sabato 21 marzo 2015

DAI MARTIRI CRISTIANI AI KAMIKAZE MUSSULMANI



Vento (Kaze) di Dio (Kami) così i giapponesi chiamarono per la prima volta il provvidenziale tifone che in una notte di agosto del 1281 distrusse la flotta mongola in procinto di invadere il loro territorio. Il vocabolo kamikaze (vento di Dio) dopo secoli di naftalina ricomparve nella seconda guerra mondiale (1939-45) per designare il pilota che si votava volontariamente alla morte guidando un aereo carico di esplosivo contro un obiettivo nemico. E sempre lo stesso vocabolo girando il mondo è stato sfruttato dalla civiltà islamica a definire il martire o l'eroe, che per testimoniare la propria fede in Allah è disposto ad entrare in un autobomba o diventare esso stesso bomba per esplodere contro i nemici di Dio. Potrebbe sembrare di cattivo gusto o addirittura sacrilego accostare la figura del martire cristiano a quella del kamikaze suicida islamico. Ma se enormi divergenze esistono negli obiettivi, identica è la convergenza   nelle motivazioni ideali, cioè nel fanatismo religioso, se con esso positivamente intendiamo: "dedizione incondizionata alla causa del proprio Dio", fondamento del loro senso di vita e del loro futuro. Per evitare approssimazioni e genericismo   va detto che nel Corano non esiste alcun versetto che contenga il verbo suicidarsi o togliersi la vita, espresso con il vocabolo intijad. Mentre il suicidio come martirio viene legittimato ed esaltato per una giusta causa, cioè per la difesa dei diritti di Dio, del territorio, della propria „sua" comunità, inserito ·quindi nel contesto della guerra santa (Jihad).
La morte in combattimento motivata da tali sentimenti è la massima aspirazione per un credente musulmano. Più forte della paura della morte è il desiderio di far dono della propria vita. Dono che diventa addirittura orgoglio se è vero che in casi del genere madri, sorelle, figlie si vietano ogni forma di lutto.
Noi occidentali, abituati a non far più niente per niente, ossessionati dal peso corporeo, dalla dieta, dall'immagine, dal fitness, dal primo capello bianco, dal medico in famiglia, archiviamo il fatto in quanto il suo suicidio viene abbondantemente retribuito in dollari e vita dorata per i superstiti. Questo è vero, come conseguenza, ma non come motivo ·dominante del candidato al suicidio stesso, lucido, preparato, padrone di sé. In effetti, non si può pilotare un jet supersonico contro un edificio se si è imbottiti di droga, di alcool, di allucinogeni. Ideale totalizzante è il suo gesto che resta secondo l'espressione coranica: "Dio non mi abbandona, lui provvederà al mio futuro “.  Identiche motivazioni ideali noi le riscontriamo   anche nei martiri cristiani. Stefano mentre viene lapidato vede i cieli aperti, uno dei sette fratelli Maccabei mentre viene torturato dal carnefice si esalta:” è bello morire per attendere da Dio l'adempimento della speranza e di essere da lui risuscitato•.  Così dicasi di tanti altri casi verificatisi nelle persecuzioni contro i cristiani specie nei primi tre secoli, sino a Costantino.
La diversità fra i due non sta, come detto, all'origine, ma nelle conseguenze del loro gesto. Il martire cristiano non torce un capello a chicchessia, il kamikaze invece elimina l'altro, il diverso, l’avversario. Cioè diventa un terrorista. E qui il discorso va precisato: quando parliamo di martiri ci dobbiamo riferire ai singoli, non alle loro religioni di appartenenza, perché entrambi (la cristiana dopo Costantino Imperatore e l'islamica) hanno usato gli stessi metodi, la forza e di sterminio.  Anche se gli storici fanno una piccola differenza e verso una direzione finora impensabile. Cioè gli islamici operavano conquiste dei territori con le armi sì ma non imponevano con le armi la conversione, come avvenuto da parte dei cristiani. Ciò spiega l'esistenza in tutto il mondo arabo di comunità cristiane tutt'oggi rispettate: in Egitto abbiamo i cristiani copti, in Palestina i cristiani melchiti, nel Libano i cristiani maroniti, in Iraq i cristiani caldei (Tarq Aziz, il v ice di Saddam è uno di questi). Mentre nei paesi cristiani non venne ammesso il culto islamico e nei paesi riconquistati dai cristiani non furono   tollerati e quindi scomparvero con le loro