giovedì 14 maggio 2020

LA CHIESA DI FRONTE ALLE VIOLENZE DI GENERE

E’ oggi un’espressione molto nota e significa controllo e possesso da parte del genere maschile nei confronti di quello femminile. Sull’argomento non vale la pena citare singoli casi di cronaca che sono innumerevoli, basti pensare che solo in Italia 7 milioni di donne dai 16 ai 70 anni subiscono violenze familiari, di cui 4 milioni violenze sessuali.  Piuttosto giova chiedersi come mai il laicato maschile cattolico resti, come i clericalizzati, dentro l’omertà del proprio genere, non si indigni quasi nascosto nella penombra, quale parte in causa citato dal tribunale della storia. Su questo argomento sono intervenute e continuano ad intervenire le nostre teologhe valide ma purtroppo ignote come la G. Cordrignani, la MC Jacobelli, la P. Cavallari, la MC Bartolomei, la A. Canfora, la A. Deodato, la E. Provera, la M. Buscemi, la A. Valerio sulla scia della grande figura scomparsa A. Zarri. Non si vuole qui tessere peani teologici sulle donne, tanto si sa che a livello magisteriale nella chiesa contano assai poco, dove tutt’al più si concede loro qualche grado accademico marginale. Chi potrebbe mai sognarsi che nella teologia cattolica si dia credito come lo si da in politica ad una Thatcher o ad una Merkel, o nelle scienze alle 21 donne premio Nobel, o ad una F. Gianotta direttrice Cern di Ginevra, o ad una S. Cristoforetti astronauta dello spazio. Impensabile. Il nostro Credo recitato nella messa si compone di circa una ventina di dogmi, nessuno porta il nome di una donna. Tutti di conio maschile: Paolo di Tarso, Ilario, Cirillo, Anastasio, Agostino d’Ippona, Tommaso d’Aquino, per arrivare ai nostri papi rigorosamente maschi, pieni di ammirati fiorellini sulla dignità della donna, al di là di qualche espressione mistico-devota delle claustrali. La nostra è una teologia ed una morale maschile fatta dia maschi e messa sulla groppa pure delle donne, senza chiedere loro un parere, logica inaccettabile delle cose. L’impresa di portare all’attenzione dell’opinione pubblica cattolica la violenza di genere è una scelta più necessaria che importante sia perché non si parla mai di questa autentica piaga sociale sia perché il cattolicesimo, senza escludere le altre religioni, è storicamente responsabile di aver introiettato il patriarcato originario e di avere insegnato, e pure in modo diverso, di continuare ad insegnare una morale viziata da pregiudizi sessisti assolutamente non cristiani né umani. Nel 2020 dovrebbe essere presupposto comune per laici e chiese che la corporeità, la sessualità, la riproduzione, la famiglia, l’amore non sono state invenzioni delle religioni, ma sono realtà connaturali al genere umani di entrambi i generi. Però a noi oggi sono arrivate attraverso i paradigmi culturali tipici dell’antico ebraismo e della classicità greco-romana. Si ricorderà nella Bibbia (Giudici 19,29) il caso di quel levita che si prese per concubina una donna di Betlemme, la quale in un momento di collera se ne andò e ritornò da suo padre. Il levita se la riportò a domicilio, si munì di un coltello e la tagliò membro per membro in dodici pezzi: il primo femminicidio della storia. Morale del racconto biblico: la donna non ha diritto alla vita se non nella misura concessa dal maschio. Se dal popolo ebraico passiamo alla morale greca la musica non cambia. Nell’Olimpo risiedevano 12 divinità, sei maschi e sei femmine. Peccato che Zeus Giove divenne subito padrone e re degli omini e degli dei portando insieme il patriarcato e il potere gerarchico. E S. Agostino discepolo di una scuola greco romana non riusciva a pensare nella linea di Gesù che in nessuna parte dei vangelo menziona la famiglia e il sesso anche se andava a cena in una casa cui avevano accesso pure le prostitute. Se oggi il cattolicesimo non consente il sacerdozio alla donna in fondo è perché la ritiene impura, non può toccare l’altare se non per cambiare e lavare le tovaglie o poco più. I teologi maschi hanno studiato Aristotele che definisce la donna per natura debole, fredda, umida mentre lui che è forte caldo e secco diventa il solo adatto a definire e stabilire le virtu’ cui ognuno deve attenersi. Strano sapere che la parola virtu’ deriva da vir (latino =uomo). E che l’espressione vir-verga è legata all’altra di fallo, organo genitale membro virile maschile. La donna può essere carina, intelligente ma non ha il fallo, non è vir, quindi non può esercitare le virtu’ come il maschio, né un ruolo civile, né sacro. Di qui solo i maschi hanno coniato le 3 virtu’ teologali: fede, speranza, carità, e le 4 cardinali prudenza, giustizia, fortezza, temperanza. Certamente vi sono tenute pure le donne come esecutrici, ma non come apportatrici di contenuti, competenza riservata ai maschi. È da tutto questo lungo contesto storico che ha radice anche la violenza di genere, di cui il laicato maschile cattolico dovrebbe prendere atto. Ci può aiutare qui un brano del Talmud di Gerusalemme secolo V, commento ebraico, dal contenuto lungimirante e profetico: la donna è uscita dalle costole dell’uomo non perché dovesse essere pestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per esser uguale e dal lato del cuore per essere amata. Riflessione che può indurre il laicato cattolico ad un salto di qualità sulla differenza di genere

Autore:
Albino Michelin
31.03.2020

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