giovedì 23 aprile 2015

GLI 82 ANNI DI PAPA WOJZYLA: DIMISSIONI?

Forse vale la pena arrivare intenzionalmente fuori tempo nel commentare gli 82 anni del Papa, compiuti il 18 maggio 2002. Chi ha divulgato diagnosi infauste, chi ha stilato prognosi allarmistiche, chi si è consolidato nelle sue delusioni. Prima di una riflessione in merito ci si permetta un’introduzione che pare estranea ma alla fine risulterà pertinente. Recentemente ebbi un colloquio con un collega missionario P. Gelmino Metrini, anni 69, affetto da malattia e in partenza per un ricovero in Italia, il quale alla mia prospettiva di incontrarci nel periodo delle ferie mi rispose con un'impareggiabile serenità: "caro amico, non aspettarti molto, ci vedremo nelle ferie eterne!". Qualche tempo dopo mi pervenne una comunicazione da un altro collega, Missionario in Germania, P. Pietro Rubin anni 68, pure colpito da grave malattia il quale con altrettanta serenità dichiarava di dover ritornare in Patria in attesa fra non molto di entrare nei "tabernacoli eterni “. Espressione alquanto poetica, ma che non richiede tante spiegazioni. Qualche tempo dopo mi è capitato sotto mano un articolo di rivista della congregazione Scalabrini in cui un missionario nel bernese, P. Giuseppe Fabbian, prossimo al rientro definitivo in Italia, scrive che il 30 marzo 2002 giorno del suo 82o compleanno, gli è morto un amico sacerdote della stessa età aggiungendo che è andato a preparargli un posto. Un ultimo caso riferentesi al precedente Vescovo di Lugano Eugenio Corecco, deceduto all’età di 64 anni.  L'avevo conosciuto a Friburgo nel 1965, quand'era insegnante di Diritto Canonico all'Università e assistente del movimento "Comunione e Liberazione". Le nostre idee erano proprio agli antipodi di quanto si possa immaginare, ma costruttivi dialoghi ci riunivano appassionatamente al Caffè Plaza di quella città, ora diventato un Dancing.  Qualche settimana prima della morte (soffriva di un tumore alle ossa) andai a visitarlo a Lugano e mi disse accomiatandomi: " le preghiere dei diocesani stanno rovinandomi. Vogliono il miracolo perché senza di me la chiesa ticinese non potrà più andare avanti. lo invece so che devo morire. E tu prega perché io possa accettare la morte e insegnare a me stesso e agli altri a morire nella fede del Signore". Quattro casi tutti riferiti ad ecclesiastici, ma innumerevoli   sarebbero   quelli   da attribuire a laici del popolo comune in cui si ammira l'accettazione della propria vecchiaia, della propria malattia, della provvisorietà della vita umana, il distacco dal sapere, dal poter e dall’avere. La forza morale e spirituale di riprogettarsi in tutt'altra dimensione. In parole senza fronzoli, questa gente ti insegna a morire. Questa è la Chiesa che convince, questa è la chiesa che amo, questa   è   la chiesa   credibile, salvezza delle genti. Lunga introduzione per dire che tutto il battage che si è fatto si sta facendo e sempre di più si farà attorno ad un Papa di 82 anni malato attribuendo a lui stesso e al suo futuro affermazioni di dubbia provenienza non danno una bella testimonianza alla chiesa del Signore, ma enfatizzano un Wojtylismo sconfinante con l'idolatria di una persona e di un ruolo, situazione di cui l'attuale Papa stesso è senza dubbio vittima e non protagonista. Comunque almeno i cattolici alcune idee le dovrebbero avere chiare in testa: a) Senza   troppo scomodare   il canone 332 del Diritto di Chiesa un Papa può dimettersi o rinunciare quando vuole senza chiedere parere o consenso a chicchessia. Celestino V dopo alcuni giorni di pontificato ha Iasciato l’incombenza e se ne è ritornato al suo convento negli Abruzzi a pregare e zappare l'orto (1294). A chi le ha date le dimissioni? Alla comunità ecclesiale tramite le strutture rappresentative del tempo. Non le ha date al Padre Eterno o allo Spirito Santo. Non vogliamo piantare sempre pretesti sacrali dove non necessita. b) Si afferma nel Catechismo che la continuità della Chiesa non viene garantita da uomini o dalla sapienza o dalla forza o dal potere mondano, ma dallo Spirito del Signore. In effetti il detto popolare: "morto un Papa se ne fa un altro", significa che di fronte a Dio tutti siamo utili, nessuno necessario. Ovvio che questa fiera mediatica attorno alla salute di Wojtyla non tiene molto conto del ruolo dello Spirito Santo. c) In appoggio ne viene anche un argomento storico. Dal 1378 al 1415 per 37 anni la Chiesa ha avuto tre papi contemporaneamente, quindi tre antipapi e solo nel 1415 il Concilio di Basilea li ha esonerati scegliendone un quarto, Martino V. Orbene tutti sono al corrente che attorno alla   