mercoledì 18 dicembre 2024

PROIBITO OGNI RUMORE PER GIULIA

È un anno che l’efferato femminicidio di Giulia Cecchettin si è consumato. Filippo Turetta con 75 coltellate si è disfatto della sua ex fidanzata seppellendo in un mucchio di sabbia lasciando nell’orrore tutta l’Italia. Era precisamente l’undici novembre 2023. Era stata la sorella di Giulia, Elena, che chiedeva di fare un po' di rumore. Non basta il silenzio, dobbiamo farci sentire. Dobbiamo urlare la nostra collera ed il nostro dolore, dobbiamo denunciare il patriarcato che si nasconde dietro ad ogni femminicidio. Fare rumore tutti insieme quindi perché il dramma di Giulia non è soltanto un dramma personale ma è la punta dell’eisberg di un problema sistemico, ed il prodotto di una cultura dello stupro come oggetto di possesso a disposizione di chi o persona consumata o semplicemente un narciso che pensa di poter decidere destino il delle donne. Il minuto di silenzio diventa simbolo della lotta contro la violenza di genere. Invocare il silenzio rispettoso quasi che il silenzio rispettoso e parole fossero inconciliabili. E’ difficile capire come tanti adulti possano credere di cosa sia il giusto fare meglio dei ragazzi della ragazzi. Che oggi sanno perfettamente muoversi all’interne di un universo in cui quando si tace si viene cancellati. I giovani sanno meglio di qualunque altro il vero problema che oggi sono le parole che mancano. Sono proprio le parole che mettono ordine nel caos, sono loro che possono disinnescare la violenza che distrugge. Perché quando le parole mancano o si perdono è la brutalità che trionfa. E venne il primo anniversario del femminicidio 11 novembre 2024. Ci si doveva accordare con l’edificio scolastico per suonare una campanella e dare inizio all’evento. Allora tutti gli studenti e studentesse sarebbero stati pronti avrebbero dovuto a far rumore sbattendo sul tavolo chiavi, libri, borracce, righelli. Un tumulto per dimostrare la loro indignazione per una coscienza collettiva. Se non che il preside della scuola del Tito Livio, Luca Piccolo, dove aveva studiato la Giulia e dove a suo tempo era stato anche studente il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, decide di inviare una circolare dichiarando che per il caso Giulia intendeva non concedere il consenso perché l’esperienza poteva essere interiorizzata lo stesso con rispetto per la famiglia e che ciascuno avrebbe potuto accendere una candela a casa sua e lasciarla bruciare per intero. Al che l’indignazione della famiglia, soprattutto del padre Gino e della sorella Elena che avevano intuito trattarsi di un tema politico anziché sociale. Di fatti è intervenuto anche il ministro dell’educazione Valditara che con un’espressione sibillina:” massimo rispetto per quello che fanno le scuole. Non entro in merito” schivando così ogni polemica. Lo sdegno anche del movimento “Bruciamo tutto”, movimento di liberazione dal sistema patriarcale nato dalla rabbia viscerale da tutti provato per il femminicidio di Giulia l’11 -11-23. Sorto proprio in quella circostanza dalla sensibilità di Gloria Carollo quale movimento non violento per ottenere il cambiamento. Inoltre attiviste e attivisti si sono dati appuntamento alle facoltà di lettere e filosofia di Roma e hanno ricordato all’ingresso Giulia imbrattando di nero le panchine rosse, simbolo della violenza di genere. Ma tantissime sono state in Italia le manifestazioni della triste circostanza. Secondo una dichiarazione della L. Boldrini, ex presidente della Camera, sono state 90 le vittime del femminicidio proprio ad un anno di distanza uccise per lo stesso motivo. Le nostre generazioni sembrano incapaci di trovare una direzione che aiuti a superare in questo momento i giovani per entrare nel mondo adulto. Il contesto familiare gioca un ruolo essenziale in questa pubertà anticipata che arriva già a dieci anni e rende difficile la crescita. Da qualche anno quotidiani e media ci riportane affermazione allarmanti sul modo degli adolescenti e dei giovani, violenze, stupri, sopraffazione, suicidi. Sono segnali di un grande malessere che percorre le nuove generazioni che stanno vivendo un grande smarrimento. Perdendo di vista una prospettiva futura i giovani sono costretti a vivere in una dimensione contingente. In questo quadro stiamo assistendo ad un fenomeno nuovo che dovremmo cercare di mettere a fuoco e comprendere. Questi episodi allarmanti di violenza non coinvolgono solo ragazzi e ragazze della maggiore età, ma interessa anche ragazzini e ragazze dell’adolescenza più giovani sui 12.13 anni. Infatti la pubertà, la grande trasformazione corporea e sessuale che prepara la maturità adulta, arriva con grande anticipa rispetto alle generazioni precedenti, esponendo gli adolescenti ad una esperienza difficile da fronteggiare. Quando si acquisiscano queste potenzialità si arrischia di diventare vittime della propria fragilità soprattutto all’interno del proprio gruppo compromettendo la propria vita e quella degli altri. La violenza di genere è un continuum che inizia con i commenti sessisti e arriva fino al femminicidio. La violenza fisica arriva sempre dopo quella verbale e quella psicologica. Può cominciare con una banale “stai zitta” e trasformarsi in una pugnalata. E per questo che non ha senso vietare il rumore e che vietarlo significa avvalorare il cumulo degli stereotipi che che portano ogni tre giorni ad ammazzare una donna al femminicidio. E per questo motivo che Elena Cecchettin aveva raccomandato un minuto di rumore e questo per farsi sentire, uno dei tanti modi per fermare questo genere dii violenze.

Autore: Albino Michelin 5.12.2024
albin.michel@live.com
 

CHE COSA SPERARE OGGI

 Mai tante parole ed espressioni sono state usate lungo il tempo per esprimere la parola “speranza”. Nell’antico concetto: la mente è come un ombrello, fare uno sforzo per aprire la speranza. Col mito di Esiodo più tardi che del mito di Pandora sarebbe rimasta solo la speranza. Fino ai tempi della bibbia quando veniva insegnata essere la chiesa la speranza che unisce il mondo di qua e il mondo di la. E l’insegnamento che saremmo tutti uguali con perché Dio è la speranza che non delude. Che il salmo della speranza è il 127, che si intitola Dio è la forza, mia speranza. Poi il detto popolare che attribuisce alla speranza due figli: la paura ed il coraggio. Che il proverbio popolare esclama: ”chi vive cantando muore sperando“Che nella chiesa delle origini la speranza veniva rappresentata dalla destra che tiene in mano un calice, mentre l’altra brandiva una croce: era il simbolo di una donna vestita di verde con lo sguardo verso il cielo. Che il protettore della speranza è S Gabriele dall’Addolorata, morto giovanissimo di tisi. Che l’ultimo viaggio della speranza è quello dell’emigrante e del profugo. Che la speranza accompagni il malato terminale con una candela simbolo di buon pellegrinaggio nell’aldilà. La storia del pensiero e il valore della speranza non è sempre stato apprezzato, ma sicuramente da sempre se ne discute. In alcuni aspetti della riflessione si è dubitato che la speranza fosse un valore negativo. Che sia un’emozione o un sentimento od altro poco importa, perché in fondo essa è presente nell’esperienza umana fin suo sorgere e qui che la psicologia se ne occupa. Una difficoltà nasce da un dato di fatto. In effetti la speranza viene chiamata la virtù debole fra quella teologali delle fede e della carità, e cioè in quanto essa ha per obbiettivo destinazione oltre tomba. In quanto alla carità e alla fede (che hanno per oggetto Dio) quel poco o tanto che pratichiamo lo si vede. La speranza invece in maggior parte è diretta nell’aldila. Qui non si vede ma si spera. Pero ci interiorizza e fa parte della nostra vita. Con un dogma si crede che Dio ci concede la fede, ma in definitiva ci si fida di lui! Tuttavia per quanto sia un discorso psicologico possiamo benissimo rifarci a Federico Faggin, scrittore di libri sulla coscienza. Egli inizia il suo incipit con una definizione di emozione che racchiude anche la speranza. Sono classificate le emozioni primarie, come la speranza, l’ansia, la tristezza, la rabbia, la suddivisione su certi aspetti secondari. In effetti i libri secondari vengono ritenuti poco psicologici. Per esempio nel suo libro “Gli irriducibili” sostiene che per anni inutilmente è stato tentato di capire come la coscienza e la speranza potessero sorgere a segnali elettrici o biochimici ed ha constatato che segnali elettrici come forza o movimento si, ma mai soltanto emozioni e sentimenti che sono qualitativamente diversi. E la coscienza che fa la differenza fra un robot e gli esseri umani. E per completezza giova qui contribuire con altre definizioni di speranza ”è un‘emozione che si attiva per raggiungere una finalità in contrapposizione alla paura che paralizza ed allontana dagli obiettivi prefissati”. Ed una seconda. “E’ una emozione esistenziale che consiste non nella attesa passiva ma con la fiducia di un esito positivo nella attività che sta per intraprendere. Infine: “è una emozione esistenziale che riveste un reale fondamento con la quale sviluppa nella persona la sua realizzazione  ”Ed in riferimento a quanto si diceva sopra che il simbolo dell’ancora significava nella chiesta primitiva la connessine dei due mondi, il presente ed il futuro. Ebbene, Massime Recalcati, esimio psicanalista italiano, organizzo un coma convegno ad Ancona sul tema:” esisteremo noi dopo la nostra morte’” Egli sostiene che noi siamo immortali ossia la nostra coscienza individuale radicata nel profondo del nostro essere continua ad esistere quando la nostra biologia avrà concluso il suo ciclo. Detto autore tra i più qualificati psicanalisti ha il vantaggio di tentare un approccio fra scienza e fede attraversa la fisica quantistica. Papa Ratzinger rimane sullo stesso concetto ma lo amplia facendo un ideale excursus nell’aldilà. Egli è dell’idea e il nostro mondo futuro sarà una chiesa regno di Dio quindi non individuale ma comunitario. Perciò sarà possibile la nostro preghiera non solo “per” in defunti ma “con” i defunti e vi sarà un reciproco scambio. Ipotesi che sarebbe tutt’altro che utopica, dato che la chiesa parla di una comunione dei santi fra i due mondi. Quello di papa Bergoglio è un altro passo molto interessante. Quando dice che la speranza non va confusa con l’ottimismo. Per un cristiano la speranza è solo Gesù in persona. La speranza è un dono dato da Dio a tutti gli uomini, nessuna discriminazione. Alcuni se le meritano, altri no, questo non è di Dio. Speranza non è di chi solitamente si beve mezzo bicchiere di vino o mezzo vuoto. Quello è semplicemente ottimismo, è ottimismo unico, che può arrivare da tanti messaggi, magari anche da un’indigestione. Ma alla fine come si può alimentare la speranza? Davanti ad una persona sfiduciata e distrutta dalle traversie della vita il problema è che specie in Italia ci si trova ad un genere di tabu a parlare di psicologia, psicologia del profondo, psicosomatica, in genere le parole che iniziano con ”ps”. Il paziente viene a dirvi che matto lui non lo è. La seconda: si sa che la radice della virtù della Speranza è “vir”, quindi maschio, virile. Il che significa che non si devono abbandonare le armi e che la persona mai deve sentirsi abbandonata. Non è il caso di consultar maga Mafalda o i tarocchi o il volo degli uccelli. Si cadrebbe nel mito di Sisifo di A. Camus vivendo e morendo in perpetua rassegnazione e paura. Quando noi siamo fatti per l’amore che nuove sole e altre stelle. Come canta Dante Alighieri nella sua conclusione alla Divina Commedia.

