venerdì 20 marzo 2015

MANIPOLAZIONE DI MASSA


Un tempo, solo cinquant'anni fa, noi eravamo confrontati unicamente con la nostra contrada, il nostro paese di limitate dimensioni geografiche ma di intensi rapporti umani. Oggi invece abbiamo a che fare con le folle, con le masse, con i popoli, al di dentro dei quali i nostri rapporti sono molto superficiali ed instabili. Anche nelle parrocchie svizzere nelle domeniche di novembre si organizzano dovunque le cosiddette "Giornate dei Popoli" allo scopo di personalizzare più intimamente le relazioni personali. L’unità di misura nei confronti delle folle se l'era già posta Gesù al suo tempo quando diceva: "ho compassione di questa gente perché mi sembra come un gregge senza pastore". Personalmente amo molto stare in mezzo alla gente, cercarla e conviverci nei momenti di festa e di raccolta, ancorché non di rado cerco per autorigenerazione, la solitudine, la natura, il bosco, il monte. Comunque la psicologia sociale oggi ci impone di fare anche un'analisi di questo fenomeno. Siamo di fronte, in primo luogo a folle che si aggregano per un preciso scopo o ideale religioso: vedi le moltitudini di Lourdes, Guadalupe, S. Giovanni Rotondo, Piazza San Pietro. Vi sono poi altre folle che si trovano insieme richiamate da passioni comuni: vedi i tifosi di calcio. I no-global, i manifestanti per motivi politici di contestazione e protesta. Infine popoli che si aggregano sollecitati dalla moda o dal semplice e ingenuo istinto della omologazione: la spiaggia, il mare, le vacanze nei paesi esotici. La passeggiate nel corso con le ragazze all'anello nell'ombellico e i ragazzi a codino. Su quest'ultimo tipo di folla si sentono spesso giudizi non proprio esaltanti: si tratterebbe di buontemponi, di cretini (addirittura!), di gente che va dai maghi a farsi spennare o dalle prostitute nigeriane per la festa dell’eros. Eppure io mi ci trovo bene a mettermi dentro soprattutto con questa gente della seconda e terza categoria, perché mi fa venire in mente la risposta che il Signore dà al profeta Giona il quale nutriva per la città di Ninive gli stessi sentimenti che molti nutrono verso questo tipo di folle: non dovrei aver pietà di Ninive, quella grande città, nella quale sono più di centomila persone che non sanno distinguere fra la mano destra e la mano sinistra?”. Personalmente mi trovo bene in questo tipo di folle e penso bene di esse. Ci voglio appartenere non per compassione, perché questa mi sa di superiorità, distanza, ma per identificazione. E perché non vorrei essere un ingenuo, ma andare oltre l'apparenza si. Il codino, il gergo trans, i vestiti con la toppa, il tatuaggio, l'anello sull’ombellico ci dicono la pelle, ma non l'anima di questa umanità. Questa gente credono in un Dio, cercano qualcosa che non sanno. Anche loro appartengono a Dio. "lo ho un popolo numeroso in questa città" dice il Signore a Paolo (Atti 18.10) quando gli ordina di restare a Corinto, immagine perfetta della città mondiale. Figli di Dio e suo popolo sono tutti gli uomini non solo quelli che vanno in chiesa alla domenica. Chi ci va lo fa a nome di tutti, per darne notizia alla comune umanità e non per squalificare moralmente quelli che non ci vanno.
In riferimento a questa triplice analisi delle folle mi permetto un ulteriore passaggio: bisogna sapersi indignare di fronte a tutti coloro che tentano surrettiziamente di manipolarle. In effetti, la massa va educata, coscientizzata, non strumentalizzata. Lo stesso Gesù che sente compassione per le folle appare spesso sconvolgente per la violenza verbale (e nel caso del tempo anche fisica) contro coloro che tengono le folle il più possibile succubi dei loro messaggi. Basta leggere il capo 23 di Matteo per cogliere come l'evangelista presenti un Gesù capace di una violenza sconvolgente verso i farisei, rei di creare le condizioni affinché le folle rimangano estranee al potere. Siano cioè ridotte a semplici masse inermi. Se dobbiamo avere uno sguardo di misericordia leale verso le folle; non possiamo penon indignarci verso le categorie di coloro che, magari qualificandosi religiosi come i farisei, meticolosamente programmano da anni attraverso la TV l'apatia verso il sociale, verso una presa di coscienza politica e religiosa critica e personale. Non è esagerato affermare che si sta perseguendo l'istupidimento e linebetimento delle folle. Sia pure· con le apparentemente più nobili intenzioni e le più nobili finalità cattoliche. Una per tutte? L’intasamento televisivo su tutte le reti italiane per il giubileo papale e poco dopo per l'episodio del Crocefisso rimosso dall'edificio scolastico di Ofena e d’altra parte silenzio totale, funebre, sul premio Nobel per la pace attribuito il 10 ottobre 2003 a una donna islamica, l'iraniana Shirim Ebadj. Ovvio, quelli erano spettacoli di evasione, di distrazione voluti dal programmatore occulto, questo dell'islamica era annuncio e dibattito scomodo, atto a farci ragionare e anche un po' a ridimensionare il nostro mal di pancia contro il mondo arabo. Sono silenzi, scelte manipolate allo scopo di mettere a digiuno il pubblico in materia, di fronte a cui bisogna sapersi indignare. A suo tempo si condannava duramente e giustamente le manipolazioni dei regimi comunisti. Questi dal 1989 sono caduti, ma la loro storia non ci ha insegnato nulla. Figli e nipoti hanno cambiato foulard, ma forse non hanno ancora cambiato anima

Autore: Albino Michelin
Anno 2003


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