malattia e al futuro dell'attuale Pontefice circola grande imbarazzo e disagio. Che vi siano all'interno del Sacro Palazzo due correnti non è un mistero per nessuno. Lo stesso giornalista Messori bene accreditato in materia ne fa menzione (Corriere della Sera 5.4 .02). Quella a favore   delle dimissioni fino a poco tempo fa veniva pilotata dai progressisti che non vedono di buon occhio una gestione eccessivamente monarchica della Chiesa. Attualmente però si è a allargata anche ai conservatori che con i troppi mea culpa papali, il troppo dialogo con le altre religioni si vedono spiazzati dalla roccaforte dei loro dogmi secolari, allergici a sollevare tutti questi coperchi atti solo a disorientare i fedeli. Decisamente contrari invece alle dimissioni sono tutti quei dicasteri e quei cattolici che si identificano con il personaggio, con la sua statura morale, con la passione della sua testimonianza. Se da una parte questo affetto esprime sinceramente il valore della persona, dall'altra però ne divinizza il ruolo, il che è valicare i limiti posti dalla natura umana e quindi da Dio stesso. Indubbiamente anche per Wojtyla è gratificante fare il Papa, come per ciascuno di noi esercitare la sua professione, come per un nonno allevare i nipotini: è umano. Quindi ben si spiega l’espressione di Wojtyla al chirurgo Fuschi: “Lei mi deve curare e io devo guarire perché non c'è posto nella chiesa per un Papa emerito". Come anche è umano la richiesta da parte sua di preghiere al mondo intero per compiere la sua missione finché Dio vorrà’. Sono le espressioni però troppo misticheggianti che gli si fanno fiorire attorno a rendere legittima qualche perplessità.  Eccone qualcuna stralciata dalla stampa: "La chiesa non e un’azienda, una multinazionale che ha bisogno di manager, ma di martiri... Dio sceglie ciò che è debole nel mondo per confondere i forti... Solleva il mondo attraverso la sofferenza .... Questo Papa vive per il martirio, finché Dio gli concede rimane appeso alla croce e non discende. Dite al Papa di riposarsi, soffre come Cristo sulla Croce, è l'anima di un eroe che traina un corpo di dolore ... Il suo è il magistero della sofferenza”. Per non parlare poi di tutti i pettegolezzi che si fanno attorno ai suoi acciacchi. Dal culto della pantofola si è passati a quello del ginocchio con una dovizia di dettagli, a quello della rotula, della cartilagine, dell’anca, della protesi, del femore, del menisco. Renato Barazzutti suo medico personale lo segue in continuazione dietro ad una tenda. Equipe scelte di medici lo controllano ad ogni passo. A 100 metri un ambulanza attrezzatissima disponibile per trasfusioni e rianimazione: pronto soccorso ad ogni celebrazione. Un segretario lo tiene al braccio perché non vacilli, un altro gli passa il foglio da leggere, un altro il bastone, un altro il bicchiere d'acqua, un altro il fazzoletto. E poi attrezzature di ogni genere: l'altare senza gradini, pedana mobile, tappeto scorrevole. Tutti questi i dettagli su cui la Tv ama intrattenersi non si sa se per morbosa curiosità o per umana solidarietà. L'impatto però con il pubblico non è molto edificante.  In effetti più di un barbone in una mansarda resta lì inchiodato con le sue frustrazioni. E pure l'impatto con molti componenti della gerarchia ecclesiastica non è sempre tra più felici.  Cardinali (vedi Martini di Milano), vescovi e preti che all’età di 75 anni, magari in ottima salute, devono presentare le loro dimissioni   possono lasciarsi sfuggire   l'affermazione che le leggi della Chiesa valgono per tutti, eccetto per chi le fa. Quale l’opinione media dei cattolici italiani in materia? Difficile individuarla perché bisogna vedere dove, come, quando, con chi si parla. Il cattolico italiano su questi argomenti in pubblico non si esprime: si mimetizza, si sdoppia, camaleontico fa cento sembianze. Comunque abbastanza rappresentativa sembra l’opinione, seppur a fior di labbra espressa, che l'attuale Pontefice non è più un leader autonomo, e che in molti aspetti resta nelle mani dei diversi gruppi di curia. L'unico spazio di libertà che gli resta è la programmazione dei viaggi nel mondo, ultima attività disposto ad abbandonare. Che dire? In quanto a salute gli auguriamo vita lunga e serena. In quanto all'esercizio del ruolo papale appropriata sembra l'affermazione di Enzo Biagi, padre del buon senso: "l'autodecisione delle dimissioni potrebbe costituire un grande gesto ed una suprema lezione di umiltà di fronte a tutto il mondo, a quello dei credenti e a quello degli indifferenti".

Autore:
Albino Michelin
13.06.2002 

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