Autore: Albino Michelin 25.11.2024
albin.michel@live.com

SEI RICHIESTE PER LA RIFORMA DELLA MESSA

Dal 325 dal tempo di Costantino imperatore, quando i preti celebravano la messa che cosa dicevano? Questa è una domanda centrale perciò è stato organizzato alla fraternità estiva di S. Maria di Portosalvo a Palermo dal 18 al 21 2024 uno dei tanti movimenti di riforma della messa. Un tabù che non si dovrebbe toccare, quando però Gesù ha creato un movimento e ogni movimento si sa che richiede un’evoluzione. Se non si risolve non ha senso che si sostituiscano dei pezzi, quando la forma rimane. Ecco alcune riforme che vanno fatte, che nessuno ha mai il coraggio di porre mano ad esse sia dalle gerarchie che dalla base.
Una richiesta di partecipazione.
Una società che sente viva la dimensione della partecipazione politica, civile, sociale, la messa viene spesso vista come una celebrazione autoreferenziale. La messa recepita tutta imbastita sul sacerdote, anche se la figura del sacerdote non esiste nell’ambiente di Gesù, ma quello di spezzare il pane. Certo sul piano teorico non diciamo che l’assemblea e il prete a celebrarla. Il messale romano lo ripete pubblicamente che sacerdote è il celebrante. Una chiesa di soli maschi ed anonimi può avere cittadinanza in una società partecipativa? Ma ciò che rende ancora tutto strano è che celebrante o il sacerdote deve essere imposto dal codice di diritto canonico e di essere di genere maschile e celibe. Sono due requisiti oggi giudicati estremamente discriminanti, contro la dignità della persona e dei diritti umani. Ma c’è un’altra diversità: che il prete viene formato in seminario per essere sacro, cioè separato e diverso. Ciò gli fa appartenere ad una casta. In una società partecipativa la chiesa non è il luogo dove si conserva tabernacolo. È la casa del popolo di Dio dove si salutano e si accolgono i convenuti. Chiudersi in un intimismo spirituale e privato rende tutto estraneo, se non agghiacciante. Infine “fare questo in memora di me” è un impegno per farsi dono a tutti. E invece la nostra messa diventa un momento devozionale orientato verticalmente.
Richiesta di uno strumento libero dal potere.
Dagli studi storici abbiamo appreso le nostre messe sono entrate sono state create come funzionali ad una logica di potere. Non a caso per esempio quando la chiesa entrò con il sistema del quarto secolo furono fissate le dottrine come quella del peccato originale con l’insistenza sul senso di colpa. E la lista dei peccati.
Richiesta di libertà di coscienza.
Un altro segno dei tempi e messo in questione è la problematica della libertà, centrale almeno nei paesi democratici. Le nuove generazioni non accettano di sottoporre la propria coscienza controllo nemmeno delle autorità religiose. Il volere controllare il corpo degli uomini e delle donne è oggi visto come mancanza di cura per la libertà e l’integrità della persona. Come possiamo invitare le persone alla messa quando questo appare una violazione alla libera scelta?
Una richiesta di linguaggio comprensibile
C’è da domandarsi a questo punto un’altra questione, forse più complessa, quella dottrinale. La società di oggi prende in considerazione quando la narrazione è comprensibile. Le narrazioni teologiche sono spesso astratte sui sacrifici o delle espiazioni pure questi sono inaccettabili nella logica dei diritti umani. Esempio del messale: “padre clementissimo noi ti supplichiamo ……………salvaci dalla dannazione eterna. Se il cristianesimo celebra la liturgia come restaurazione di uno stato originario e andato perduto che c’entra con la buona novella portata da Gesù come una narrazione d’amore. “In principio era la gioia” diceva il teologo Fox. È sempre un altro rilievo su questo di sostantivo Oggi ci rendiamo anche conto che in un contesto di critica femministica al patriarcato e al maschilismo anche Dio Padre riferito a Dio crea problemi e ripugna a molti.
Una richiesta di linguaggio credibile.
Credibilità significa acquisire fiducia. In pratica essere credibile significa rispettare gli standard comuni ormai stabiliti dalle comunità internazionali. Una chiesa per esempio che non sa adottare strategie definitive per risolvere lo scandalo della pedofilia o questioni legate all’abuso spirituale delle donne o delle suore non appare credibili. Andrebbero denunciati i fedeli “tu stai sostenendo questo sistema non credibile, quanto meno con il tuo silenzio.”
Richiesta di altre riforme di fondo.
Ci stiamo rendendo conto che la dottrina teologica è di ostacolo per rispondere alla domanda di spiritualità. Eppure esiste nella nostra società. Ma mettersi in dibattito nella dottrina si scatenano delle reazioni inaccettabili. La cattedra di Mosè sembra contare più di tutto. La riforma a volte viene definita come abuso. A questo contribuisce la pressione di un vasto mondo legato al sovranismo. Occorre quindi una certa creatività.
Richiesta di gettare la rete al largo.
Nonostante tutto la chiesa è una riserva del mondo contemporaneo. Oggi gli si riconosce ancora la espressione appassionata dell’apostolo Giovanni:” gettate le reti al largo e troverete” dobbiamo osare.
 

Autore: Albino Michelin 22.10.2024
albin.michel@live.com
 

martedì 10 dicembre 2024

DIO PATRIA FAMIGLIA

 Dio, patria, famiglia, sono diventati oggi uno slogan in cui i partiti dell’estrema destra dovrebbero fare una certa circospezione e rispetto a parlarne. Se volessimo fare l’origine diremmo che c’è stata una mutilazione da parte di Benito Mussolini il 19 settembre 1919 che ha tradotto il motto di Giuseppe Mazzini (1805-1872) da “DIO, UMANITA’, PATRIA. FAMIGLIA “in Dio, patria, famiglia”. Per quanto fosse un libero pensatore egli di fatto sosteneva che oggi Dio con umanità andava adorato per sottrarsi alla prepotenza degli uomini. Con la preghiera venga il tuo regno sul mondo. Per la patria auspicava leggi uguali per tutti. Per la famiglia parola del cuore affinché fosse rispettata la donna. Ci interessa di meno se sia stata una furbata o una frode del gerarca per negare le ragioni della sua universalità. Interessa di meno se il nostro vagheggiasse la gloria imperiale della monarchia romana fatta di littorio, fascio di bastoni con un’ascia per il cittadino turbolento. Attualmente non va oltre a qualche “bella ciao” e di qualche manganellata dall’altra parte. Per quanto si nasconde sempre il fuoco sotto la cenere. Restiamo per un istante sul quadrinomio diventata ipnotico trinomio (DIO PATRIA FAMIGLIA) e qui viene stravolto il significato. Viene abolita l’introduzione di umanità, di una fratellanza universale, di un cattolicesimo ecumenico stile Paolo di Tarso. Bisogna andare a rileggere le radici della bibbia ove si tratta della fondazione del genere umano e l’origine patriarcale. E ci si accorgerà che il mondo va a rilento, né ci si può attendere una accelerazione improvvisa. Ci sono state affermazioni delle estreme destre fra i paesi sudamericani, nei paesi Balcani e negli Anglosassoni tradotti nelle proprie lingue. E inizialmente per alcune dittature che avevano creduto opportuno fare con la chiesa una certa non belligeranza e che chiamavano il nostro gerarca come l’uomo della provvidenza e Franco il Caudillo benedetto dal Signore. All’inizio della bibbia si parla sullo sfruttamento della terra e degli esseri sulla terra. Sulla proliferazione incontrollata dell’uomo. Sulla soggezione della donna che non è nominata da Dio, ma da Adamo con la nominazione che da il potere sulle cose. Sul patto tra Dio ed il maschio di turno, con i padri della patria Noè Abramo e Mosè. Sulla centralità delle famiglie come origine del clan. Sulla falsa promessa che non ci sarebbe stato alcun diluvio, mentre il riscaldamento globale è già un nuovo diluvio. Sul razzismo verso i discendenti di Cam. Sui Neri che devono essere schiavi dei Bianchi. E colui per cui la patria doveva essere appannaggio dell’uomo e la famiglia umana fosse una fraternità fra tutti gli esseri fu crocifisso. Per analizzare più da vicino parliamo di Dio. Fra tutti sono convinti che esiste un Dio solo? Ne esiste uno diverso per ogni interpretazione della sacra scrittura. Nemmeno all’interno di una sola religione ne esiste uno soltanto. Pensiamo che il Dio vendicatore di padre Fanzaga e del cardinale Viganò sia lo stesso del misericordioso papa Bergoglio o del cardinale Becciu ed amici dei burocrati di Curia? In quanto alla patria: confini di chi vince o di chi perde che vanno e vengono a secondo per esempio dell’Istria. Dove fino a ieri l’Italia si chiamava la patria, sicché bisognava essere uccisi ed uccidere per l’Italia. Ma ora si chiama Jugoslavia sicché bisogna essere uccisi ed uccidere per la Jugoslavia. Lo stesso slogan, Dio Patria Famiglia meccanicamente ripetuto da chi ha paura e deve aggregarsi ad una identità è la fede di coloro che vogliono la guerra. La stessa affermazione è citata dai loro nemici ortodossi. Non c’è cosa migliore del paradosso. La storia è piena di questi documenti e reperti fino dai tempi antichi quando si parla di Patria da parte di Mileto, fondatore della colonia dell’Egeo, e quella di Socrate messo a morte per le leggi della patria. Ed oggi si vive secondo la cultura del tempo: quella presunta unitaria e stereotipata del Mulino Bianco, o di quella fondata sull’amore e rispetto non propriamente conforme al dettame religioso? E qui sarebbe importante conoscere il messaggio di Gesù di Nazaret al proposito. Al ché bisognerebbe interrogare i teologi. Nel senso che egli è molto più profondo nei riguardi del Padre Suo. Non usa e non abusa di Dio per bloccare le coscienze, e per limitare lo spirito di iniziativa, per complessi di colpa difficilmente da guarire. Dio è colui che non toglie la vita ma la dà. La patria simboleggia il luogo sacro, in cui si protegge l’abitante, educato ai valori che contano, da nessun nativo messo al bando. Allorquando Gesù dice:” vi cacceranno in galera, vi flagelleranno, vi trarranno davanti ai governatori” (Luca 21.16). Gesù precisava l’ora della propria morte ma difendeva i suoi cittadini costretti ad abbondonare la patria. La Famiglia: e qui Gesù va allo scoperto “i genitori tradiranno i loro fratelli e parenti e gli metteranno a morte” (Matteo 10.21) anche il luogo basato sull’amicizia può diventare un covo di insoddisfatti. Ed è qui che egli propone di fare un passo verso DIO Padre, un REGNO, una COMUNITÀ. Meta verso cui mirare anche se di lungo cammino. Spesso viene oggi in discussione “questi valori sacri non negoziabili e indistruttibili e per i quali varrebbe la pena dare la vita”, a che cosa si dovrebbe pensare? A Dio fonte della vita ma sconosciuto. Alla patria che annega i suoi figli nel mare. Ad una famiglia che sparge inutilmente il sangue delle proprie spose e figlie…Così declinabile DIO-PATRIA-FAMIGLIA non sono più valori ma crimini.

