. Cavalcoli, prete salesiano, che quello è un castigo di Dio contro le coppie gay e i conviventi. Fortuna volle che dopo una massiccia reazione l’istituzione ecclesiastica si risvegliò dal suo torpore e depose il fustigatore, augurandoci che essa proceda ad una totale rifondazione e pulizia dell’emittente dai vertici alla base. Questo è il vero coronavirus. Legittimo che anche nella chiesa vi sia libertà di opinione, ma non di menzogna e di terrorismo religioso.  Nutrire una volpe nel pollaio non è tolleranza. Purtroppo ad ogni calamità emergono i tenebrosi necrofori del dolore, le cui argomentazioni spietate e disumane non hanno nessun fondamento. Approfittano del momento in cui le persone sono stordite dalla sofferenza per lanciare le loro inappellabili sentenze, castighi di Dio, chiese chiuse per mancanza di fede, sadico piacere di affondare il coltello nella piaga del dolore per rivendicare che avevano ragione a deplorare l’abbandono della messa, della morale matrimoniale e quant’altro. Nel mondo primitivo ogni cataclisma era considerato castigo da parte della divinità offesa assetata di vendetta: il dio dei fulmini (Giove), quello delle tempeste (Baal), quello dei vulcani (Vulcano), quello dei terremoti (Poseidone). Ma il Dio di Gesù non è così. Il suo e il nostro è il Dio dell’amore e non della distruzione. Fa piovere e sorgere il sole sui giusti e sugli ingiusti (Mt.5,45). Dio non ha liberato Gesù dalla morte di croce, ma l’ha accompagnato verso la risurrezione. Dio non interviene nelle vicende liete o tristi di questo mondo, ma lo accompagna non ostante queste. Probabilmente un’occasione per educarci al senso della vita e alla solidarietà.

Autore:
Albino Michelin
10.03.2020

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