comunità. Questa realtà storica fa riflettere tutti coloro che oggi rimproverano ai musulmani la mancata reciprocità nei nostri confronti. Rimprovero che si esprime con uno slogan molto corrente: "perché noi dobbiamo qui accettare le loro moschee, quando da loro non accettano le nostre chiese?". Storicamente si è avverato il contrario. Oggi purtroppo le cose si sono invertite e ci troviamo di fronte a martiri kamikaze terroristi. Di ciò possiamo tentare una spiegazione: noi cattolici in Europa abbiamo avuto una fortuna di cui stentiamo a riconoscerne la portata: l'illuminismo, la rivoluzione francese, il laicismo. Non tutto il male viene per nuocere, anzi spesso tutto è grazia di Dio. E a motivo di queste tre novità da noi si è allentato il fondamentalismo e si sono sia pur timidamente affermate tolleranza, rispetto del prossimo, separazione della politica dalla religione, della chiesa dallo stato. Anche fra di noi esiste ancora la crociata, ma in senso morale, contro l'alcool, la droga, la fame, ecc. Esiste anche la parola martire ma con connotati laici, colui che si sacrifica per una causa ritenuta giusta e superiore. Così abbiamo martiri dell'indipendenza, del Risorgimento, del fascismo, della liberazione di Nassirya nel 2003.
Altro discorso invece per il mondo islamico nel quale purtroppo non si è verificata questa esperienza storica, di laicizzazione   umanista. Qualche barlume si intravede   in Turchia, Egitto, Marocco. C'è da sperare che si tratti di rondini ad annunciare la primavera. Al di la delle speranze, attualmente da noi serpeggia allerta, allarme, allarmismo. E qui i metodi per fronteggiarli, cioè per costruire la pace, sono anche fra di noi oggetto di discussione Tutti d’accordo nel bloccare gli atti di terrorismo, ma in dissenso sull'onda lunga, cioè sul come per un cambiamento di mentalità e di civiltà. Per evitare la dispersione vale la pena soffermarsi soltanto alle posizioni della chiesa (gerarchia, episcopato) italiana. Abbiamo una maggioranza che si identifica con il discorso del Cardinal Ruini ai funerali dei nostri morti, pronunciato il 18 novembre 2003: "Signore benedici e proteggi il nostro popolo e i nostri soldati. Non fuggiremo davanti al terrorismo, lo combatteremo. Continueremo nella nostra missione di pace in Iraq". In sostanza è la posizione filogovernativa che potrebbe anche illudere chi non conosce la psicologia degli arabi, il loro orgoglio. Abbiamo una· minoranza, sostenuta dai Vescovi, figli primogeniti del Conciliò, come Bettazzi, Riboldi, ecc. da diversi   missionari e credenti, che così si esprimono attraverso il Vescovo di Caserta Mons. Nogaro: "il fenomeno del terrorismo non si combatte con le armi. I nostri soldati devono tornare dal fronte perché è così che si comincia a celebrare. Non facciamo il culto dei martiri e degli eroi della Patria strumentalizzando la morte di questi giovani per legittimare guerre ingiuste". In sostanza questo discorso guarda molto lontano non è semplicistico. Si ricollega ad una espressione di Tertulliano (280 d.C.) · nel pieno delle persecuzione: "Il sangue dei martiri è seme di cristiani". O l'occidente cambia atteggiamento e si dimostra meno prepotente nei confronti del mondo arabo evitando soprattutto sfruttamento e guerre pretestuose, oppure dobbiamo accettare che quest'ultimo divenga un terrorismo globale. In effetti dopo l'Iraq sotto mirino non solo è l’America, ma lo sono tutti i suoi amici. Ciò che gli iracheni i pretendono non sono i baci perugina per i loro bambini ma la sovranità del loro territorio. Diversamente può succedere che la loro reazione diventi ingovernabile. E mentre in Europa i seminar i dei preti stanno svuotandosi, quelli dei kamikaze stanno riempiendosi. Non solo a Milano, da dove 5 di loro sono partiti recentemente per farsi esplodere contro un edificio di Bagdad, ma in tutta Europa e nei vari continenti. Che per caso un po' di ragione in merito non ce l'abbia anche il Vescovo di Caserta Mons. Nogaro, che Cossiga ha picconato come indegno e contro il quale il Ministro dell'Interno Pisanu ha inoltrato presso la Santa Sede richiesta di rimozione?  La risposta resta alla riflessione di tutti.

Autore: Albino Michelin
Anno 2003

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