Autore: Albino Michelin 15.09.2024
albin.michel@live.com

LA COSCIENZA, FRA CONSAPEVOLEZZA E PESSIMISMO

Parlare di coscienza è come sempre affrontare il mistero complesso ed universale della storia sia recente che passata. In pratica vi è il salto dualistico del materialismo in cui si spiega il fenomeno che essa proviene dai neuroni quindi un prodotto della materia che con essa morirà, o invece il tentativo di dare una risposta più globale. Vi sono i primi che vi diranno contro essere la religione oppio del popolo, e che siamo un tubo digerente, e che la vita dell’uomo è una favola narrata da un imbecille. Ma vi è anche chi trascende questa opinione limite con argomenti altrettanto che confinano l’ultimo argomento. Il più recente di costoro è che batte la via degli scienziati è Federico Faggin, in California, laureato in tecnologia e recentemente premiato dal presidente Mattarella. Prima di accedere al suo pensiero dobbiamo limitare un po’ il piano della coscienza, tralasciando le varie particolarità. La coscienza in neurologia, che cura il coma, la coscienza psicologica che si adopera sull’inconscio e sullo sdoppiamento della personalità, la coscienza psichica in quanto concerne il rapporto con il mondo, la coscienza etica che distingue il bene dal male, l’etica a quella filosofica ed a quella di classe. Lasciamo questo discorso a parte. Ne qui ci soffermiamo sulla dichiarazione del 19 luglio 2024 che anche gli animali hanno una coscienza, in dipendenza di un décalage fra un cavallo ed un mollusco, però c’è un problema di linguaggio, che l’uomo parla e l’animale no ed allora c’è un handicap biologico. Altra è la distinzione fra anima e corpo, che l’anima sarebbe il sostegno del corpo, mentre lo spirito sarebbe la parte più nobile dell’anima. Evitiamo tanta complessità e ci rimettiamo come nasce, come si sviluppa, a quali disturbi va incontro e ci fermiamo sull’autocoscienza. La coscienza e l’autocoscienza si definisce come consapevolezza di se, degli altri, dell’ambiente che ci circonda. Il filone preliminare è già presente nella donna incinta, ed attraverso il cordone ombelicale. C’è sempre una maggior relazione e formazione del neonato. Nel cervello abbiamo una corteccia ed è la sede della nostra attività mentale. Una prima tappa è il bambino al di sotto dei tre anni. Già all’inizio del concepimento: è qui che possiamo innestare le ricerche del nostro Faggin. E si riferisce a Francesco Redi di Arezzo del 1623, famoso biologo del tempo che andava dicendo “vivum ex vivo”. Non può nascere un essere dotato di vita da un altro essere inanimato. Cioè da un sasso non può nascere una coscienza. Faggin ha pubblicato due libri con una esposizione. Prima categoria è quella cognitiva o conoscenza che deriva dalla perfezione di un mondo fisico, il gusto del cibo, il profumo di una rosa, il suono della musica, il senso del colore. La seconda categoria riguarda le emozioni come la curiosità, l’amicizia, la compassione, la fiducia, la paura, la rabbia, la tristezza, l’orgoglio, l’ostinazione, l’invidia, l’avidità e così via. La terza è costituita dal pensiero. La quarta contiene i sentimenti spirituali, di amore intenso disinteressato, il sentimento di unità con l’universo, con una persona trascendente più grande di noi, ne ineffabili esperienze mistiche riportate nel corso dei secoli. È un’esperienza non clonabile, non sono secondo Faggin trasferibili da una persona ad un’altra, resta nell’interiorità e nell’intimità. Infine la nostra anima verrebbe assunta dai neuroni ed infine ritornerebbe donde era partita. Questa è la conclusione provvisoria come nessuna lo è sulla ricerca della ricerca sulla fisica quantitativa. Nulla di apodittico e nessuna lo è sulla ricerca del passato nei riguardi della origine della coscienza. E si basa ovviamente sulla quantità infinitamente più piccola dell’atomo attuale. Si ipotizza che l’immagine del sub atomo che essa confina totalmente con l’elemento spirituale della materia che coincide con essa. Ci interessa questa volta come si sviluppa la coscienza. Essa potrebbe andare dalla cura del respiro al superamento della depressione, del pessimismo e della misoginia. Esso per forza di cose comprende l’aspetto fisico e mentale e spirituali nel contempo. Un respiro profondo e tranquillo è quello che ti ricrea l’organismo ,una giusta alimentazione è quella che ti crea un benessere, una passeggiata all’aria aperta quella che ti garantisce una belle ossigenazione e ti invita alla meditazione, cosa purtroppo rara nel nostro ambente, non tante per portarci da noi gli orientali quanto per ricuperare il più profondo io e senza del quale non è possibile conoscere sé stesso, massima antica della malattia della coscienza e si arriverebbe al superamento di quello che si potrebbe chiamare la malattia dello spirito. Ed abbiamo il pessimismo sempre a considerare gli avvenimenti continuamente in modo sfavorevoli. Inguaribile, anche tu sei un inguaribile. Tutto è fallimento. Non avete, c è salvezza. Delle volte è congenito, talvolta è una persona che vuole farsi del male o qualche volta c’è un modo di farsi perdonare e quindi avrebbe bisogno di una cura di ottimismo. Casi difficili quando si tratta di una lunga durata. Ed abbiamo anche persone infelici costantemente malati tutta la vita. Senz’altro un Giacomo Leopardi è uno di questi. Nel suo capolavoro “Il sabato del villaggio” non vi è traccia di passione per le vita. E’ un caso limite. Non si può essere lieti quando tutto ti gioca storto. Infine sul sadismo o misantropia che trova il suo fascino attraverso il dolore, quello proprio e quello degli altri. Questo è un aspetto abbastanza inusitato ma non troppo. Si sa Gide ha scritto un libro per celebrare nel 1950 un ragazzo morto per l’ebbrezza di essere travolto dal treno. E non ci si dimentichi che tra Scilla e Cariddi, fra consapevolezza e pessimismo, la coscienza deve rimanere vigile per trovare un suo sano equilibrio.

Autore: Albino Michelin 07.10.2024
albin.michel@live.com
 

lunedì 26 agosto 2024

OLIMPIADI DI PARIGI 2024 CENA DI LEONARDO. REAZIONI ALLA BLASFEMIA

Lasciamo la parola ad un filosofo contemporaneo Umberto Galimberti per descrivere il nostro tempo e la nostra epoca. “È inquietante che la nostra società sia tutta protesa ai valori del prodotto e del calcolo. È inquietante che la nostra civiltà non riesca a fare un lavoro filosofico per distinguere e rivalutare ciò che è proprio dell’anima e del corpo, o meglio per il nostro spirito e la nostra mente. È inquietante che la nostra società non dia risalto al senso dell’onnipresente comune ad ognuno di noi. Nel senso del bello, nel senso del dono, nel senso del compassionevole, nel senso del gratuito, nel senso del religioso. E quanti sentimenti sono nella nostra natura di uomo. È lo stesso ad avere assistito ad un dialogo con una signora innamorata della sua arpa e quando le chiese il suo business essa rispose che con l’arpa si fa forfait da fame”. Fa venire in mente l’organizzazione e l’inaugurazione del 26 luglio con cena di Leonardo da Vinci (1495) passata in rassegna sulle acque della Senna di Parigi con una deplorevole discredito del cristianesimo. Ed in questa società della tecnica e del calcolo non è rispettoso del sentimento del bello e del religioso. Forse l’errore è stato sull’identificazione della festa di Dioniso e le baccanti del vino e le omosessuali della birra con la cena del Signore. Se fosse stata organizzata su due battelli diversi ugualmente sul senso del bello, chiaramente mancato ed il rispetto del religioso, avrebbero certo avuto un rifiuto identico. Se le scene non sono citate con precisione, l’ultima cena con le drag queen non sembrano-gradite a tutti. Prima di addentrarci all’organizzazione di Parigi è il senso dell’aspettativa che in essa importante conoscere. In effetti c’è stato un coinvolgimento geo politico mai registrato. Intanto tutta la città era blindata. Macron che parla della cerimonia più bella del mondo, per la festa più bella del mondo, per il paese più bello del mondo. Ma gli Stati Uniti avevano bene gli occhi mirati sulla Francia, per la questione militare dell’Ucraina e Gaza, come gli occhi gli avevano già puntati a Pechino, come ce gli aveva la Germania. Ed il presidente dell’Ungheria Orban che con questa cerimonia essa avesse collaborava alle debolezze ed alla disgregazione dell’occidente. All’interno della cerimonia inaugurale dell’Olimpiade è davvero da incorniciare per la qualità e quantità di sciocchezze proferite dai commentatori. Vi era seduta una signora di stazza copiosa al posto di Gesù, aveva attorno al capo una gigante aureola. Attorniata da uno show di donne e di soubrette, di bambini in sintonia con i giocherelloni. Vi era pure un puffo sdraiato per terra a tipo di crapula. Sul battello mancava il fondo della volta, mancavano i bicchieri, le portate ai commensali. La tavola era colorata di rosso, le persone erano sedici con l’ordine uno-uno-tredici-uno-tre. Piuttosto in ordine confuso. Le reazioni non si sono fatte attendere. In primis quello dei vescovi unitamente a quelli statunitensi l’hanno definito un oltraggio. Lo spettacolo da due miliardi di interessati. Non hanno semplicemente pensato che la celebrazione olimpica andava oltre i gruppi di potere. Non è la Francia a parlare all’inaugurazione ma quanto piuttosto l’emblema di tutta la comunità umana. Lo sport è un’attività dell’umanità nessuno escluso e meravigliosa, che ci rallegra profondamente il cuore degli atleti e degli sportivi. “Il loro scopo fare la guerra teologica” si dira rivolgendosi ai vescovi. Essi possono rispondere che i vescovi sono pure uomini e non sono estranei al mondo. E di tutto ciò che li concerne hanno pure loro il diritto alla parola. Ne succede subito un altro nella persona di Anna Deschamps direttrice della comunicazione di Parigi. Ci scusiamo verso le persone che si sono sentite offese nella cerimonia del 26 giugno. È stata rilanciata la blasfemia da molti sfruttata. Chiediamo scusa a diversi membri delle confessioni religiose. Meglio tardi che mai. È stata la volta del direttore artistico Thomas Jolly. Qui si è capito che la cultura laica è molto diversa da quella religiosa. Si dirà che questa è una stoccata finale, che potrebbe però essere come memoria di un substrato culturale ad un popolo giustamente orgoglioso. “La grandeur de la Patrie “pero va sempre conquistata. Vi sarebbe qualchecosa da imparare da questo evento? Possiamo riavvisarlo in due elementi (1): se mi si anticipa una lettura o una spiegazione di qualche esperienza avvenuta in un passato recente mi si pone l’eventualità che ciò avvenga. Se un nel contempo uno si mette dietro ad un bancone di bar ecco che fa in di ogni erba un fascio. Mette insieme Papa Giovanni, S. Gennaro, Padre Pio da Pietralcina e tutto va nel dispregio comune. (2) Un altro comune elemento e che noi cattolici siamo poveri ed approssimativi nella conoscenza iconografica. La si incontra attraverso la chiesa, attraverso i luoghi di culto, e così succede alle altre attività figurative di qualche museo o cattedrale. Però molti di noi oggi sono con limitata conoscenza della iconografia e così si confonde il Padre eterno, con S. Tommaso, qualche volta con Platone, qualche volta con lo Spirito Santo. Spesso siamo mancanti di quelle quattro idee base per far fronte ad un rituale di tanti pensieri religiosi che qualche volta sono una congerie di devozioni. Ma al di là della cena de Leonardo e la cerimonia dell’inaugurazione del 26 luglio si deve dire che purtroppo non è stata corretta. Ci stiamo privando del senso del bello e del senso religioso come dice bene Umberto Galimberti. La troppa fretta e l’eccessiva mancanza di riflessione ci hanno fatto ancora dire come sempre. ” lascia stare i santi e scherza con i fanti”

