venerdì 20 marzo 2015

ROM, SIETE LA FECCIA DELLA SOCIETÀ

Da un episodico fatto di cronaca ad un costume tipicamente nostrano. Lunedi 2 marzo 2015 durante la trasmissione televisiva “Piazza Pulita” in uno dei consueti rissosi dibattiti l’europarlamentare G. L. Buonanno sparò un’autentica gragnuola di insulti contro la signora D. Pavlovic, rom, cittadina italiana, laureata in sociologia e rappresentante dei gruppi rom in Italia:” voi rom e zingari siete la feccia della società’”. Non c’è mai limite alle violenze di un pubblico villano quando col pretesto della democrazia si arroga di dire quello che pensa senza pensare a quello che dice: questa è violenza gratuita. Pure ammettendo che il comportamento di molti zingari-nomadi-rom lascia a desiderare non è mai conveniente finire nelle generalizzazioni e nella retorica populista perché altro non si fa che fomentare sentimenti di ostilità nell’opinione pubblica, già surriscaldata da tante altre provocazioni. Etichettare così una minoranza significa apporre un marchio ad un’intera popolazione. Come ritornare al” pizza, mafia, mandolino” affibiato in America del nord agli emigrati italiani alla fine dell’800, oppure ai “cincali” (parenti degli zingari), elogio agli italiani in Svizzera negli anni 1950-60. Imparare dalla storia significa anche non divertirsi a ripeterla. Vale la pena delimitare l’argomento e intendersi anzitutto sulle parole: qui parliamo di rom, da non confonderli con rifugiati politici ed extracomunitari. Rom non è un cittadino rumeno, anche se alcuni di loro abitano in Romania. E’ un gruppo etnico antichissimo, proveniente dall’India del nord già dal 1500 a. C. Una galassia di tribù, dialetti, usi e costumi.  Essendo nel DNA nomadi e camminanti, lungo i secoli si sono diffusi e dispersi nei Balcani, nell’Europa occidentale dove vengono chiamati sinti, come da noi in Lombardia e in Piemonte. Oppure in Spagna con il nome di gitani, appellativo forse mutuato dagli egiziani. Guardati con un certo fascino sono entrati nella letteratura, nella musica, nell’arte. La loro è sempre stata però una storia di persecuzioni, deportazioni, schiavitù, sterminio, come durante la guerra 1940-45 ad opera dei nazisti nei forni crematori. Considerati già dal Medioevo come figli di Caino, maledetti da Dio a randagismo perpetuo. Di qui il forte sentimento dell’identità e autocoscienza della loro civiltà’. La loro sopravvivenza è stata costretta a garantirsi un po’ con tutti gli espedienti, leciti ed illeciti. Nulla da eccepire se allevatori di cavalli, forgiatori di metalli e gioielli, esperti nella lavorazione del rame, suonatori, danzerini, dediti alla magia e alla lettura delle mani, fino al nostro tempo giostrai, circensi, artisti dei luna park. Comprensibile ma non accettabile certo l’espediente al furto, alla rapina, alla devianza sociale, al parassitismo, al borseggiamento, la resistenza ad ogni inserimento nell’ambiente stanziale. Il loro numero nel mondo varia dai 12 ai 15 milioni, di cui 11 milioni in Europa. In Italia, quattordicesimo posto, sui 180 mila di cui un quarto, circa 40 mila nei campi rom.130 mila, tre quarti sono cittadini italiani da diverse generazioni, quindi integrati. Esercitano anche diverse professioni comuni, come orafi. Ovvio che specie quelli residenti nei campi rom hanno problemi con la giustizia (50% dei giovani), e solo il 3,5% frequentano le scuole. Non esiste una legislazione ONU in materia ma solo raccomandazioni non vincolanti per salvare le minoranze etniche. Nel 1971 è stato costituito un movimento” Unione internazionale rom” a salvaguardia della cultura nomade. Un buon modello legislativo lo ha la Francia, dove i rom raggiugono i 340 mila, un modello fra accoglienza e tolleranza zero. Ogni comune oltre i cinque mila abitanti è obbligato a dotarsi di un campo rom, con sanzioni severe contro chi non si registra, non detiene un documento d’identità’, non frequenta la pubblica istruzione, vive di accattonaggio. L’Italia ha avuto un rapporto storico benevolo con questa etnia per il fatto che nel 1896 Vittorio Emanuele Terzo prese in sposa Elena figlia del re di Montenegro nel quale il gruppo nomadi è abbastanza consistente. Ma solo fino al 1946 allorché i due sovrani di questa monarchia hanno lasciato l’Italia per l’esilio ed è subentrata la Repubblica. Dopo di che in Italia noi abbiamo il modello “magna magna”. Non è chiaro a quanto ammonti l’investimento statale annuo per l’emergenza campi e residenti rom. Si parla e si scrive di 99 milioni, ma le nostre cifre sono sempre ad arte ballerine. Nella periferia sud di Roma ad esempio si dice di un contributo statale di 35 milioni, più 7 da parte del Comune. Si oscilla dai 30 ai 50 euro pro persona. Ben inteso che tale denaro non viene gestito dagli interessati ma da enti e cooperative. Ed è qui che il modello magna magna costruisce le sue fortune.  La catena degli scandali è infinita. Come l’intreccio mafioso-criminale Carminati-Buzzi, due emissari di fiducia dei quartieri alti, catturati inizio dicembre 2014.Le loro intercettazioni:” tutti i soldi che ci siamo pappati quest’anno, circa 40 milioni di fatturato, li abbiamo fatti sui campi rom, sull’emergenza alloggi, sugli immigrati. Molto di più che con il traffico di droga” Per i rom   invece sono stati spesi 1% a scopo integrazione, il 10% a scopo scolarizzazione: le briciole. L’operazione truffa colossale la chiamano mafia capitale in buona compagnia con l’Expo di Milano, del Mose di Venezia, ma forse tutta l’Italia è mafia capitale. Rom e i disperati di ogni genere servono per ingrassare politici e loro compagnie di malaffare. Anzi questi ne hanno bisogno perché così si costruiscono le loro fortune. I cittadini italiani non dovrebbero inveire contro i rom colpevoli di rubare i soldi dei pensionati e dei precari, ma contro i politici e i loro amici. Questi vanno definiti la vera feccia della società. Troppo comodo cercare capri espiatori nei più deboli. Un esempio pulito a favore dell’emergenza rom ci viene da un prete, don Reboldi, che alla periferia di Milano con altri tre religiosi ha preso residenza nella sua roulotte insieme ai nomadi. Li accompagnano verso il rispetto delle regole, l’inserimento, l’integrazione, la scolarizzazione, un lavoro dignitoso, il valore sociale del Luna Park evitando così ghettizzazione e microcriminalità. Non ragionano con la pancia e con il fegato, ma col cuore e con un po’ di umanità’. Queste le iniziative che dovrebbero moltiplicarsi a livello sociale e politico. Sempre meglio una goccia di miele che un barile di aceto.

Autore: Albino Michelin
Anno 2015   

Nessun commento:

Posta un commento