venerdì 27 febbraio 2015

FRANCESCO UN PAPA PER IL NOSTRO TEMPO

Quando la sera del 13 marzo 2013 dal balcone di S. Pietro si affacciò il cardinale di Buenos Aires Giorgio Bergoglio, figlio di emigrati piemontesi, e si rivolse ai fedeli radunatisi in piazza con un “Buona sera, vengo dalla periferia del mondo, sono il nuovo vescovo di Roma e mi chiamo Francesco” tutti furono colti da meraviglia e da stupore. Non era come gli altri 264 papi che l’avevano preceduto: umano, semplice, comunicativo. Aveva scelto un nome tutto un programma: Francesco d’Assisi.
Tutti si accorsero nei giorni e nei mesi successivi della semplicità, coerenza e testimonianza di quest’uomo. Va a risiedere nella pensione di S. Marta e non nei sontuosi palazzi vaticani, veste semplice senza pompa e senza vanità, sostituisce la croce pettorale d’oro con una di metallo più semplice, indossa scarpe di cuoio anziché babbucce rosse firmate Prada, si sposta lui stesso portando la sua borsa, viaggia in autobus oppure con una fiat panda, paga i suoi pasti chiedendo lo scontrino alla cassa. Ama vivere fra la gente, diversamente, dice, gli toccherebbe finire in psichiatria. Quando ritiene opportuno comunica direttamente con gli interessati, prendendo il telefono al di là di ogni cerimoniale e protocollo. Come quando parlò ad un giovane di Padova, certo Stefano, dicendogli che gli apostoli non davano del “voi” a Gesù’. Oppure ad una signora divorziata residente a Buenos Aires in disagio perché non le era consentito di fare la comunione al che egli le rispose di riceverla pure qualora si sentisse in coscienza il bisogno di Dio.
Al di là però dei singoli episodi bisogna chiedersi quali sono le coordinate di Francesco, la logica di fondo della sua evangelizzazione. Non è un rivoluzionario nei principi, ma nei metodi. Nel passato si partiva da Dio, dalla chiesa, dai suoi dogmi, giudizio, paradiso, inferno per imporli all’uomo. Egli invece preferisce partire dall’uomo, dalla sua indigenza, dalla sua precarietà, povertà, dalle sue difficoltà per andare a Dio. Dall’orizzontale per proseguire verso il verticale. Di qui si comprende come il mondo dei poveri sia la passione di Bergoglio. Comincia dal suo ambiente dicendo che nella curia ci sono molte sante persone ma anche dei corrotti. Gli sta sul gozzo la conduzione dello JOR, la banca vaticana, perché ricicla pure denaro sporco e della mafia. Sostituisce lo staff dirigenziale, o almeno tenta di bonificarlo. Nella sua visita in Calabria afferma che i mafiosi sono scomunicati e che non bastano le manifestazioni religiose e l’inchino della Madonna nelle processioni patronali per accreditarsi come credenti quando fanno della malavita una ragion d’essere. Anche se non intenzionalmente, certo indirettamente questa chiarezza influisce sulla deberlusconizzazione dell’Italia, nella quale per un ventennio la chiesa ha pilotato politicamente lo stato e questo ha foraggiato per suoi interessi la chiesa. Conseguenza a tutti visibile nella messa papale dei nostri   parlamentari in S. Marta il 27.3.14, usciti piuttosto congelati, e senza la ressa del baciamano consueto.
Il peccato più grave oggi in questa civiltà dello spreco e dello scarto, continua Bergoglio, non `un atto peccaminoso che ti sfugge ma la corruzione dei corrotti e dei corruttori. Il suo prima viaggio è a Lampedusa, (8.7.14) dove sbarcano gli scampati dalle guerre per il viaggio della speranza e che invece finiscono annegati e sepolti nel Mare Mediterraneo divenuto il cimitero dei profughi. Le guerre si fanno purtroppo per vendere armi. Raccomanda ai conventi e ai chiostri di aprire le loro porte ai poveri, perché essi sono la carne di Cristo. Pare una banalità ma è in questo spirito si comprende anche l’installazione di una barberia del Papa, sotto il colonnato di S. Pietro, in cui senzatetto e barboni possono farsi un po’ più belli, tagliandosi barba e capelli. Sempre per quanto concerne il denaro stigmatizza il mercanteggio del sacro e il tariffario per le celebrazioni religiose, e il rubare allo stato per dare alla chiesa. Come si nota egli insiste su una inversione di tendenza: chiesa per i poveri. Oltre che all’attenzione verso questa moltitudine Francesco punta molto sul rispetto della natura, della creazione, dell’ambiente, sul suo sfruttamento, saccheggio per cupidigia, inquinamento. Cita spesso un proverbio contadino: Dio perdona sempre, gli uomini qualche volta, la natura mai. La sua prima enciclica avrà proprio come tema l’ambiente. Spesso ritorna su una chiesa tesa verso le periferie. Non soltanto quelle geografiche dei popoli ai margini, ma anche verso le periferie presenti in ogni persona, si tratta degli indifferenti, dei non credenti, degli atei. Dio è presente in ogni uomo anche in quello privo di fede e del senso della vita. Dio ha fiducia anche in lui. Per questo Bergoglio concede interviste pure ad un quotidiano laico come La Repubblica, e colloqui telefonici a Pannella, leader del libero pensiero e del testamento biologico. Sempre con la convinzione che la missione non è proselitismo, non consiste prima di tutto nel portare Dio ai singoli e alle famiglie, ma di aiutare a riscoprire Dio all’interno della coscienza del singolo e delle famiglie. Qui si inserisce anche il suo leitmotiv che Dio è misericordia. Il mondo è come un ospedale da campo. Consiglia i vescovi ad avere l’odore delle pecore e a non cedere alla tentazione di sentirsi principi ed dignitari. La sua teologia ha anche una versione popolare e non semplicemente dotta: ama le devozioni, il rosario, la confessione. Anche se non vede di gradimento che la Madonna venga considerata come “un’agente delle poste” che gira dovunque per distribuire segreti e messaggini.
Il suo magistero insegnamento lo esplica meglio nelle situazioni e negli incontri più comuni che non sulla cattedra di S. Pietro, specie in aereo di ritorno dai grandi viaggi. Dove ebbe a dire:” chi sono io per giudicare un gay”. Oppure in riferimento alla famiglia quando raccontò di avere incontrato una signora madre di sette figli avuti con parto cesareo che attendeva l’ottavo ed egli le disse: “ma lei vuole tentare il Signore, vuol lasciarli tutti orfani? I cattolici non sono obbligati a fare figli come conigli”. Oppure quando la discussione si accese attorno alla libertà di stampa e di espressione dopo la strage di Parigi del 7.1.15 esclamò: “Se qualcuno offende mia madre merita vedersi un pugno”. La famiglia in particolare è l’altro suo cruccio. Nell’autunno del 2014 indisse un sinodo sulla famiglia, sul matrimonio, sulle coppie divorziate, conviventi, di fatto, omosessuali indicendo un’assemblea di vescovi per discutere i vari problemi connessi invitandoli ad esprimersi con chiarezza, esponendo le loro opinioni anche se diverse da quelle del papa. Gli sta soprattutto sullo stomaco che ai divorziati e alle coppie dei secondo matrimonio sia negata la comunione, escludendo così dalla comunità dei credenti e in mondo irreversibile tante persone di fede sincera. Sa di avere a che fare con delle resistenze ataviche, non per nulla nel suo opuscolo “Evangeli Gaudium” del 24.11.13 ebbe a scrivere:” l’evangelizzazione esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del si è sempre fatto così.  Invito tutti ad essere audaci e creativi e ripensare obbiettivi, strutture e metodi”.
Ad un certo pubblico questo Papa certo può diventare scomodo. Anzi lo è già. Possiamo citare la posizione di Giuliano Ferrara, definitosi ateo devoto, direttore del quotidiano “il Foglio” il quale(6.8.13) scrive che questo è un antipapa, svilisce il papato, tipo burlone, populista, parroco di campagna, una specie di cavallo di Troia che porta a barattare tutte le religioni, a smarrire il fondamento, i dogmi e l’unicità della vera chiesa cattolica. Da citare pure Vittorio Messori, scrittore di diversi libri, un verso araldo della tradizione, il quale nel Corriere della Sera alla vigilia del natale 2014 sostiene che questo papa sta confondendo la fede dei cristiani medi. Oppure Antonio Socci, punta avanzata di Comunione e liberazione, stile buttafuori, che scrive un libro(3.10.14) in cui dimostra che l’elezione di Bergoglio è invalida. Ma è soprattutto attorno al suo entourage, in Vaticano, fra alcuni di casa sua che le reazioni sono più pesanti. Va menzionato il libro scritto da 5 cardinali, due italiani e tre stranieri, dal titolo:” Permanere nella fede di Cristo”, in cui indirettamente si fa osservare a Papa Francesco che la legge della chiesa è immutabile ed infallibile. Ovvio che alcuni cardinali si siano pentiti di averlo eletto.  Aggiungasi una buona parte del clero, dei gruppi tradizionalisti, del conservatorismo e del fondamentalismo, abituato a garanzie stabili anche perché di comodo, quindi portato più ad obbedire che a riflettere sui motivi della propria fede, e si avrà un quadro abbastanza completo. Papa Francesco comunque pensa in positivo verso il futuro, un positivo fondato sulla fede nel Vangelo del Signore che ha promesso di non voler perdere niente e nessuno di coloro che il Padre gli ha affidato. Veramente un Papa per il nostro tempo.