Autore: Albino Michelin 12.08.2024
albin.michel@live.com

CARLO ACUTIS UN SANTO PATRONO ALL'INTERNET

E sono 1726 i santi della chiesa cattolica che ora diventano 1727 più le apparizioni Mariane che al sospetto delle migliori tradizioni sono fluttuanti verso l’alto. Una vera sagra. Fa uno strano effetto questa magia del sacro, quando si pensa che per una certa tradizione noi siamo più affascinati dal sacro e più insensibili all’umano. Questa volta però si può dire che il cardinale di Milano Scola ha voluto lanciare l’idea di fare santo un giovane ragazzo. Egli ha pensato opportuno si trattasse di dare un modello ai giovani sia nel comportamento umano, sia nei valori cui possono fare attenzione. Carlo ha bisogno di un cenno dell’anagrafe. Figlio di Andrea, emigrato italiano a Londra, della borghesia di stato, agente della Vittoria FA, e della madre Angela Salsano, nasce il 3 aprile 1991. Tornò con loro in Italia per l’educazione scolastica, ma all’età di quindici anni morì colpito da una leucemia fulminante dopo breve agonia di tre giorni: era il 2 ottobre 2006. In un sogno fatto alla madre predisse che avrebbe avuto un altro figlio. Infatti nacquero Michele e Francesca. Un piccolo o grande prodigio dopo la sua morte: il 10 ottobre del 2020 un bambino di sei anni guarisce e ciò ha costituito un piccolo o grande passo a vantaggio dell’istituzione chiesa. Fino a qui la sua scarna biografia. Ma quanto fu ricca la sua personalità, intensamente vissuta. Occorre accennare alla sua pratica religiosa. Al mattino la messa, alla sera il rosario, si dedicava alla sua devozione eucaristica, facendo anche delle mostre. Per lui l’eucarestia si presentava come l’autostrada per il cielo. Ma accanto ad essa una profonda sensibilità perché organizzava con il volontariato e con i cappuccini attività tra le missioni. Con il volontariato e la paghetta era tutto per i poveri, organizzava aiuti ai clochard, ai disabili, agli emigrati, tanto ne aveva e tanto spendeva. Egli voleva dire, appunto perché era di famiglia benestante, era importante condividere con i bisognosi. Con passione divideva anche le sue attività normali di tutti i giorni. Era un bel ragazzo e giocava al pallone, amava lo sport, la montagna, il nuoto, suonava il sassofono. Molto applicato all’informatica ed all’internet. Piaceva ai compagni perché viveva quello che diceva. Amava dire che voleva vivere in coppia originale per non morire in fotocopia. Era un influencer di Dio, un simbolo di credente milleannias. Per questo il Papa Francesco, così attento alla pienezza della gioia non effimera, ha dichiarato il 23 maggio 2024 che sarà dichiarato santo il 12 ottobre del 2024. A questo punto vorremmo chiederci: che cosa servono i santi oggi? Sono tanti i risvolti che sarebbe necessario la rivitalizzazione della santità e dei suoi protagonisti. Anzi tutto che ogni popolo ed ogni ambiente ha i suoi santi. Così continueremo ad avere i cattolici che si accampano in Italia, Francia e Germania. La Scandinavia con i suoi razionalisti al nord. L’Arabia Saudita ed i suoi islamici all’oriente. Così in un certo modo si continua a dividere i popoli nei suoi santi. Ma il messaggio di Gesù ha un valore universale, appartiene a tutta l’umanità. I messaggi di Gesù sono un tesoro a cui tutti hanno accesso e di cui tutti devono beneficiare. Nessuna istituzione può arrogarsi il diritto, il monopolio di raggiungere Dio, nell’interpretazione e nella comprensione del suo messaggio. Quindi un Dio che si è fatto più vicino al mondo ed è interprete degli aneliti di ogni mortale. Il che avverrà se vi sono santi che rappresentano il superamento anche dei conflitti religiosi, la loro storicità per diventare un messaggio unitario. Una madre Teresa oggi ha più valore universale che una santa Rosalia con le sue processioni palermitane. A che servono oggi i santi? Altro problema oggi è quello dei miracoli, e che il signore gli fa a chi vuole, quando vuole, e come vuole. E un Dio che sembra un po' razzista. Quando invece Dio desidera che tutti gli uomini arrivino al suo regno. Si pensi poi ad Epidauro, nel secolo quinto a.C. in cui vi era un tempio Asclepiade. Zoppi che guarivano, morti che riprendevano la vita, una vera Lourdes e Mediugorie del tempo moderno. Se oggi in qualche modo è un po' cessato questo prodigio è perché più facilmente di un tempo ci si accorge dell’inganno, e perché la scienza ha fatto celermente i suoi progressi e la sua disamina. A che cosa servono i santi oggi? Oltre a quanto detto si pone un’accusa a Dio, del terremoto e delle sue calamità, quasi che Dio le risolvesse di autorità. Risponde Hans Küng con i teologi che Dio non può fare ritorno sul già deciso. E quindi ad esempio guerra e pace dipendono dalla nostra volontà. A che cosa servono i santi oggi? In quanto a Gesù non si devono attendere prodigi in quanto il vangelo di Giovanni parla di segni e non di miracoli. Gesù non ha fatto storicamente il miracolo delle nozze di Cana, ma voleva dirci che la sua comparsa era segno di gioia. Gesù non ha fatto moltiplicato storicamente i pani ed i pesci, ma ha consigliato ad ogni uomo a condividere affinché tutti avessero il necessario. Gesù non ha storicamente risuscitato Lazzaro dalla tomba ma gli ha comandato di vivere ancora pienamente la sua vita. Gesù faceva del bene e non andava alla caccia del miracolo. Ciò che è importante per Carlo Acuntis è che la sua santificazione sia sobria. Anche le due ciocche di capelli lasciate in reliquia ad Alife (Caserta) non avvenga che, come avvenuto con Padre Pio da Petralcina nel 2008, succedano i casi di cannibalismo religioso e di negromanzia. Scherza con i fanti ma lascia stare i santi.

Autore: Albino Michelin 02.08.2024
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INCOMINCIARE DA DIO O DALL'UOMO?

I nostri concetti di buono, bello, di compassionevole, di gratuito, di dono da dove provengono? È il concetto di brutto, di antiestetico, di crudele, di egoista da dove provengono? Siamo noi ad inventarli? È un po’ la questione del protone e dell’antiprotone. Alcuni dicono che c’è, altri che non c’è e così si arriva aduna serie di stravaganze e immaginabili ed impossibili. Questa è la questione discutibile dagli antropologi, dalla psicologia del profondo, dalla sociologia. È da quanti si chinano su questi problemi. Qui non facciamo dell’accademia ma un cammino di fede. Primo punto: Dio non lo vediamo, non lo vede nessuno. Talvolta vediamo le sue opere, ma non sempre è detto che riescano visibili. Possono essere anche l’illusione ad abbandonarsi a Dio. Nell’antico testamento si parla di un Dio che esiste nella brezza, di un Dio che viene dal vento, di un Dio che è nel fuoco. Ma nessuno di questi eventi è stato dallo scrittore riconosciuto. Dio è altrove, Dio è oltre. E Gesù Cristo, anche qui non si può che tali concetti derivino da Lui. Perché Gesù è vissuto solo trentatré anni i, e praticamente scomparso, non ha lasciato nulla di scritto. Ne mediatico, ne giornalistico. Documenti degli evangelisti sono stati scritti dal venti al cento anno dopo la sua morte. Negli scritti che riguardano la sua resurrezione nessuna coincidenza. Noi crediamo alla testimonianza di alcuni che l’anno visto ed apprezzato, ma non oltre. È chiaro che su Gesù sono tante prove ma che sulla sua esistenza bisogna avere una carica di fede. Poi esistono la Madonna ed i santi, ma su questo possiamo avere una devozione di vita dal momento che esse od essi sono creature di Dio e in questo caso creano un po' di confusione. Dunque l’origine dei nostri concetti del bene e del male non li potremo derivare da Dio dal momento che fra l’altro duo terzi dell’umanità ancora non sono arrivati a riconoscerlo. Incominciamo dall’uomo. Si può notare che nella vita e nella fede di ogni uomo si possono trovare cose promettenti che vale la pena riconoscere ed altre che vale la pena tralasciare. Ad esempio se dico a mio figlio di non mettere la manina nella corrente elettrica egli eviterà di bruciarsi o qualcosa di peggio. Ma può darsi benissimo che nasca qualcosa di bello anche dal brutto. Fino a scendere ad esempio se faccio uno scontro in macchina ed avessi pure ragione. Cose da galera o di fare il diavolo a quattro. Oppure posso passare ad una benigna composizione, e non farlo più. Chi è l’artefice di quella opera onesta. Da un male (lo scontro) ne è saltata fuori la pacificazione. Alcuni schemi di pensiero sono promettenti per le persone. Per esempio, per restare nel caso del fuoco possiamo anche bruciare la casa oppure invitare una famiglia a mangiare insieme le costine. Perché abbiamo distinto l’ambito morale e quello estetico? È il senso che guida il camminare dell’uomo e il cammino dell’uomo serve ad acquistare senso. Certamente ci sono delle idee innate nell’uomo ma pensare che in questo modo si risolva tutto è utopico. Se per esempio il mercante vuole vendere la figlia al cliente di turno lo si mette in galera in quanto ha rifiutato il ruolo di essere sviluppato primordialmente. Ma è importante sapere di queste cose umane e quindi non c’è bisogno né di un signore del mondo, né di Gesù Cristo, né di Maometto, né del Krishna Indù per portarli all’evidenza, per portarli alla sua esperienza. Nel cammino dell’uomo sono cambiate le sorti della questione. Qui è importante una decisione. Il cammino di Dio lungo la storia non è mai compiuto. Non pensiamo che tutto sia completo e sia completato lungo la storia della vita. Ho incontrato tempo fa una signora la quale mi parlava della sua amica che si era innamorata di un uomo più anziano di lei di trent’anni. Storie, è giusto oppure è sbagliato? Cose che non finivano più. Ora il problema è un altro. Questa signora ha trovato la sua felicità. È importante che lei l’abbia trovata al di là de suo tempo di età, al di là di questo periodo storico, un Dio che gli è stato benevolo. Tutte le età sia dal punto di vista storico, sia dal punto di vista dello sviluppo famigliare, sia dal punto di vista del codice di famiglia o sociale ha una valenza suo provvisorio ed è destinata a mutare con il tempo. Un altro esempio. C’è stato un tempo in cui le auto elettriche facevano furore però inquinavano l’aria e la viabilità. Sarebbe un atteggiamento spirituale quello di dire andiamo avanti, miglioriamo ciò che ci danneggia, ma non è necessario cessare. Allora saltano fuori gli estimatori del tempo passato e parlano della fine del mondo e dei tempi dei nefasti ecologici. Ma basterebbe un atteggiamento spirituale di fiducia nel senso che tutto ha un futuro. La nostra civiltà del progresso è a doppia uscita, in negativo e in positivo. È la volontà spirituale dell’uomo a far si che essa possa essere salvifica. In definitiva si deve credere all’anima umana perché come diceva Gesù” farete opere migliori delle mie”. Credere in un diktat che cade sull’uomo senza apprezzarlo sarebbe un’ingiuria. Ogni religiosità è fine a sé stessa se non valorizza ma l’aspetto spirituale è quello che dà un significato. Varrebbe la pena per la provenienza del lecito e dell’illecito, anziché incominciare da Dio, sarebbe opportuno incominciare dall’uomo. Anche perché S. Vincenzo da Lerino (450 d.C.) lo definisce “l’uomo è la gloria di Dio”.

Autore: Albino Michelin 25.07.2024
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domenica 25 agosto 2024

