domenica 10 maggio 2020

CON IL CORONAVIRUS NON C'È PACE NEMMENO PER LA CHIESA

Questa pandemia ha fatto saltare tutte le tradizioni sacre esistenti da secoli. Alle prescrizioni del Governo italiano del “tutti in casa” si aggiunse anche la chiesa, la quale il 12 di marzo stabilì la chiusura di tutti i luoghi di culto con il divieto della messa domenicale, riunioni, processioni, tutto quanto avesse occasione di contiguità fra persone. Seguì un ripensamento per cui si permise l’apertura delle chiese parrocchiali a scopo di visite private e devozioni personali. Messa ed altri riti si potevano seguire alla TV o attraverso internet. Ovviamente chiusi i grandi luoghi di culto, dai santuari di Lourdes, a tutte la miriadi di quelli più o meno miracolosi. Motivazioni addotte: l’imprudenza può danneggiare altre persone, attenersi alle prescrizioni civili non tanto perché imposte dallo stato ma per un senso di appartenenza alla famiglia umana, la volontà di Dio si manifesta attraverso il momento storico che richiede obbedienza alla vita. Prima non se ne parlava mai perché tanto le chiese diventavano sempre più vuote. Ma questa volta si registrò una levata di scudi soprattutto dai cattolici conservatori, dalla stampa e dalle emittenti di matrice borghese e di destra. Un breve elenco: si è citata la costituzione in cui all’art.7 stabilisce che stato e chiesa sono ciascuno nel suo ordine indipendenti e l’art.19 in cui ognuno ha diritto di esercitare il culto sia in privato che in pubblico. Di conseguenza Papa Bergoglio si è svenduto allo stato, fallimento totale della chiesa. E sempre sulla linea: nel medioevo in occasione della peste si organizzavano processioni dove tutto il popolo accorreva ad ottenere il miracolo. E si cita quella di Milano 1600 con alla testa il Card. Federigo Borromeo (dopo la quale però la peste non cessò, scomparve più tardi per esaurimento naturale). E si va alla grande peste di Roma del 590 quando l’angelo Michele calò dal Mausoleo Adriano e con la spada fece cessare il flagello. Ed una infinità di leggende, sulle quali ovviamente non è permesso ironizzare, perché si trattava come oggi di esperienze angoscianti. Sempre la gente in queste occasioni ha eretto templi e luoghi votivi per impetrare dal cielo la liberazione dalle catastrofi. Si ricorreva anche alle litanie dei santi dove si cantava:” a peste fame et bello libera nos domine”. (Dalla peste, dalla fame, dalla guerra liberaci Signore). E’ insito nella natura umana aggrapparsi a tutti i santi in questi frangenti. Altre osservazioni: un tempo gli uomini di chiesa non temevano di infettarsi, convivevano con le tragedie del popolo, oggi invece alla larga, vietato confessare, portare la comunione ai malati, visitare e sostenere le famiglie. Pizzerie aperte, chiese chiuse. Gesù andava a cercare i lebbrosi, oggi invece i nostri preti tutti don Abbondio. (A parte che questa è una illazione generica se pensiamo che accanto a numeroso personale medico sanitario eroico sono deceduti dal 31 gennaio al 2 aprile una settantina di preti per coronavirus). Comunque alcune osservazioni in parte possono essere giustificate, peccato che rivelino un po’ troppa acredine. Ad esempio: Stato e Chiesa sono indipendenti? Però non va dimenticato il detto di Gesù’:” date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Quando lo Stato parla per difendere il popolo è parola di Dio e la chiesa non ha che acconsentire e sostenere. E pure le conclusioni scientifiche sono parola di Dio, certo non identificandole con la tecnologia, cioè le applicazioni d’interesse. Non siamo al tempo di Papa Gregorio XVI quando il 15-8-1832 nell’enciclica “Mirari” ebbe a proclamare:” chi usa il vaccino contro le infezioni non è figlio di Dio”. Lo Spirito del Signore non si è fermato a quel papa, ma porta avanti il mondo verso ulteriori traguardi. Si obbietta che chiudere le chiese fa perdere la fede. Quando Gesù si è trovato a discutere con la samaritana la quale sosteneva che Dio si adora su quel suo monte e non a Gerusalemme egli rispose che Dio non si adora in questo o quel monte, ma in Spirito e verità. In effetti Gesù non è venuto a costruire templi di pietra ma cuori nuovi. Se le chiese il coronavirus le ha chiuse si può pregare in famiglia, con i bambini, fra coniugi, e nel proprio cuore. Qualche Vescovo ebbe a dire: chi ha fede non ha paura del contagio. Vedi i cristiani ortodossi che prendono il pane e il vino della messa dallo stesso cucchiaio. I sacramenti come l’Eucarestia corpo di Cristo non possono diffondere il virus, perché Gesù dalle malattie ha liberato e si è definito io “Io sono la Vita”. Al che unitamente si può rispondere con qualunque teologo che i riti religiosi, comunione compresa, non sono riti magici per cambiare la realtà e le leggi di natura, sono energia spirituale. Diversamente è un tentare Dio proprio come Gesù rifiutò satana quando lo provocò a buttarsi dal tempio per sospendere la legge di gravità. Certo pregare è indispensabile per l’uomo ma distinguendo lo scopo. Pregare perché cessi la pandemia forse non serve, soprattutto se causata dal nostro egoismo di sfruttamento e di ingordigia, ma pregare per affrontare il fenomeno, combatterlo, creare solidarietà, riflettere sul nostro destino, interiorizzarsi e trovare consolazione alle nostre anime, questo è senz’altro l’effetto indiscutibile che la nostra preghiera personale e comunitaria potrà ottenere, sia che le chiese restino chiuse o vengano riaperte.

Autore:
Albino Michelin
16.03.2020

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