martedì 5 febbraio 2019

ERMANNO OLMI CINEASTA PER NIENTE BANALE

 Ermanno Olmi, regista, documentarista, poeta fra i più apprezzati del nostro tempo è deceduto all’età di 86 anni ad Asiago(Vicenza) dove risiedeva da 50 anni, il 6 maggio 2018. Il motivo per cui è doveroso anche se in ritardo tributargli una plebiscitaria memoria nasce dal fatto che molti di noi sono rimbecilliti a furia di  assistere alla TV banalità come quella del 30 settembre u. s. Il popolo italiano impazzisce per programmi vuoti e deprimenti in cui il conduttore celebra fritte e rifritte le avventure e molestie sessuali fra registi, attrici, attori minorenni. Per rispetto verso di loro non citiamo i nomi. Vorrebbero ridurci ad un popolo di sottosviluppati e vanesi. Doveroso quindi contrapporre a tanta vacuità Ermanno Olmi, regista e uomo dello spettacolo, della TV, dello schermo, del documentarismo dai contenuti intelligenti, e culturali, con al centro la dignità dell’uomo. Personalmente ho conosciuto il regista a Basilea quando il 12.10 del 1969 lo invitai, quale missionario animatore dei giovani del club culturale italo-svizzero, al Cinema Capitol dove proiettammo il suo film “Il Posto” con un pubblico dibattito in una gremita platea di connazionali. Ebbi anche recentemente la possibilità d’incontrarlo in quel di Asiago, via dei Giardini, un nome un simbolo, dove la sua profonda competenza e interiorità aveva il messaggio di una magia. Olmi di origine bergamasca, figlio di un ferroviere deceduto nella seconda guerra mondiale, nonni contadini che gli avevano dato la possibilità di conoscere sia il mondo operario che quello rurale.  Per lui la terra e la natura era il grembo generoso da cui traeva equilibrio, armonia saggezza. Da ragazzo fece il garzone per potersi sovvenzionare la scuola di recitazione. La sua produzione 19 film e un numero imprecisato di documentari. Qualcuno fra i più significativi in ordine cronologico, 1953” La diga sul ghiacciaio”, opportunità di girare un documentario nei cantieri di montagna nei quali si costruivano enorme dighe lo portò a fare cinema attraverso una partecipazione e diretta osservazione della realtà. 1961 “Il posto.” Premio Ocic di Venezia. Agli inizi del boom economico i giovani cercano e trovano lavoro.  Un film che racconta le idealità, le speranze di un mondo giovanile pulito. Storia di due giovani alle prese con il loro primo impiego: in una festa aziendale la protagonista Loredana Detto, che poi diventerà sua moglie e gli darà tre figli, Elisabetta, Fabio, Andrea, incontratasi col fidanzatino con ironia gentile, alla Olmi, gli affibbia:” ma va’ che sei ancora un piscia in letto”.  1969 “I recuperanti”, dove narra la vicenda di un reduce del 45 che sull’altipiano ritrova la fidanzata, ma non un lavoro per cui l’unico mestiere è rientrare nelle viscere della terra e recuperare residuati bellici. E finalmente nel 1978 il capolavoro “L’ albero degli zoccoli”, limpida evocazione di un mondo contadino ora tramontato. Immersione nel microcosmo della cascina lombarda fine 800. Pellicola poetica e struggente. Attori non professionisti, bambini, donne, anziani di Martinengo, Palma d’oro a Cannes 1988. “La Leggenda del santo bevitore”, Leone al festival di Venezia, tratta di un alcoolizzato, ex muratore che vive a Parigi e muore felice in grazia con Dio e con gli uomini.  2009 “Terra Madre” l’attaccamento dei contadini alla terra è un atto d’amore. Un messaggio al sistema economico attuale che inquina l’ambiente e sfrutta il sudore dei contadini per guadagnare. 2011 “Il villaggio di cartone” narra di un anziano prete che assiste impotente all’incendio della sua chiesa con la sparizione dei simboli religiosi e del crocefisso. Egli passa allora a trasformarla in un centro di accoglienza immigrati. Via i simulacri e dentro gli uomini. Ambientato in Puglia espone le ferite del sud, vittima dello sfruttamento dei braccianti da parte del caporalato. Realtà che anticipa la situazione attuale. Film prodotto in collaborazione con il biblista GF. Ravasi e il teologo V. Mancuso.  2014 “Torneranno i prati” cioè a fiorire dove i bambini potranno far volare gli aquiloni, Ripropone le vicende legate alla prima guerra mondiale, in cui Asiago fu uno degli epicentri, film girato di notte al freddo, fra le trincee ricostruite sui campi di battaglia, con un monito contro la guerra. 2015 cortometraggio “Il pianeta che ci ospita”. Il debito che gli esseri umani hanno nei confronti della natura: nutrire il pianeta. Un richiamo ai popoli ricchi a garantire cibo, acqua, dignità ad ogni essere umano.  Girato dal Monte Bianco a Lampedusa è un omaggio ai migranti, un inno alla carità in chiave laica e cristiana.  2017 l’ultimo film” Vedete sono uno di voi”. Narra del Card. Martini, un compagno di vita che trova il suo senso più profondo nel suo valore catalizzatore della storia. Due professioni, o vocazioni o strade diverse unite dallo stesso anelito verso la condizione umana. A questo punto non si può sorvolare sul suo “Essere credente”.  Certo la sua fede si radicava nella civiltà contadina, ma mano a mano che questa tramontava tale fede si approfondiva sempre di più verso l’essenziale. Quando ventottenne rivela di essere credente e che va a messa tutte le domeniche si guadagna rapidamente la scarsa considerazione dei colleghi. Si definisce cattolico non conformista, più tardi si definirà aspirante cristiano al di fuori di ogni ideologia. E gli tornava in mente l’immagine della nonna che egli adolescente contrastava per la sua fede acritica e senza domande ma che gli rispondeva:” adesso basta, lasciami credere come ho sempre creduto”. Ma a ben considerare Olmi non era né cattolico, né cristiano, ma molto più in là, era uno spiritualista. Una spiritualità che attraversava tutta la sua esperienza umana.  Tanto che nel 2013 si sentì in dovere di scrivere “Lettera ad una chiesa che ha dimenticato Gesù.” Ora in riedizione. Rammarico per una chiesa dell’ufficialità sempre più lontana dagli uomini che esalta la liturgia dei riti e dimentica la liturgia della vita, i poveri. Olmi non è mai sceso a compromessi col cinema commerciale, perché il successo e il clamore delle folle allontanano dalla verità delle cose. Oggi in un periodo storico in cui i mezzi di comunicazione, specie TV e internet strapazzano il popolo italiano drogandolo di vuoti interessi, erotizzando tutti, attori, registi, soubrette, impresari, conduttori, spettatori, grandi e piccini, la figura di questo regista E. Olmi rappresenta in controtendenza il testimone di una italianità più intelligente e meno qualunquista.

Autore:
Albino Michelin
04.01.2019

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