PERCENTUALI PATRIARCALI NEI CATTOLICI

 Nonostante la bibbia, ma non a causa della bibbia il patriacalismo è duro a morire. La nostra civiltà mediterranea è in gran parte figlia del cattolicesimo. Un’epoca antica quanto il mondo ma nel cattolicesimo si è continuata nonostante la venuta di Gesù di Nazaret ad annunciare che Dio è padre e madre contemporaneamente, oltre al fatto che Dio è totalmente altro e oltre. La cultura patriarcale è centrale in tanti racconti biblici, nelle legislazioni mosaiche, nelle altre relazioni sociali e famigliari. Centrale che fonda la gerarchia di potere nella quale la donna è sempre sottoposta al maschio. Dobbiamo riconoscere che tale cultura è praticata nella bibbia ampiamente determinante. E tale cultura ovunque affermata è stata da Gesù di Nazaret perlomeno relativizzata. Attraverso la non realizzazione patriarcale di Gesù di Nazaret il consapevole protagonismo femminile nelle prime comunità cristiane si è potuto affermare e le relative emergenti problematiche che ciò comporta. C’è unanimità fra gli studiosi che Gesù avesse discepole al suo seguito, contro ogni consuetudine avevano scelto di seguirlo nel suo ministero itinerante e non l’avevano abbondonato nemmeno sulla croce. E furono depositarie della fede post pasquale per portare agli apostoli il nuovo messaggio. Questa realtà storica della comunità di fede sulla famiglia di sangue, mette radicalmente in questione l’idea gerarchica tradizionale. Esistono due vangeli apocrifi, quelli di Filippo e di Tommaso, così detti per distinguerli dagli evangeli canonici. Cioè Matteo, Marco, Luca e Giovanni e sono una trentina nascosti dalla chiesa. Il caso di Filippo cita un’osservazione a Gesù:” perché Lui ama Maddalena più di tutti noi?” e Tommaso gli contrappone: “Pietro capo della Chiesa ordina di allontanare Maria Maddalena in quanto le donne non sono degne della vita”. Al che Gesù disse: “ecco io la trarrò a me per fare anche di lei simile al maschio, affinché anch’essa possa diventare uno spirito uguale ai maschi. Perché ogni donna che diventerà maschio entrerà nel regno dei cieli”. Questo primato dell’orizzontale (la donna) sul verticale (maschio) ha caratterizzato la formazione non gerarchica delle prime comunità cristiane e la prima partecipazione delle donne in movimenti che nella prima decina di anni hanno visto le missionarie, appostele, predicatrici, profetesse, finalmente incluse nel culto cristiano. Il cammino verso la depatriarcalizzazione nelle comunità cristiane da parte del dato storico è stato fondamentale per la partecipazione delle donne nelle cristianità delle origini. Poi esauritasi l’input di Gesù di Nazaret e l’inevitabile stabilizzazione e con l’inizio della istituzione l’iniziale uguaglianza viene a sbiadire fino a cessare in attesa di nuovi impulsi. Queste tendenze sono molto visibili nei testi di Paolo nel nuovo testamento. Di fatto Paolo resta all’antico, proibisce perfino alle donne di parlare nelle pubbliche assemblee. E per lungo tempo le donne sono rimaste fuori, come gli uomini coniugati e gli omosessuali. Sono passati tanti secoli ed il messaggio di Gesù e di tante persone sensibili in materia va ripreso e portato avanti con alacritudine, anche perché il tempo presente lo consente. Per superare il patriarcato è possibile prima di tutto la responsabilità del linguaggio. D’accordo che tanti argomenti storici sono già noti e di personale conoscenza. Quindi lasciamo stare il mito di Adamo (per cui l’importante essere la moralità della donna), il mito di Sansone, (per cui non vale quando si perde la forza fisica), il mito di Salomone (per cui l’uomo vale per quanto è intelligente e donnaiolo). Va affermato l’importanza del linguaggio che è il primo elemento di rispetto per verso la donna. In effetti si tratta di rompere le abitudini e le istituzioni sociologiche che fondano le relazioni di superiorità ed interiorità in cui i maschi rappresentano il primo posto. Si tratta di respingere l’immagine maschile dominante e centrale anche nell’uso del possesso, nelle manifestazioni di prestigio e mettere in discussione la struttura di tipo patriarcale per una più umana, giusta, facendosi amici della donna. In quanto i rapporti umani e le leggi paritetiche sono ancora assenti. Acconsentire a certo linguaggio, banalizzarlo, usando come clava per sminuire la donna oppure offenderla, è un riconoscere la capacità di non credere alla donna. Corre nel web, a volte anonimo e subdolamente offende fino ad uccidere. Come droni lanciati da lunga distanza che fanno stragi e morti. Oggi la liberazione appartiene e passa attraverso il restauro della parola in umanità e dignità. Il linguaggio include ad esempio il femminile e lo rende visibile ad una riforma. Ci mancano i ruoli ed i compiti per non venire meno a questo richiamo. Abbandonare il linguaggio equivoco della volontà di potenza per assumere anche la categoria della dolcezza e del silenzio sono considerati non solo femminili ma anche desiderabili al sesso femminile. Oggi la liberazione passa attraverso il patriarcato anche per la restituzione della sua umanità e dignità. Il linguaggio è lo specchio di ciò che siamo. Dice il libro dei proverbi: “la parola dolce calma il furore”. Nel maschile e femminile non confluiscono solo fatti biologici e genetici ma anche molteplici elementi relativi al comportamento, alla storia della formazione, alla cultura, alle esigenze varie, a tante circostanze che esigono un senso di adattamento. Ma questo, soprattutto il linguaggio ed il suo modo di espressione, contribuiscono a ricomporre gli aspetti femminili e maschili e contribuiranno per il superamento del patriacalismo.

Autore: Albino Michelin 19.07.2024
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UN DIO VIOLENTO CHE HA CAUSATO LA MORTE DI GESÙ IN CROCE?

 Questo è un punto nodale della chiesa cattolica. Se si va a spiegare ad un bambino che Gesù ha espiato i tuoi peccati, vi dirà che egli non ha compiuto nessun peccato. E se andate spiegare le stesse cose ad un adulto converrà che il padreterno ha compiuto un atto di violenza, se ha imposto una totale espiazione da parte di suo figlio. Vi dirà caso mai il contrario, che Gesù è venuto al mondo per umanizzarci, per riconoscere il bisogno di misericordia da parte sua. Per guarire le infermità di ogni tipo e per fare in questo modo la volontà del Padre celeste. Questo, che possiamo dire uno slancio di Paolo di Tarso, il quale venne a dirci tout court che Gesù è morto per i nostri peccati, morto secondo le scritture (1a Corinti 15), che Cristo è morto per i nostri peccati come un maledetto da Dio (Galati 3 .13). Una specie di massacrato da Dio e quanti passi ancora ce ne riferiscono. Questo concetto medioevale è stato ripreso da un certo Anselmo di Canterbury nel 901. Egli si basa su un’idea del diritto romano per cui se si fa uno sgarbo ad un potente della terra si va a finire con lui nel duellare per espiare un delitto commesso. Ma se si va a finire in Dio infinito, Dio Padre dovrà mandare suo figlio sulla terra a riparare il peccato commesso. È necessaria un’espiazione infinita. Da qui è nata tanta devozione per la conversione dei peccatori insieme al sacrificio di Gesù, così è sorto tanto sacrificio della croce, così è stata inaugurata la messa per la redenzione dei peccati nel mondo. Quando, a dire il vero, Gesù aveva fatto l’ultima cena, cioè la prima messa come convitto intimo di amici commensali. Non era intrisa di vari signore pietà, di ogni specie di colpevolizzazione, ma di lode al signore. Al che sarebbe da rivedere tutta la messa ed suo ambito sacrificale. Di fatto il Concilio di Trento ha approvato e confermato con il numero 615 la inclusione di Anselmo. Ma Papa Ratzinger, che fu un grande teologo e non si è mai badato a lui a sufficienza, nel suo libro del 1968 su ” Cristologia e Soteriologia” ha detto che la teoria della soddisfazione ha condizionato le coscienze ed è una formula meccanica sempre più inaccettabile. Cosi dice che Gesù non è morto per i nostri peccati. Nel catechismo degli adulti, più recente e compilato dalla Conferenza episcopale italiana, se afferma testualmente che l’opera di liberazione di Gesù è stato oneroso, ma che in nessun modo Gesù ha pagato come ad un creditore esoso. Ora anche qui è stato mitigato e non si parla di un Dio che ha riscattato il sacrificio degli umani. È finalmente i teologi di oggi affermano ampiamente che Gesù non è stato ucciso per motivi teologici o per obbedienza ad un diktat di suo Padre, ma è stato messo in croce per motivi di carattere economico o tuttalpiù perdonava i peccati gratuitamente e non per la cassa dei sommi sacerdoti. Per questo è un difficile passaggio di attuazione e di rilettura. Quanti secoli sono passati e come dice il poeta “tu guarda e passa”. Questa teoria precedente rifà ad un concetto preistorico quando Dio ingiunge ad Abramo di sacrificare suo figlio Isacco. Egli salì sul monte ed all’atto di ucciderlo gli si presenta davanti un montone che egli sgozzo con chiaro sollievo. Un mito quello di Isacco che fa coincidere il passaggio da una civiltà agricola ad una semi industriale per cui si è passati ad uccidere il primogenito uomo ad un primogenito di un animale. Può sembrare di più che un’immagine. In effetti, non soltanto nella Fenicia terra contigua alla civiltà biblica, ma anche nell’Africa, in Sardegna, in Sicilia vi era l’usanza di sacrificare il primogenito per affermare la protezione di Dio. Tuttavia qualche volta per una nascita difficoltosa, ma in genere per impetrare la grazia divina. Talvolta questo lo si ritrova negli antichi tofet dedicato al dio Mkl (Moloch), il terrore degli antichi tribali. Di qui un’altra, in cui si arriva facilmente ad una violenza esistita in cielo e quindi anche sulla terra. Allora è conciliabile che vi sia una guerra di religione, una guerra ad esempio fra cattolici ed atei, legittima la guerra contro gli ebrei della Shoa, la guerra dei buoni contro i cattivi, passare per la spada contro l’odio dei malvagi, una guerra del padre contro il figlio, della madre contro la figlia. Ora si sa che Dio, il padre celeste, sarebbe pronto a morire piuttosto lui che fare del male a una persona. Un’altra conseguenza è che per piacere a Dio si doveva cercare sacrificio e croce per tutta la vita, in verità non c’è bisogno di andare a cercarla perché essa è inclusiva nella nostra esistenza, dal mattino alla sera. E viene in mente l’Imitazione di Cristo. È il testo dopo la bibbia più diffuso di tutta la letteratura cristiana. Autori ignoti del 1300 circa. Costituiva la filigrana in cui si doveva svolgere tutta la nostra vita cristiana. Specialmente il motto “agire contro” perché tutto era opera del maligno. E si chiamava il proprio corpo: frate asino, si faceva per tutta la vita confinati sopra una pianta, gettandosi fra le ortiche a scacciare i pensieri di sesso, vero cruccio della mentalità del passato. Si vede che si era allenati per attraversare questo genere di cose. Non occorre essere ossessionati al dolorismo per piacere al signore. Esso ci avvolge giorno e notte e ci penetra. Di conseguenza ecco un’ultima considerazione che sta lontano dal pagano godereccio,” godiamo ogni giorno che doman non c’è certezza.” Ma badare ad ogni giorno in cui può esserci una presenza di disgrazie dietro l’angolo. E quella sublimarla. Sempre ricordiamo un libro significativo “In principio era la gioia”. Siamo fatti per il bello in tutta la sua accezione, la musica, le arti figurative, per romanzi, per la gioia dei figli e dei nipoti, per la fisioterapia, per l’ippoterapia, per la cinofilia, per i diversi test di kinesiologia, per lodare il signore, e vangelo come terapia.

Autore: Albino Michelin 02.07.2024
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sabato 8 giugno 2024

