lunedì 11 febbraio 2019

I DIVERSAMENTE CREDENTI

E’ fuori discussione che ogni persona, nell’ipotesi abbia la fede, la vive attraverso la cultura del suo tempo o del suo ambiente. Se ad esempio uno fin da bambino venisse educato in un territorio dove l’entità soprannaturale di riferimento fosse P. Pio da Pietrelcina ovvio che gli renda ogni omaggio e ossequio. Così dicasi di un abitante del Tibet che sarà devoto di Confucio e di un africano che adorerà il grande Spirito degli antenati.  Con ciò non si vorrebbe affermare che la religione è un prodotto sociale, ma che indubbiamente la società ne costituisce la radice, lo sviluppo, il condizionamento.  Tale fede potrebbe nel prosieguo del tempo e in riferimento a diversi confronti subire o acquisire all’interno della coscienza una evoluzione, un ripensamento, un rifiuto, ma questo lavoro interiore non è di tutti e dipende da una serie di circostanze. Ciò premesso va anche detto che noi stiamo vivendo in un tempo e in un mondo dove tutto viene messo in discussione e relativizzato. Per cui c’è più spazio anche per la ricerca personale.  E rimanendo nel nostro occidente noi ci accorgiamo di una nuova terminologia chiamata” i diversamente credenti”. E si vada adagio con il definirli tout court atei, agnostici, miscredenti, perché vi potrebbero rispondere:” io non sono ateo, sono un credente ma diversamente credente”. E qui bisogna fare il punto perché non sempre si tratta di una scusa, ma di un’affermazione veritiera. Diversamente credente non sarebbe colui che litiga con il proprio prete e gira da un altro. O colui che per antipatia verso la propria parrocchia va a messa in un santuario o a Medjugorje, o colui che irritato dal confessore con le manica stretta se ne va da quello con la manica larga, o colui che pianta baracca e burattini e passa ai testimone di Geova e viceversa, o aderisce ad altri movimenti. In questo caso senza offesa diciamo non si tratta di diversamente credenti, ma di clienti che cambiano bottega. I diversamente credenti possono essere di altra esperienza e da prendersi quindi più in considerazione.  A proposito va citata qui una mail della signora E. da Varese:” All’inizio quando mi sono staccata dalla chiesa mi sentivo persa, ero delusa. Il percorso di spiritualità che sto facendo mi sta aiutando tanto ad analizzarmi interiormente, sono diventata più riflessiva e mi comporto senza sentirmi giudicata, credo fortemente nell’energia positiva e negativa, nella reincarnazione. In pratica cerco di fare le cose in base alla mia coscienza, se posso aiuto le persone anche con opere di volontariato, penso valga di più un’opera di bene che non una messa. In sostanza non mi piace quello che ha modificato l’uomo. Un Dio e un Gesù non si comporterebbero così, vivendo nel lusso e sentenziando regole assurde”.  Espressioni frequenti e comuni pure a molti cattolici che nel cattolicesimo di oggi non si ritrovano più. Certo anche qui l’occasione per uscirne e defilarsi potrebbe collegarsi a qualche piccolo o grosso conflitto con l’istituzione precedente, che però invece di condurre al nulla o verso l’indifferenza, ti porta a qualcosa di più profondo, che, al di là del dettaglio reincarnazione, si chiama la radice e l’essenziale dell’io, si chiama spiritualità. In questa situazione la chiesa con i suoi dogmi non viene messa sotto processo o combattuta, ma considerata come un opzional, o come sopra citato, relativizzata. Per aiutarci un po’ad approfondire il tema possiamo anche ricordare Van Gogh che scrive al fratello:” per me il Dio degli uomini di chiesa è morto e sepolto.  Ma per questo non sono un ateo perché percepisco nel mio amare esservi qualcosa di misterioso, chiamato Dio, Natura umana, o altra cosa e mi rendo conto che è vivo e reale”.  E Einstein: “meravigliarsi ed emozionarsi di fronte al mistero, della straordinaria bellezza accessibile a noi anche solo nelle sue forme più elementari, questa è la vera attitudine religiosa”. E Leopardi, un ateo assetato di Dio che nella sua poesia “Infinito” esclama:” e dolce mi è naufragare in questo mare”. Luisa Muraro, scrittrice e filosofa contemporanea nel suo libro “Il Dio delle donne” afferma con una certa circonlocuzione: “c’è in questo mondo una realtà che non è realmente solo di questo mondo. C’è oggi una forma di spiritualità che nasce dalla esperienza della fragilità umana, libera di indagare l’esistenza di Dio o il suo contrario. Dio smette di essere un talismano contro il male o le disgrazie di questo mondo, ma resta come dimensione reale al di là dello sperimentale e dell’opinabile, anche se non sappiamo dargli un nome”. Integrante a queste riflessioni andrebbe aggiunta un’opinione di S. da Treviso:” I miei percorsi personali mi hanno portato alla convinzione che Dio è ognuno di noi o meglio la nostra essenza, che ognuno di noi conosce bene nel proprio Sé tutti i valori che le   varie dottrine tendono ad insegnarci-. E su queste bisognerebbe lavorare nel senso che ogni individuo ne divenga consapevole”. I non credenti si trovano in una posizione talvolta migliore per accogliere lo spirito di Dio che soffia dove vuole e che difficilmente entra dove vi sono incrostazioni rigide di una religione abitudinaria.  Il diversamente credente non ha nulla a che vedere con il pessimismo ed il catastrofismo ma lo possiamo trovare impegnato in prima linea nella difesa dei diritti umani a salvaguardia del creato, volutamente al servizio degli impoveriti, recependo l’ottimismo della creazione. Non per niente le Comunità di Base hanno intitolato il loro convegno di Rimini del 2017 “Beati gli atei perché incontreranno Dio”. Al di là di un certo paradosso si potrebbe affermare che gli atei non esistono, o molto rari, ma i diversamente credenti sì. E forse varrebbe la pena ascoltare anche le esperienze dei loro vari percorsi nei molteplici movimenti spirituali di oggi, ancorché non siano muniti del timbro postale della chiesa, o delle religioni istituzionali.

Autore:
Albino Michelin
23.01.2019

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