 Autore: Albino Michelin

1 commento:

  1. Ciao Albino,


    ho letto l'articolo su Papa Francesco e mi ha commosso.

    Anch'io amo
 questo papa perchè per la prima volta, grazie a lui, mi sento
 orgoglioso di essere "cattolico".

    Rimane il fatto su quanto lui
 riuscirà realmente a cambiare la chiesa, come da te sottolineato: "Non
 è un rivoluzionario nei principi, ma nei metodi", -
 Nella sua convinzione che una radicale trasformazione della chiesa da
 questa debba partire.


    Io non sono d'accordo con Sibaldi quando definisce Papa Bergoglio uno
 spot pubblicitario della chiesa. Te, per contro, ci fai comprendere il
 percorso che egli traccia con il suo modo di vivere la chiesa ed è
 molto bello quando descrivi: "Nel passato si partiva da Dio, dalla
 chiesa, dai suoi dogmi, giudizio, paradiso, inferno per imporli
 all’uomo.

    Egli invece preferisce partire dall’uomo, dalla sua
 indigenza, dalla sua precarietà, povertà, dalle sue difficoltà per
 andare a Dio".


    Oltrettutto scrivi anche molto bene, complimenti e grazie soprattutto
 per condividere con me e con altri il frutto della tua ricerca
 teologica e dei tuoi studi.



    Alla prossima



    Roberto Fioretto

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