PSICOTERAPEUTI E CONFESSORI

Per la psicoterapia sono gli anni del boom, con una grande attenzione a questi fenomeni sociali e per la sua espressione quantitativa e dell’aumento del numero degli utenti. Ora alla psicoterapia non si domanda più solamente di subentrare quando si inceppa il funzionamento normale della persona. Ad essa si ricorre per ottenere un allargamento dell’area dell’esperienza corporea, sensoriale, emotiva, un potenziamento delle capacità espressive, un rafforzamento delle proprie identità e del proprio valore. La psicoterapia insegna a risolvere i conflitti interpersonali, a sciogliere i drammi della vita di coppia, ad allacciare rapporti costruttivi. È diventata ormai una parte costitutiva della nostra cultura, ove si svolge un ruolo socializzante che in passato era riservato alla famiglia, alle istituzioni educative, alla religione. Non si può negare il ruolo sostitutivo che ormai svolge nella nostra vita. La cultura del cambiamento ha trovato nella psicoterapia il suo strumento privilegiato. Ora a questo punto è opportuno un discorso con la confessione, scoperta come amplificazione, psicologia del profondo, verso gli anni 1895 da Freud. Un istituto che per duemila anni ha sostituito la psicoterapia e liberato spesso dal male e ha dato un po' di conforto alle anime inquiete. A fasi alternate ha in quanto confessione dato un alimento constante nel tempo e nello spazio. Si può dire che il credente laico-trova nella confessione la spiegazione del suo sintomo, il fedele-credente trova il suo rapporto con Dio. Ovviamente la psicologia e confessione possono avere un rapporto diverso, ma in parte conciliante. La psicologia è un’ottima confessione perché mette in contatto la propria interiorità. Vi è una certa quale diversità: lo psicoterapeuta conduce per mano il suo paziente per lunghi tratti, il penitente invece ignora il suo confessore perché volutamente di passaggio. Il penitente in genere si confessa a Pasqua quando non c’è tempo per un colloquio o il tempo breve all’inizio della messa. Ma tutto in breve, tutto nell’incognito. Ma può veramente la psicoterapia guarire il malessere della nostra civiltà o si tratta di un cerotto sulla ferita? Ci rendiamo conto che intanto la psicoterapia non è necessariamente al servizio della repressione. Essa ha piuttosto un potenziale critico che favorendo la liberazione delle emozioni e della fantasia apre ad un pensare, un agire, ad un progettare alternativi. Ma soprattutto se si tratta di confessione privata. Ma il problema e se il paziente desidera veramente guarire? Un rapporto dettagliato sulla confessione e psicoterapia è di Gustavo Jung che alla base dei suoi studi dice chiaramente che nel percorso analitico della psiche doveva essere ricercato anche la confessione religiosa. Nello studio si rese conto che molte nevrosi sono legate a questo tipo di domande. Anche nella etimologia “cura delle anime” troviamo le prime tracce nella civiltà greca, se sono presenti nel mondo interiore di Pitagora e dei filosofi greci. Era riconoscere le proprie debolezze e gradualmente trasformarle. Hanno collaborato per la consapevolezza dell’essere umano insegnando una pratica che Freud a torto aveva trattato come pulsioni. I romani appresero questo percorso per alleggerire l’anima confessando i loro peccati. Due mondi che sembrano in opposizione hanno invece molti risvolti in comune. Adesso per Jung il processo è caratterizzato con la prima forma: la confessione del paziente, ed i segreti che la tormentano. Il tacere fa male a se stessi. La seconda fase e la chiarificazione ed il paziente ne prende consapevolezza. Terza fase l’educazione o assunzione del comportamento. Quarta fase: trasformazione dove il paziente constata il risultato. Oggi si parla spesso di depressione, narcisismo, dipendenze sessuali, anoressia, bulimia. In fondo sono evoluzione patologica degli antichi vizi, come superbia, accidia, gola, lussuria. Possono dare reciproci benefici adeguando l’uomo alla modernità ma ricordandoli da dove provengono. E che il culto dell’ego oggi estremizzato conduce al malessere. Molti vedono nella religione cristiana peccati di castrazione, paura e altri insegnamenti. Anche qui si possono conoscere molte forme di idolatria. Che dire della divinità creata quotidianamente dai mass-media: campioni sportivi, cantanti, attori adorati come modelli. Al cinema siamo bombardati da super dotati, da fans scatenati che vivono sull’adorazione di Lady Gagà o di un Spiderman. A questi idoli si rivolgono preghiere laiche, nell’errata convinzione che possano lenire il nostro malessere. Ma il problema è se il paziente desidera essere guarito. Lo diciamo per la seconda volta. La vita umana è sempre concepita come una tendenza, un volere ossia essere pronti a parole non ha alcun valore, tutto dipende dalla volontà. La grande diffusione degli psicofarmaci ha prodotto una grande quantità di pazienti. Il problema per esempio nasce per telefono quando si invita il proprio partner, i genitori di fronte ai figli, o un ragazzo di fronte ad una ragazza. Citiamo per caso il nome di una giovine donna che è stata indotta per telefono ad uno psicoterapeuta. Una giovine donna, impiegata in un ufficio, soffriva di gravi nevrosi ossessiva: l’ossessione del lavoro, lavarsi il collo, la fobia di frammenti di vetro e via dicendo. L’intera sfera della vita intima soggiaceva al tabù ed era preda di gravi angosce. Il matrimonio rischiava di sfasciarsi e lei stessa di finire in una clinica. Nel primo sogno compariva una donna che affermava maliziosamente: sei sposata con il nostro parroco. L’educazione gretta, sessuofobica contribuiva la sua parte a far sì che ella vivesse essendo sposata come se vivesse da nubile. Ci vollero due anni di analisi faticosa per mettere in grado questa donna di poter scacciare questa ombra di nubile. Ma alla fine si seppe che era stata la madre, che suo malgrado l’aveva indotta, senza che lei lo sapesse, e che lei sarebbe ugualmente guarita senza troppi fastidi. Altro caso quando un convivente avrebbe bisogno di cura psicologica. Il caso di Gesù quando incontra la sorella di Lazzaro. “Marta, Marta tu ti affanni e ti preoccupi di troppe cose”. Una sola cosa è necessaria. Ritroviamo qui l’unica cosa veramente importante e Marta distratta com’è, non riesce assolutamente a vedere. Questo zelo eccessivo in lavori domestici, così spesso non necessari, è un modo tipicamente femminile di rifugiarsi nella esteriorità ed in realtà una forma di evasione. Perché consente di sottrarsi ad un compito più importante, quello di diventare ciò che si può e quindi si deve essere. Nell’impegno di costruire la propria identità, all’impegno di farsi una individualità. L’agitazione e l’orgasmo non permetterebbero nessun trattamento mentale. Con questo tipo di società si può pensare che psicoterapia o confessioni saranno sempre necessari.

Autore: Albino Michelin 27.05.2024
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FISICA QUANTISTICA E PROSPETTIVE POST-TEISTICHE NELLA SPIRITUALITÀ ATTUALE

Premesso che Dio è sempre stato un assillo dell’umanità, da quando egli veniva considerato come divinità il Dio Sole, da quando veniva recepito come una galassia disseminata nei cieli, da quando Galileo Galilei è venuto a dirci essa è il centro di rotazione cui si muovevano nove pianeti, le modalità di espressione e dell’immagine di Dio è molto cambiata. E siamo arrivati alla fede teista: da Theos (foto del dio tradizionale) alla post-teismo: (dall’immagine del dio più attuale) quella post-teista del pensiero della spiritualità moderna. Diciamo subito che ci sono oggi due correnti che andrebbero sottoposte ad una disamina attenta. Perché la fisica quantistica sostiene la scoperta di subatomi, particelle piccolissime che vanno quasi a smaterializzarsi fino al punto di perdersi nella spiritualità, sicché possiamo dire che noi siamo esseri spirituali con una componente fisica ed essere fisici con una componente spirituale. Questo discorso benché prosegua nella sua strada assai complicata, tuttavia manifesta che la fede ha forse trovato un confronto con la scienza fino a dirci che in opposizione ad essa non è mai stata. Il post-teismo è invece una verità più accessibile alla nostra pelle, quella che maggiormente risalta nella nostra società. Essa consiste in una deriva o delusione che ha messo in crisi la nostra Chiesa nelle sue più profonde fondamenta. È il nostro modo di concepire Dio, il nostro modo di rapportarci con Lui. Dio è in alto, noi siamo in basso. Di fatto egli si chiama trascendente e noi immanenti. Dio nella soprannatura e noi nella sotto natura. Noi si raccoglieva quello che Dio mandava o permetteva: in caso di siccità con la pioggia e in caso di uragani inviando il solleone. La malattia in caso di cattiverie del genere umano, e tante benedizioni nel caso che si farebbe giudizio. Il Dio trascendente è di un altro abbigliamento: la barba bianca, vestito diafano che gratificava i bambini con le caramelle, ed i bambini cattivi con il diavoletto che turbava i loro sonni. Questo è il vero dualismo e questa teoria non esiste più. Dio padre nell’alto dei cieli che si fa pregare e noi in una valle di lacrime ha subire ogni tormento. Questo dualismo che fa Dio in cielo e noi in terra: quello tradizionale praticato finora. Il discorso oggi diventa realtà: da quando il vecchio Giobbe si vedeva condannato in un letamaio si mise a strepitare contro Dio. Da quando la peste nel 1347, nel giro di tre anni riesce a spazzare via una popolazione complessiva di 80 milioni di abitanti, circa un terzo dell’umanità, fino alla pandemia recente che se non ha fatto gli stessi disastri va ringraziata la medicina. E poi si pensiamo alle guerre, gli omicidi, alle torture ai bambini non nati e a quelli deceduti con morte prematura. Bisogna riconoscere che molte, la maggioranza delle disgrazie di oggi sono volute perché noi lo vogliamo. Sarebbe risolto quasi tutto con la condivisione dei beni sulla terra, con il cessare degli armamenti, con il darsi una regola morale per tutti gli esseri umani. Ed il mondo si aggiusterebbe in gran parte. E questo dualismo mai capito finora, perché una grande quantità di rimedi sarebbe in mano nostra. Ed è quello che porta anche molta gente all’ateismo, all’agnosticismo ed al cielo che sarebbe vuoto. È l’immagine di Dio che noi ci siamo portati dietro da quando il mondo è mondo. È un Dio antropomorfico, un Dio dalle vestigia umane. Invece è il nostro Dio, un Dio totalmente altro. Si scambia con un Dio creatore che è tutto vero, con un Dio interventista, che probabilmente è in parte falso. Ed ecco qui allora che va bene la trasformazione di un Dio teista del passato a un Dio post-teista del futuro. Che vuol dire un Dio al di là delle religioni. Ci spiace che la parola trans abbia oggi un significato equivoco. Ma Trans all’origine significa oltre Dio, secondo l’immagine purtroppo errata che ci siamo fatti nel mondo passato. Indubbiamente Gesù ci ha detto di pregare senza mai stancarci, la preghiera sarà esaudita in ogni caso. Ci ha detto di pregare perché possiamo cambiare noi stessi, la nostra coscienza, il nostro mondo interiore e tutto andrà bene. Ed in effetti Lui ha deciso che la pace fra gli uomini dipende da noi. È qui c’è un salto da fare, dalla proposta teistica, procedere nella post-teistica. Noi siamo una manifestazione di Dio, come tutto lo è. Noi una manifestazione di Dio come lo dice il vangelo di Giovanni. Ma sulla terra noi dobbiamo guadagnarci la pagnotta con la nostra responsabilità. E qui va integrato oggi anche il concetto di provvidenza. Gesù dice che anche i capelli del nostro capo sono contati e guardate gli uccelli dell’aria che gli mantiene il Padre Vostro. Anche questo vuol dire che Dio è creatore ma non interventista. Egli ama l’uomo, è indulgente, capisce il nostro anelito. Se il teismo non serve più perché era un modo di concepire Dio nel passato, è perché è giusto che ci sia il post-teismo attuale. La chiesa rivivrà secondo il passato che dovrà essere evoluto, perché Dio cammina con le gambe del mondo, e perché il mondo è la precisa manifestazione di Dio. Siamo in un mondo in trasformazione. Su questo aspetto fare attenzione ad un equivoco. Il pensare che all’origine tutto fosse perfetto e che dopo la caduta del peccato originale tutto fosse decadenza, con la venuta di tutti i mali del mondo. Di fatto questo era un pensiero anche di San Tommaso che partiva da un principio statico, il principio era la perfezione e poi è venuto tutto il male del mondo. Noi siamo invece in fase di dinamismo e che tutto attraverso la storia avrà il suo compimento. Noi non siamo decaduti per colpa del peccato di origine ma siamo chiamati ancora al bello e ancora al divenire. Per questo abbiamo detto poco fa che Dio non è un interventista, ma senz’altro un attendista, anche se la parola è male usata, che attende il lungo processo della storia, affinché tutta l’umanità sarà con Dio, in quanto sua manifestazione e trasfigurazione.

