lunedì 18 febbraio 2019

LA BIBBIA E LE SUE INTERPRETAZIONI: LA COSTANTE E LE VARIABILI

Nella liturgia della messa cattolica si comincia a riformare. In Effetti Papa Francesco disse che non corrisponde al testo originale una formula del Padre Nostro e una del Gloria e precisamente” non ci indurre in tentazione” e “pace in terra agli uomini di buona volontà” da sostituire con “non abbandonarci alla tentazione” e “pace agli uomini amati dal Signore.” La maggioranza le considera quisquiglie e non ci bada, ma una certa aliquota fa addirittura il diavolo a quattro, e si gioca la fede. Si domanda se si doveva aspettare due mila anni per riformare i testi originali e mandare all’aria quello che per secoli si è creduto. Non è possibile, la Bibbia è parola di Dio, è ispirata da Dio, è scritta da Dio, ha Dio per autore, va presa e applicata alla lettera, prescrizioni igieniche e rituali comprese. Una cosa alla volta. Anzitutto la Bibbia è un libro umano perché Dio non sostituisce l’uomo. L’uomo, lo scrittore ispirato parla sì in nome di Dio, ma prima di tutto in nome proprio. I granelli d ‘oro che la bibbia contiene sono mescolati con diversa quantità di argilla. L’ispirazione di Dio non modifica le attitudini, lo stato fisico (qualche scrittore sacro era malato anche di epilessia con conseguente difficoltà di interpretazione), l’assetto culturale, il carattere. Per la cronaca va detto che la Conferenza episcopale italiana il 15 novembre 2018 ha preso atto e divulgato questa informazione papale. Pare vi abbiano impegnato 16 anni di studio. Se da una parte sembrano veramente troppi però una domanda si impone: e se non vi fosse stato questo pronunciamento, e avessimo continuato con le precedenti formule avremmo recitato una verità o un errore? Ovviamente un errore. Perché la verità non dipende dalla decisione dell’autorità, ma dalle conclusioni degli studiosi, che vi erano già arrivati da anni, anche se dovevano tenersi la bocca cucita. La verità dipende dalla realtà e da chi riesce a scoprirla. Nello specifico in questione la verità dipende dal magistero teologico, cioè degli studiosi e degli interpreti. Dal papa può dipendere il magistero di governo, come dai credenti tipo madre Teresa dipende il magistero carismatico. Un papa non può autorelazionarsi tutto e accorparsi tutti i magisteri.  E qui si ricollega il nostro argomento del titolo. Indubbiamente un breve excursus storico non nuoce. Gesù ha parlato in aramaico, dialetto del suo tempo, l’originale dei primi vangeli è andato perduto e abbiamo come base il testo greco. Esso fu tradotto in latino da S. Girolamo verso il 400 d.C. I vangeli come a noi tramandati furono codificati nel concilio di Nicea 325 d.C. indetto non dai vescovi ma dall’imperatore Costantino, il quale non si è convertito alla Chiesa, piuttosto in parte è vero il contrario. Non si nega che lo Spirito del Signore abbia supportato i vescovi riuniti, però è storico che la parola di Dio è stata fissata da uomini sotto l’egida dell’impero romano. Nel 1229 il Concilio di Tolosa proibì di leggere la Bibbia. Nel 1450 con l’invenzione della stampa la bibbia fu tradotta nelle lingue nazionali specie sotto la spinta di Lutero, nel 1780 comparve la prima bibbia in italiano. Non solo la storia ma anche l’interpretazione della Bibbia è in evoluzione, come quella dei dogmi, come anche la legge di natura. Al tempo del cannibalismo legge di natura era divorare fisicamente i propri simili, in tempi seguenti legge di natura era defraudarli, in tempi recenti (1948) come legge di natura sono emersi i diritti dell’uomo. Chi fermerà l’evoluzione e quale piega prenderà? Questo dipende dall’uomo, premessa ovviamente l’assistenza di Dio. Alcuni messaggi nella Bibbia restano perenni, altri sono frutto del tempo, delle usanze, dei costumi. Soprattutto è molto importante distinguere il Gesù della storia dal Gesù della fede, ciò che è genere letterario, ciò che è simbolismo, come pure chiedersi chi l’ha scritto, chi sono i destinatari, quali sono i motivi del documento in questione, se qualche brano è stato aggiunto dalle prime comunità. Recentemente mi sono incontrato con un prete il quale mi diceva che lui non crede al miracolo delle nozze di Cana, cioè che Gesù abbia trasformata diverse botti di acqua in vino. Al che mi permisi di aggiungere: Io stesso non credo che Gesù si sia trasformato in cantiniere, che abbia fatto prodigi da circo, però non direi mai nella predica che questa è una fiaba, che non ci credo, non direi mai che il prodigio non è avvenuto, ma affermerei che ci credo, non tanto in senso letterario, ma simbolico. E il simbolico arriva al vissuto in profondità molto di più che non il racconto materiale. Cioè dovunque Gesù passa non lascia mai le cose come prima. Ma trasforma l’acqua in vino, cioè la tristezza, la miseria, la sofferenza della gente in gioia di vivere, in coraggio, in progetto di vita nuova. Questo è il vero miracolo, non il sensazionale vino spumeggiante per soddisfare la curiosità della gente. Ma questo è il paradosso di oggi, che bisogna continuare a raccontare bugie. In effetti esistono molti preti che quando chiamano un sostituto a predicare gli ingiungono di non uscire dalle righe per non confondere il nostro “buon” popolo. Ti impongono un letteralismo spaventoso, così sta scritto, così va detto.  Anche il nuovo Catechismo del 1993 precisa che i vescovi devono insegnare, i parroci ripetere, i fedeli credere, i docenti proporre. Rare le comunità in cui si appresta per la gente un cammino culturale nei confronti della Bibbia.  Certo nessuno più riuscirà a fermare l’evoluzione nell’interpretazione di questo libro, però la tentazione è sempre dietro l’angolo. Questo articolo pare un po’ generico, ma costituisce la base per affrontare in futuro a beneficio dei lettori argomenti dettagliati della Bibbia, dei dogmi, della fede per vedere quali sono le costanti e quali le variabili. In tutti i casi non si tratta di indurre in confusione, ma di aiutare alla chiarezza perché non ci si venga a dire che la bibbia è un libro di favole devote.

Autore:
Albino Michelin
10.02.2019

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