venerdì 6 marzo 2015

LETTERA APERTA AL CARDINALE A.SCOLA DI MILANO

Egregio Signor Cardinale,
 Mi permetta di riferirmi a due articoli apparsi sul quindicinale “Il Regno”, rivista considerata quasi ufficiale nella chiesa italiana e riferentesi al sinodo sulla famiglia tenuto a Roma dal 5 al 19 ottobre 2014. Il primo di Sua firma in data 15.9. Dal titolo” Antropologia ed Eucarestia” (pag.540-545) in cui si rispecchia l’etica tradizionale in materia. Gli stessi argomenti Ella ha ripetuto nell’intervista a “Repubblica” del 12 ottobre a cura di Rodari. Il secondo articolo del “Regno” è firmato dal Vescovo di Anversa J. Bonny in data 1.10. (pag. 547-561) in cui si rispecchia il sentire di diversi vescovi belgi e del mondo con un approccio più attento e aperto alle attuali e possibili problematiche in merito. La stampa laica, non tutta invero, ha parlato di guerriglia sulle Vostre discussioni tenutesi al sinodo, certo però il rispetto ma anche l’evidenza ci porta a costatare un profondo dissenso fra le due correnti, al di là dei soliti elogi accademici circa l’unità d’intenti e il grande evento. Due mondi pressoché opposti. Ad una lettera aperta mi legittima pure il discorso di apertura di Papa Francesco:” parlare chiaro anche se si suppone che il papa abbia un’idea diversa.” Dopo secoli di opacità (chiamata prudenza) nella storia della chiesa, questo messaggio di trasparenza non puo’ che fare del bene a tutti. Qui di seguito i quesiti, che rappresentano quelli di una buona maggioranza silenziosa dei cattolici interessati alla famiglia.
Prima domanda: nell’autunno del 2013 Papa Francesco inviò tramite internet un questionario sulla famiglia con 39 domande a scopo non tanto di fare un’esame ma di raccogliere opinioni. Un atteggiamento di ascolto. I vescovi di Europa lo raccomandarono a tutti i fedeli e i sacerdoti lo divulgarono sia attraverso la predicazione sia attraverso i bollettini parrocchiali. In Italia invece le autorità competenti in maggioranza hanno messo il silenziatore e persino molti gruppi di chiesa rimasero all’ oscuro. Il motivo? Come si fa a formare la coscienza della gente col metodo antico del * proibito capire, obbligati a ubbidire*?
Seconda domanda: Al sinodo parteciparono circa 250 membri rappresentanti fra cui 14 coppie, cioè 7 donne o qualcuna di più. Come è possibile parlare e legiferare di sessualità da parte di ecclesiastici che hanno fatto il voto di castità, escludendo la maggioranza dei coniugati? Al di là dei documenti altisonanti ex cattedra non è questa una ulteriore testimonianza di maschilismo nella chiesa?
Terza domanda: Il matrimonio è stato incluso per ultimo nella lista dei 7 sacramenti, ufficialmente al Concilio di Firenze nel 1439.Prima di quella data non esisteva il rito obbligatorio in chiesa, né alla presenza del sacerdote. Si riteneva valido ogni rito a secondo delle tradizioni ambientali, dei romani, dei celti, dei franconi, ecc. In pratica quelle erano tutte coppie di fatto o concubine, a considerarle secondo il nostro attuale criterio. Ma per loro la base del matrimonio non era la cerimonia in chiesa o la stola del prete, era l’amore. Come spiega oggi questa crociata contro le coppie di fatto? Ed inoltre quando nell’Eucarestia il pane e il vino si deteriorano abbiamo ancora il sacramento? Certo che no. E quando purtroppo nella coppia l’amore scompare o diventa odio esiste ancora il sacramento del matrimonio?
Quarta domanda: Lei nega la comunione ai divorziati perché   essa non è un sacramento di guarigione. In pratica un premio per gli sposati in chiesa o per gli onesti. Però i divorziati non sarebbero cacciati dalla chiesa, vi appartengono e sono tenuti a tutti i doveri, anche a quello della messa festiva. Ma non è offensivo nei loro confronti obbligarli alla messa e privarli della comunione? Come invitare delle persone in ristorante e obbligarle a digiunare? Lei ripiega al diritto di farsi la comunione spirituale. Ma anche qui, in un banchetto ci si nutre con il solo profumo e desiderio di guardare una tavola imbandita? Nella messa si recita una decina di formule (Signore pieta’…) per la richiesta di perdono dei peccati. Se hanno un senso danno il diritto alla comunione, se sono petizioni divozionali tanto vale toglierle. Gesù parla più volte e seriamente, non con slogan populisti, che il suo regno è   un convito a cui tutti sono invitati specie i malati, i disgraziati, i senza parte. Invece perché con divorziati ci si comporta oggi da buttafuori anziché da accoglienti?
Quinta domanda: si ribadisce che Gesu’ si espresse sempre e chiaramente contro il divorzio. E’ proprio vero? Nel vangelo di Marco (10,11) si, in quello di Matteo(5.23) no, ammesse delle eccezioni. Secondo il vocabolo originale greco “in caso di porneia”. Negli anni 1970-80 lo scrivente frequentava l’Università di Friburgo in Svizzera, dove Lei teneva dei corsi. All’Istituto biblico il prof. Barthelemy spiegava e riteneva che Gesu’prevedeva dei casi di seconde nozze. E non si riferiva ad annullamenti della Sacra Rota. Però ci raccomandava di non gridarlo troppo forte, Roma ci sente. Ella in una conversazione con i giovani di Comunione e Liberazione di cui era animatore con Prof. Correcco (poi vescovo di Lugano+1992) sulla linea del fondatore don Giussani rispose che quell’ interpretazione non era magistero della Chiesa. Ma le decisioni del Magistero sono autoreferenziali e soggettive o si fondano sulla oggettività dei testi? Non è questa una forma di relativismo?
Sesta domanda: dalla comunione Gesu’ non ha mai allontanato nessuno, eccetto in un caso. “Se tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta davanti all’altare e va prima a riconciliarti con lui. (Mt.5,23). Cioè a chi odia, a chi non ama dovrebbe essere negata la comunione. Se ci si attenesse a questo comando tutti prima della comunione dovrebbero alla spicciolata e in processione uscire di chiesa e forse seguiti anche dal prete celebrante.
Settima domanda: Lei parla di coscienza come obbedienza al magistero, unica fonte di formazione. Il Documento del Concilio Vaticano II parla invece anche di un’autonomia della coscienza come nucleo profondo del proprio io.(Gaudium et Spes,c.16).”L’ultima regola del comportamento morale è la propria coscienza, illuminata e formata” E  Ratzinger, in seguito Papa, vi spiega: ”Al di sopra del Papa e dell’autorita’ecclesiastica  resta comunque la coscienza di ciascuno che deve essere obbedita prima di ogni altra cosa, se necessario anche contro le richieste dell’autorita’ ecclesiastica”( Herder 1967-69).Come si puo’ proibire allora la comunione ad un divorziato, gay, coppia di fatto, ecc. se in coscienza sono convinti di avere bisogno di Dio?
La ringrazio per il contributo chiarificatore che potra’ dare in tempi e modi per Lei opportuni a tutti coloro che richiedono chiarezza in questo ambito in cui tra Cardinali-vescovi tradizionalisti e innovatori il solco sembra essere troppo profondo.

Autore: Albino Michelin
Anno 2014
  

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