Autore: Albino Michelin 20.05.2024
albin.michel@live.com

giovedì 30 maggio 2024

LA CHIESA CHE VERRÀ

Ogni giorno noi ci risvegliamo con grandi progetti sul futuro. Ogni stagione cambia le foglie ed i suoi frutti per incominciare una nuova stagione. Ogni anno la natura si spoglia e si rinnova per un ulteriore slancio alla produzione dei frutti e delle conifere ombreggianti. Non è solo un ciclo della vita identico a quello di ogni giorno, ma similare ed evolutivo. Non sempre ci troviamo al solito posto immobile, ma ci portiamo dietro ogni esperienza personale e la tecnologica. Tutto muore per rinascere sotto diverso impulso. Con maggiore o minore oscillazione così è la nostra società che si muove in modo mutevole. Anche la chiesa si trova in una epoca di cambiamento ed in un cambiamento d’epoca. È già stato fatto un concilio ecumenico Vaticano primo del 1880, ma poi ci si è accorti che la deriva della chiesa non si è ristagnata né diluita. Divorzi, diminuzione delle nascite e quanto a vostra conoscenza. Si è voluto ripetere nel 1962 per tre anni: un concilio vaticano secondo. Ma anche qui un’altra deriva della chiesa, soprattutto per la qualità della tecnologia, ed il mondo si è scristianizzato maggiormente. Di qui il sinodo voluto da papa Francesco (incontro di tutte le religioni del mondo, diverse culture e popoli) per vedere se è possibile rivitalizzare la chiesa. Essa è un corpo vivo, se così si lascia andare, tutto in putrefazione. E qui va fatto un discorso su Gesù. Egli si è incontrato con un centurione romano che aveva un servo gravemente ammalato. E lui lo guarì sebbene fosse uno straniero. Gesù non si faceva chiamare Rabbi, cioè Maestro, ma era un guaritore vero. Gesù non sentiva ribrezzo verso chicchessia. I vescovi ortodossi portano un pastorale detto caduceo: un bastone collegato ad una serpe terapeutica ed una serpe tossica. Ed è il simbolo della farmacia di Esculapio, passato ai vescovi ortodossi nella figura di Gesù guaritore e quindi da passarsi ai cattolici prelati perché la vera missione della chiesa è fatta per curare le sofferenze e le ferite in ogni parte dell’umanità.
Le donne.
Ad esempio è disposta la chiesa a rinunciare alla disparità di genere per fare si che tutti gli uomini e tutte le donne possano far parte del regno di Dio? Veramente no. In una recente commissione del Sinodo fu fatta una consultazione per completare i componenti e le componenti dello stesso. Si sa che nella chiesa cattolica il cardinalato è la figura di prestigio e non di ministero ordinato, quindi sarebbe stato possibile cercare di proporre a capo una laica o una religiosa. E quante sono ora le laiche teologhe cattoliche, una vera fioritura. Non è stato verso di incaricare una donna a questa commissione, è stato incaricato il monsignore con la prospettiva di diventare prefetto del sacro ufficio. Una donna no, esiste ancora una discriminazione di genere nella chiesa. Non parliamo dell’ordinazione di donna prete, questa è una realtà oggi impossibile. Eppure i casi oggi sono molteplici. Così oggi vi sono tante possibilità che si ritorni alla chiesa delle origini e siano coppie di genitori a impartire il battesimo ai loro figli. Ma si vuole sempre rimanere sul sacrale. Quando toccherebbe ai genitori responsabili della vita del neonato?
I giovani.
Oggi i giovani si trovano in una situazione confusa e caotica. Vale meglio darci una descrizione che non una definizione. I giovani oggi vivono senza spazio e senza tempo, vivono solo di percezione e di immediatezza. Se voi chiedete oggi ad un giovane se un domani per caso ci si potesse vedere, vi dirà che non lo sa. Domani è troppo lontano. Nell’amore di coppia forse può valere quanto i sacerdoti possono dirci. Allorquando uno va a dichiarare le proprie colpe, si pensa subito ad una dichiarazione per i peccati di sesso. Questo era un tempo passato. Quando qualcuno si confessa, si viene a dire: “io sono stato uno stronzo perché avevo pensato che lei mi amasse”. Vi era solo un rapporto di corpi e di emozioni. Non c’è una relazione di cui i giovani avrebbero tanto bisogno per costruirsi una famiglia. In campo religioso sono rari ma non mancano, quelli che hanno problemi di coscienza. Ho trovato un monaco camaldolese che mi diceva: ho recuperato qualcheduno che nel mio convento ha proposto per la religione musulmana, perché gli confaceva maggiormente e perché Dio non va bene per tutte le religioni e per tutte le scarpe. L’ho trattenuto per un anno e l’ho lasciato andare con Dio perché Dio è più grande della chiesa.
I bambini
La chiesa oggi ha perso l’adulto. Novantacinque per cento dei bambini e adolescenti non li trovi più alle attività religiose. Morte precoce. Eppure nella chiesa delle origini vi era il passaggio da adulto ad adulto. I bambini danno credito agli adulti di riferimento. Un caso per tutti. Di domenica e di buon’ora gruppi di bambini, con macchine a gogo che vanno a raggiungere i campi di scii per una giornata sulle nevi.
Non si tratta di sbaraccare ma di ricompattare.
La chiesa va ricompattata non in vista del passato ma del futuro. Il PC si ricompatta in vista di una nuova programmazione futura. Che sarà di buon auspicio se si avrà il coraggio di osare. Osare non è piangersi addosso. Nessuna mamma vorrebbe tornare a pulire i panni nel fiume, grazie a Dio abbiamo le lavatrici elettriche. E non dimentichiamo di includere nelle riforme della chiesa” elementi detti” del paganesimo: il piacere del godimento, non solo valle di lacrime ma anche qualche bella soddisfazione ed una piacevole ecologia dalle dimensioni umane.

Autore: Albino Michelin 14.05.2024
albin.michel@live.com

LA CHIESA CHE MORIRÀ

 Sono usciti di recente due nuove pubblicazioni che trattano entrambi della crisi della nostra società politica e culturale e della chiesa. Ancorché sconosciuti da entrambi. Il primo si intitola: “La chiesa che morirà”, di Michele Semeraro e “la chiesa che verrà”, di Armando Matteo. E tutte e due lamentano che la chiesa è troppo lontana dalla gente. Il primo dice:” Morirà la chiesa dei privilegi. Morirà la chiesa clericale ancora più grave nei laici che nei ministri ordinati. Morirà la chiesa del compromesso con i poteri mondani e con le ideologie cristianiste così lontane dallo stile evangelico. Morirà la chiesa nostalgica di quei tempi gloriosi che così gloriosi non sono mai stati. Morirà la chiesa del vittimismo che si ritiene accerchiata e minacciata dalle istanze degli uomini e delle donne del nostro tempo. Morirà la chiesa del trionfalismo, delle cose in grande e del come si è sempre fatto. Morirà la chiesa ostile verso coloro che non vogliono o non possono, o non possono o non vogliono vivere né come noi né secondo i nostri criteri. Morirà la chiesa affascinata dal sacro e ostile e insensibile all’umano”. Il secondo così si esprime” vivrà la chiesa formata al rispetto di ogni vissuto concreto delle persone reali. Vivrà la chiesa capace di onorare tutti gli uomini e donne senza mai ridurli ad una immagine stereotipata e mortificante. Vivrà la chiesa nell’integrazione di ogni razza, di ogni colore, di ogni lingua, di ogni cultura, di ogni percezione di umanità. Vivrà la chiesa che si riconosce in modi diversi di vivere le alleanze tra persone, senza sentirsi obbligati ad approvare o in dovere di disapprovare. Vivrà la chiesa di piccole cose, delle piccole comunità, dei mezzi semplici, della marginalità e della modestia gioiosa. Vivrà la chiesa se saprà morire sempre meno romana e sempre più interiore.” Sono due monaci cattolici e guai cosa si potrebbe dire di loro. Al momento con questi due autori con buona parte del clero e con l’episcopato varrebbe la pena di rincominciare dall’origine della vita di Gesù, ormai sufficientemente assodato della sua storicità. Si sa che le traduzioni della bibbia sono state diverse in periodi storici. La prima traduzione è apparsa nel 100 avanti cristo da parte di settantadue eruditi della scuola di Alessandria d’Egitto che hanno tradotto l’antico testamento in greco. Il vangelo è stato scritto in una forma non contemporanea agli scrittori evangelisti. Chi scrisse dopo quant’anni, chi scrisse cento anni dopo come i discepoli di Giovanni evangelista. Nel quattrocento S. Girolamo ritradusse i libri che erano stati scritti in greco e Rufino ne è stato anche l’autore. I masoretti della scuola di Masora, della sede di Gerusalemme e Tiberiade completarono l’antico testamento che a quel tempo si scrivevano le consonanti senza le vocali e quindi punteggiatura e vocali venivano successivamente aggiunte. E qualche tentativo di sonnolenza poteva capitare. La prima bibbia in italiano si ha nel 1471 con il monaco camaldolese Malermi. Nel 1534 Lutero fece la sua traduzione in tedesco dal greco. Nel 1971 la CEI (Conferenza episcopale italiana) fece la sua traduzione, corretta poi nel 2008. Tenendo presente comunque che la bibbia fu sempre tenuta all’oscuro per parecchi secoli ad una grande maggioranza di fedeli. Al punto in qui ci si trova è giusto domandarsi quale sia la bibbia migliore: se la cattolica, la protestante, i testimoni di Geova, la calvinista ecc. Nessuna per la precisione. A parte il fatto che la bibbia non è stata suggerita da Dio. Essa non è un documento storico ma teologico e spirituale, non si insegna come è fatto il cielo, come si va in cielo. Ora quale lingua parlava Gesù? Gesù parlava in aramaico, cioè il dialetto ebraico. Talvolta con gli stranieri cioè greci e romani usava la lingua greca, le preghiere Gesù le recitava in aramaico. Ora se Gesù parlava in aramaico, tutto il suo linguaggio è andato perduto. Ecco la necessità di fare un testo dall’inizio alla fine, dalla nascita alla morte in una forma coesa. E questo comporta una rimescolanza di tutto il testo ed una revisione totale degli stessi vangeli. Una prova è che per una strategia gattopardesca si correggesse recentemente ad un Padre nostro “E non abbandonarci alla tentazione. “Ora la prima difficoltà nasce dalla tradizione. Per alcuni ogni cambiamento significa tradimento. Si pensa infatti che chi traduce la bibbia fa un tradimento o semplicemente salva la faccia. Chi si convince che questa sia la vera fede e l’unica strada da percorrere perché il cristianesimo abbia ancora cittadinanza nella nostra epoca, in verità procede a negarla. Congelando esattamente il dinamismo che proprio la parola tradizione porta con sé. E così si può comprendere che il cristianesimo è quello di venire meno alle sicurezze collaudate per avere la scelta migliore. Non tratta di salvarla congelandola o di farla saltare in aria. Si tratta di permettere che sia attiva. Sotto questa luce, ci serve la disponibilità ad una sorta di ricupero di ciò che è l’essenziale per i credenti. Qui la domanda è semplice e secca: a cosa serve la chiesa? La seconda resistenza possibile all’appello del cambiamento è quello di non disperder l’identità. Nel non volere inventare una nuova mentalità di chiesa volta alla perifrasi si è sempre fatto così, e va bene così: non si va molto lontano. La formulazione meccanica di idee chiare e distinte sulla ripetizione di affermazioni porta solo ad un vicolo cieco. C’è a convincersi che oggi è tempo di grande evoluzione e rivoluzioni e contro rivoluzioni ed il cristianesimo offrirebbe un grande centro di gravità permanente. Una terza ed ultima resistenza possibile è quella che deriva da un pesante risentimento. Le domande sorgono spontanee: come è stato possibile che così rapidamente si disperdesse dalla collettività le grandi celebrazioni grazie alle quali il mistero veniva conservato e redistribuito alla luce del cristianesimo? Come è stato possibile così facilmente che si sia fatto dimenticare quelle antiche parole che davano sollievo all’anima come ad esempio il dono, il sacrificio, la riparazione del peccato attraverso la croce, la remissione dei peccati, il paradiso, purgatorio, inferno. In una parola la salvezza? Ma Gesù disse “è ora di partire, è ora di andare all’altra riva”. (Marco 8.13)

