venerdì 24 aprile 2015

ABORTO INDIVIDUALE E OMICIDIO DI MASSA

Fra le tante malefatte e disgrazie di cui oggigiorno veniamo a conoscenza non lasciamoci sfuggire un caso molto pietoso, avvenuto in un Paese ai confini del mondo, cioè in Nicaragua, ai danni di una bambina di nove anni. Niente di ciò che tocca l'umano dovrebbe lasciarci estranei per quanto abissali possano essere le distanze geografiche. Dunque, informano le agenzie, una bambina di questa età venne recentemente violentata e messa incinta. Un grave dilemma per le istituzioni familiari, sociali, politiche e religiose ha coinvolto l’opinione pubblica: aborto sì, aborto no, e la bambina in mezzo estranea all’acceso dibattito. Vari aspetti entrano i gioco nella spinosa questione: il tamtam pubblicitario, l’ingerenza petulante di tutti, la condanna morale emessa dagli antiabortisti. Certo il fatto che ci sia in gioco una nuova vita non può lasciare indifferente nessuno. La preoccupazione per la Vita, specialmente indifesa, è sempre un segnale positivo. Salta evidente agli occhi in questo campo la posizione della chiesa cattolica nettamente intransigente: in nessun caso lecito l’aborto, eccezion fatta per quello terapeutico, cioè indirettamente causato per un intervento sulla madre, esempio l'estirpazione di un tumore all'utero. Vedi catechismo nr. 2270-75 . Pure dichiarandosi d'accordo con questo principio, non si può però sottacere una domanda che venne e verrà posta da molti: che cos'è questo opporsi con tanta determinazione alla possibile soppressione di un feto e mostrare poi tanta omissione, distinguo, tolleranza di fronte guerra che tante vite di bimbi indifesi manda al macello? Il comandamento di non uccidere non è valido per l'uno come per l'altro caso? E com'è che per l'aborto non si danno eccezioni, nemmeno in casi di bestiale violenza e stupro, e per le guerre molto facilmente si? Il Catechismo al su citato al nr. 2309 fa una serie di capriole per legittimare ancora le correzioni medioevali della guerra „giusta", come ai nr. 2266-67 ne fa altrettante per legittimare la pena di morte. Nemmeno i cattolici praticanti sono al corrente di ciò, per cui alla bisogna qualche girotondo in piazza per l’abolizione dei su citati commi non sarebbe superfluo. Non è più deliberato, crudele, sistematico l’assassinio delle vite in guerra che un aborto in situazioni personali il più delle volte drammatico? L’amore verso il prossimo anche nemico è un comandamento evangelico.  Non si vuole qui fare i pacifisti ingenui. Meraviglia solo che l'applicazione in situazioni di guerra di questo comandamento sia stata ed in molti casi lo è tutt'ora contraddistinta da lassismo e per l'aborto invece è rimasta dura e inderogabile. Come mai due pesi e due misure? Forse perché nel primo caso entrano in gioco interessi politici? Probabilmente per questo motivo si potrebbe capire come un Reagan ed un Bush hanno potuto patrocinare campagne antiaborto mentre si lanciavano in guerre orribili. E così il principio del diritto alla vita applicato con rigore al feto viene violato senza scrupoli quando si tratta o si trattava di reprimere con torture e fuoco la vita di dissidenti, eretici, streghe, omosessuali elargendo benedicenti indulgenze agli arruolati per ogni tipo di crociata. Pur nel rispetto dei principi morale, il Magistero della chiesa in quest’epoca dovrebbe dare spazio anche alla ·cosiddetta prospettiva scientifica, cioè alla ricerca sull’embrione. Una teoria che non andrebbe scartata tout court con supponenza permette di affermare che la costituzione di un nuovo essere umano non si ha se non verso l'ottava settimana, alla fine del secondo mese dopo la fecondazione nel passaggio dalla fase embrionale a quella fetale. Prima di tale termine esso embrione mancherebbe di sufficienza costituzionale e di sostantività. Non si dovrebbe, secondo tale ricerca, pronunciare una sentenza pro o contro la vita ignorando il fatto oggettivo del momento in cui questa vita è realmente costituita. La prospettiva cattolica in un documento conciliare (GS  51) può con pieno diritto affermare: "la vita umana deve essere salvaguardata con la massima attenzione possibile fin dal concepimento", ma come osserva il moralista Haering” non spetta al magistero della chiesa risolvere il problema del quando” preciso in cui ci troviamo di fronte ad un essere umano nel pieno senso della parola". Sappiamo che tale interpretazione è stata contestata dagli organi preposti, ma poiché la storia ci ha insegnato e l'attuale Pontefice Wojtyla ha dichiarato che fra scienza­ fede -morale non ci può essere contraddizione, la chiesa dovrebbe per lo meno seguire con attenzione lo sviluppo di questa teoria fino ad eventuali accertamenti in materia. Oggi, nel nostro tempo, ogni guerra deve essere considerata illegittima e immorale per le sue conseguenze, in quanto condotta non più con mazze e bastoni ma con armi di distruzione globale, tanto più quando è mossa da motivi poco chiari e piuttosto inconfessabili. Quale deve essere la nostra reazione: strenua difesa della vita quando si tratta di guerra come succede quando si tratta di aborto? Perché cosi luminosi nel secondo caso e cosi camaleontici nel primo? Non basta "intanto   tener   duro   sull'aborto, poi si vedrà anche sul resto. Evitiamo gli slogan, non dribbliamo l’ostacolo: qui coerenza cercasi. Magari ribaltiamo le precedenze: prima si condannino gli omicidi di massa, guerre giuste e ingiuste, e poi ci si metta una pezza sull'aborto individuale.       

Autore:
Albino Michelin
21.03.2003 

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