Autore: Albino Michelin 09.05.2024
albin.michel@live.com

lunedì 27 maggio 2024

COSA DICE ESPRESSAMENTE LA BIBBIA SU GLI OMOSESSUALI

 È da un po’ di tempo che i Media online ed i YouTube ed i vari conferenzieri e teologi ci abbiano consentito di fare questo argomento di pubblica discussione possibilmente lontani da ogni manifestazione di piazza e ogni intrusione politica. Questo è anzitutto un argomento di origine e interesse biblico. Un secondo aspetto è quando si pensa alla bibbia come soluzione di ogni problema esistenziale. Essa non è un documento storico ma, un documento di carattere teologico e spirituale per improntare la nostra vita nei confronti del regno di Dio. Quindi nella bibbia non c’è tutto il nostro comportamento, qualche volta di più e qualche volta di meno, ma sempre con lo spirito alla ricerca di ciò che è il bene in essa implicito. Per entrare nell’argomento quando si parla di omosessualità, si parla di sensualità, di cui lo stesso etero, omo può essere una variante, come vedremo nel proseguo dell’argomentazione. Anzitutto Dio ha creato il mondo, 1000 anni fa o 15 miliardi di anni fa, il tempo qui non conta, è il modo che conta. Ed uscito dalle mani di Dio: “facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza… maschio e femmina Dio gli creò”. Prima che l’uomo e poi la suddivisione dei compiti in maschio o femmina. Quindi l’uomo e la donna sono in relazione, sono la relazione. Non po' vivere uno senza l’altra e viceversa. Ora un mondo di collaborazione e non di opposizione. In un tempo non lontano ci fosse matriarcato od il patriarcato o viceversa poco importa. E l’uomo non può prevaricare sulla donna, essa non è un suo oggetto di possesso. Non pensiamo ad oggi a quanti omicidi e sevizie ci sono. Dio è geloso dell’uomo, maschio e femmina compresi, è l’immagine di Dio. Con ciò entriamo nel dettaglio dell’omosessualità.
Levitico capo 20, 10-14.
“Chi commette atti d’adulterio con la moglie, l’adultero e la donna devono essere messi a morte. Ad un rapporto con la matrigna, tutti e due devono esseri messi morte. Se uno ha rapporti con la nuora, tutti e due saranno messi morte. Se uno rapporti con un uomo o con un animale, devono essere tutti e due messi morte”. Di qui si capisce che a quel tempo solo i rapporti coniugali erano concessi per la procreazione, abusi nessun in merito.
Prima a Timoteo 9,11-12.
“Per gli iniqui, i ribelli, gli empi ed i peccatori, per i sacrileghi ed i profanatori, per i parricidi e matricidi, per i fornicatori, per i pervertiti e tutti i empi sufficienti, i falsi e gli spregiudicati e poi ogni altra cosa contraria alla sana dottrina”. Vi sono quindici peccatori che vanno nel maligno, in ogni caso non c’è il peccato dell’omosessualità.
I Romani capo 1,26-32.
“Dio gli ha abbondonati a passioni infami, le loro donne hanno scambiato rapporti naturali contro natura. Egualmente gli uomini commettendo atti ignominiosi con altri uomini. Dio gli ha abbandonati in balia di intelligenza depravatrice, colmi di ingiustizia e di malvagità, di cupidigia e di malizia, pieni di invidia e di omicidio, di rivalità e di ogni frode, diffamatori, nemici di Dio, oltraggiosi e superbi, profanatori ed orgogliosi del male, ribelli ai genitori, malpensanti e sleali, senza amore e senza misericordia. E continuano così a farle pur conoscendo il giudizio di Dio”.
Su venticinque iniquità, solo una copia di omosessuali, sulle altre ventiquattro si parla altri facinorosi e non è forse possibile che disprezzando questa categoria la si voglia totalmente escludere dal consorzio umano. Qui c’è ne è per tutti. Ed abbiamo qualcosa da perdonarci, colpendo questa minoranza di deboli indifesi.
Genesi capo 19,4-14, Giudici capo 19,22-25.
Si parla del castigo di Sodoma e Gomorra. Si narra di due uomini che invitati da Lot genero di Abramo, causa un lungo viaggio vengono ospitati in casa sua. Ed ecco un tumulto di popolo che assediò la casa e vuole abusare di questi due perché sono stranieri. A questi popolani vengono presentate le due figlie di Lot perché ne abusino al posto loro. Nel libro dei Giudici, abitualmente la zona di Gabaa, si tratta di un levita che offre una cena ed un’ospitalità ad un forestiero. Quando fuori avviene lo stesso tumulto di popolo che voleva abusarne. Al che il levita fu costretto a sacrificare sua figlia in favore dello straniero. Conclusione dei due racconti: non vi è stato un delitto di omosessualità ma di odio contro lo straniero (già allora gli ebrei erano razzisti o meglio contro i forestieri). E si è trattato da parte di Lot e del Levita di soddisfare con la sostituzione delle donne.
Primo Samuele capo 1,3. Dio gradisce gli omosessuali.
“Quando Davide ebbe finito di parlare con Saul, l’amico di Jonathan si era talmente legato all’anima di Davide che Jonathan lo amò con tutto sé stesso. Da quel giorno Davide lo prese con sé senza riferire nulla a suo padre. Poi Jonathan strinse un patto con Davide, perché lo amava come sé stesso”.
Luca capo 7,2-10. Gesù elogia un omosessuale.
“Gesù incontra un centurione romano, che aveva un servo gravemente ammalato. Il centurione l’aveva molto caro. Egli mandò alcuni amici a dire a Gesù: Signore non sono degno di stare a disturbarti, non sono degno che tu venga sotto il mio tetto, ma concedi la tua parola ed il mio servo sarà guarito. All’udire queste parole Gesù restò ammirato e rispose che non ha mai visto tanta fede in Israele e lo congedò alla considerazione di così grande fede. E gli inviati quando tornarono a casa il servo era già guarito”. Gesù non soltanto approva questo centurione omosessuale ma lo elogiò immensamente. Gesù non aveva vergogna di contattare con gli altri, ma li incoraggiava con il colpo d’ala a proseguire nella propria strada.
Luca capo 1,7-96.
“Si tratta di un fariseo che invita Gesù ad un pranzo e là vi era pure una peccatrice prostituta. Ed egli disse: se questa potesse farsi conoscenza. Ella rivolta a Gesù gli ha profumato i piedi e piangendo cominciò a versare lacrime ed asciugarle con i suoi capelli. Al padrone disse: tu non hai fatto niente di più di quella donna che ha fatto tutto il necessario. E disse rivolto a lei: ti dono perdonati molti peccati poiché tu hai amato molto”.
Sintesi 1
Dio è amore. È venuto al mondo per guarire, per insegnarci a vivere in pace. Dio non si sente offeso, non piange per i peccati degli uomini, non si vergogna degli esseri umani. Non approva l’orientamento o l’abitudine verso il male ma è comprensivo di fronte all’atto. Il figlio di un omosessuale, perché non potrebbe essere anche una variante della sessualità in modo positivo o negativo.
Sintesi 2
Un domani che la medicina facesse la sua strada, che colpa ne avrebbe una coppia dello stesso genere che promette sia un matrimonio eterno e che non lasciasse i figli sulla strada. Una provocazione od uno stimolo adeguato alla riflessione: dal momento che l’uomo è figlio di Dio e che i genitori sono una funzione non potrebbe essere che quella madre in quanto prostituta fosse diventata eventuale madre omosessuale non sarebbe il proprio figlio meno gradito a Dio, dal momento che a lei è stato molto perdonato perché molto ha amato.
Il testo aperto alla discussione

Autore: Albino Michelin 02.05.2024
albin.michel@live.com

martedì 9 aprile 2024

LA PASQUA DI GESÙ

 

Sentiamo parlare di questo argomento soprattutto da sacerdoti deputati a tale compito, alla sepoltura dei defunti. Pero bisogna anche distingue ciò che essi in genere dicono da come lo dicono. E un suffragio dovuto per una famiglia in lacrime, talvolta un cittadino illustre strappato dalla nostra conoscenza o affetto. Pero non basta. Ecco perché conviene ricorrere alla Pasqua di Gesù. Sulla nostra morte in quanto fine della vita si può fare un discorso sull’aldilà e su quel futuro che ci apparitene. Premesso morte è la cosa più ingiusta e atroce che ci possa capitare di fatto ci capita. Noi non siamo fatti per morire ma per rinascere infinti volte, siamo fatti per risorgere. Nascere può essere una disavventura per qualcuno. In effetti si sente talvolta dire, a che pro mettere al mondo chi non ci vuol venire. Essere costretti a vivere per contare i giorni della fine deve essere una grande frustrazione. Anche quando uno è anziano, anche centenario, si può dire che la morte gli arriva sempre troppo presto. Il Qoelet, quel libro della bibbia che parla che tutto è vanita e nient’altra che vanita, dice che tutti noi abbiamo i giorni contati. Una differenza la c’è fra la morte di una foglia, di una formica, di un’ape, e che tutte queste non contano il giorno della nascita e il giorno della morte. Non pensano di fare l’anniversario di un defunto, non si sognano di fare un qualche monumento o qualche capitello sulla strada. Nemmeno l’animale più fedele dell’uomo sa quando deve andare e quando tornare, il cane. Questi nostri esseri finiscono il loro ciclo dell’esistenza si arrestano li, e periscono. L’uomo invece muore. Perciò vuole vivere e risuscitare, vuole vivere e risorgere, non gli basta questa vita. Gesù ama la vita, non la vuole perdere. Ama la vita e l’ama in sovrabbondanza. Non per nulla partecipava ai banchetti, tanto che lo chiamavano a torto mangione e bevone. Nella casa di Simone si lasciava ungere capelli e i piedi da una donna e che noi potremmo chiamare o pensare ad un erotismo raffinato. E quando arriva il Getsemani fa una preghiera di implorazione: “padre lasciami vivere, lasciami ancora vivere.” Gesù non voleva morire, ma neanche per risorgere. E Suo malgrado attraversa la morte, propriamente alla pstmortem. Al di là delle romanzate seppure celebri letterature sull‘iconografia, al di là delle descrizione romanzate che non sempre si equivalgono, al di là delle apparizione che un po’ si contraddicono, al di là delle lettere di Paolo un po’ lontane dal tempo in cui sono state pubblicate, al di là dei diversi soggettivismi a cui sono stati sottoposti, esiste una frase di Luca che al cap.24 versetto 3 dice:” perché cercate un vivente trai morti. Non è più qui. “Esse, le donne erano tutte trafelate in cerca del sepolcro vuoto, se uscito dalla tomba o meno. L’angelo ripete che voi lo cercate invano-E dove cercarlo? Vi sono due figure nel vangelo che parlano di Tomaso e quello Maria Maddalena. Tommaso è il tipo che non ci vuole credere e perciò che intende mettere il dito nella piaga del costato di Gesù. Questo vuole le credenziali, è uno scientifico, vuole toccare con mano. Maria Maddalena invece, quella che confonde Gesù con l’ortolano, al sentirsi chiamare Maria, gli si fa incontro per tentare di abbracciarlo, ma si sente dire:” noli me tangere, non taccarmi.” Quello in certo senso era un cadavere rianimato, non era Gesù. Ma Gesù le ingiunge di non cercare uno tra i morti, che lui era ed è il vivente. E ricorda ancora quasi fosse presente la risurrezione di Lazzaro. Egli viene chiamato da Marta e da Maria (questa è la sorella di Lazzaro) che il suo amico è morto. E la prova dell’amore. Gesù piange per un amico, piange per tutte le persone di questo mondo, Gesù si commuove per ciascuno di noi. Ora Gesù morto, non c’è più nel sepolcro, ma tutt’ora il vivente. E viene ricordata in forma retrospettiva a Lazzaro” Talita’ kumi”, cioè vieni fuori, come aveva risvegliato la bambina di Giairo. E rivolge questa espressione prima di tutto alla Maddalena. Vieni fuori dal tuo dolore, io sono morto, ma sono il vivente, sono nel Padre”. Maria esci da tuo dolore per diventare Amore.” L’esperienza di una scomparsa ma che Gesù ritornerà, l’annuncio che non si ne andrà per sempre. L’esperienza di una scomparsa e il dolore di un vuoto. Lutero fa una bella diagnosi sulla fede di Maria che crede non ostante tutto e non ostante la tomba vuota. Lutero di Tommaso dice che si tratta di un superstizioso o un credere solo se ci mette il naso, per la Maddalena fa una bella diagnosi psicologica. La fede secondo Tommaso sarebbe una credenza e perciò avrebbe bisogno di prove. La Maddalena sostiene che non ha bisogno di prove perché si fida dell’amore. Se una persona avesse bisogno di prove sarebbe tutto un assillo: come sei stato, con chi sei stato, quando chi sei stato? Non si finisce più. La fede non ha bisogno dell’agenda delle opere buone. La fede si struttura dal basso. Il fatto Gesù che non sia più qui, non è detto che lui non sia il vivente. Gesù non torna più indietro dalla morte, ma esso si sente amato non ostante la distanza. La distanza per chi ama è una formai di prossimità. Gesù parla a Maria con un senso mistico: tu non mi puoi trattenere, non mi puoi toccare, ecco ciò che deve amare, devi amare ciò che ti sfugge, ama che io me ne vada. Un altro esempio può essere tratto dall’astrofisica. Noi sappiamo di provenire anni luce da stelle morte. Pero ne sentiamo l’influsso, siamo come visitati da questa luce. Ora il sepolcro è vuoto, è una stella morta. Ma la luce che proviene da essa mi mette ancora in contatto con il Risorto. E quindi non nasce il senso della nostalgia e nemmeno quello del lutto, ma il senso della gratitudine. Credere nella risurrezione non è pregare ma adorare ciò che di bello abbiamo avuto, il tristo ed il piacevole, bene ed il male in rapporto con il passato. Tutto con lui con si riscatta. Un autore, di cui mi sfugge il nome, parlando del sepolcro vuoto, e del non è più qui, dice “portatemi sempre con voi”. Questa sarebbe un modo con la Maddalena per far risorgere il Gesù dalla passione alla risurrezione. E questa è un modo possibile a tutte noi.

 Autore: Albino Michelin 25.03.2024

albin.michel@live.com