giovedì 23 aprile 2015

DA PIETRO A RATZINGER: CHIESA MONARCHIA QUASI INOSSIDABILE

Agli innumerevoli, chissà quanti milioni di visitatori e turisti della Basica di S. Pietro in Roma non sarà di certo sfuggita un'enorme espressione in lingua latina e a caratteri cubitali che campeggia gigantesca tutt’intorno al cornicione deIla navata e dell'abside. Tradotta in italiano essa dice: "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa”. Ricavata dal Vangelo di Matteo (16,18) è ormai una sentenza divenuta proverbiale, un cavallo di battaglia fra i difensori di santa romana chiesa, apologisti, fans papali e laici più o meno smaliziati nonché un peana di vittoria per i fondamentalisti e cattolici di stretta osservanza.  Senza dubbio pomo della discordia o pietra di scandalo che ha diviso nel corso della storia le tre grandi confessioni che si rifanno ·a Gesù Cristo, autore di quell’affermazione: cattolici, greci ortodossi, protestanti. E se la chiesa romana mantiene l’interpretazione restrittiva e autoreferenziale adottata sin’ ora nessuna unione delle tre confessioni sarà mai possibile, al di là dei baci è abbracci di cerimonia profusi fra i rappresentanti ufficiali. Per cui è convinzione che uno sguardo un po’ scientifico sull’origine della parola, sulle intenzioni interpretative del papato, potrebbe   a qualche lettore interessare.
                                                           Il Carattere di Simon Pietro
Dal nuovo Testamento si possono dedurre alcuni tratti fondamentali.  Egli ci appare come un tipo 'primario', cioè vitalista, entusiasta trascinatore, volenteroso, intuitivo, solidale. Per un verso anche ansioso, ciò che compie lo fa con passione, con l’anima, con la vita. Per un verso: perché c’è anche   il rovescio   della   medaglia. Irruente, precipitoso, impaziente, fragile allo stress e alla depressine, capace del meglio e anche del peggio. Morire per un’idea, ma anche nello stesso tempo tradire un amico, come ha fatto con Gesù, per poi ravvedersi, pentirsi, rifarsi. Causa il suo atteggiamento fiduciale si merita dal Maestro l’elogio "Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la mia chiesa”, ma subito dopo a causa della suo tornaconto nello stornare Gesù dalla passione imminente deve incassare un “Vai indietro da me, Satana”. Dalle stelle alle stalle insomma. Gesù intendeva fondare una chiesa su Pietro e sul Papa come la nostra attuale? La domanda martella ancora alcuni cattolici, diciamo alcuni, perché la maggioranza con i problemi della chiesa non si guasta più di tanto il sangue. Anzitutto va fatto osservare che l’espressione su citata si trova solo in Matteo, cioè un solo libro sui 27 del nuovo Testamento, redatto tardivamente, verso il 70 d.C. a significare che questo rappresentava più un problema locale della sua comunità in maggioranza giudaica che non le altre. Inoltre l’affermazione viene indirizzata a Pietro come persona e non come capostipite di una particolare dinastia papale o pontificia. Attraverso Pietro è rivolta a ciascuna di noi cioè” sulla tua fede io edificherò la mia comunità”. Gesù qui non pensa a investiture particolari, per lui alla comunità di fede succede un’altra comunità di fede sotto la guida dell’unico pastore che resta Gesù Signore.  Egli non intendeva fondare una chiesa stile monarchico, o per lo meno non come quella avutasi in certi periodi della storia. Quando gli apostoli un giorno fecero quella litigata miserabile per sapere chi di loro era il capo, Gesù intervenne non tanto per rimarcare il nome di Pietro ma per affermare che tutti erano uguali e fratelli. Servire e non essere serviti (Mc. 10,41-46). Proprio come il Figlio dell’uomo, il Maestro. Certo non si può pensare che Gesù volesse lasciare una comunità in balia del caos, dell’arbitrio e dell’Inventiva. In effetti, dopo la risurrezione apparve a Pietro dicendogli che se egli lo amava più degli altri poteva pascere il suo gregge (Giov.  21,15). L'intenzione del Risorto però era quella di avere un rappresentante capace di animare, motivare i suo agnelli. Segno di unità, ricco del carisma fede, non un monarca assoluto a decidere per tutti al di sopra della coscienza dei singoli.
                                           La Chiesa delle origini: sinodale e collegiale
E’ fuori della realtà storica pensare che dopo la morte di Gesù Pietro abbia convocato i vertici della chiesa nascente per divulgare il suo programma 'governativo'. La prima comunità fu quella di Gerusalemme con a capo Giacomo, quindi quella di Antiochia (Turchia), quella di Alessandria d'Egitto, quella di Roma. Ognuna era in parte autonoma, diversità nella ·comunione e comunione nella diversità. Come scrive Paolo nella 1a ai Corinti (12,18). Secondo questo spirito vigeva una conduzione più democratica che verticistica. E anche Pietro pur evidenziando il suo ruolo di riferimento e portaparola, non esce mai dalle righe, non vola sopra la testa dei fedeli. Lo si vede negli Atti degli Apostoli, Concilio di Gerusalemme (15,6- 7) dove prende sì la parola, però dopo un'ampia discussione e consultazione con apostoli e anziani. Non chiude la chiude la bocca a nessuno, ma tira la conclusione che rispecchia il buon senso della maggioranza. Conclusioni che vengono ratificate dall'apostolo Giacomo, che in qualità di responsabile di quella chiesa scioglie l'assemblea. E sempre nel libro degli Atti (8,14) si trova che gli apostoli hanno inviato Pietro in missione nel territorio della Samaria. Ora se uno è Papa della chiesa (nel concetto da noi inteso) non si lascia mandare, al contrario sceglie e manda lui. Si è dato anche il caso di una profonda divergenza di vedute fra Pietro e Paolo. Il primo più tradizionalista e legato agli usi ebraici (vedi le discussioni sulla circoncisione, sul cibo, ecc.) intendeva accorpare le prescrizioni e leggi antiche nella nuova religione, il secondo invece più aperturista ed universale richiedeva la sola fede in Gesù...e via col vento, cioè ognuno con i suoi usi e costumi. La conclusione fu che per non rovinare il menage ciascuno si prese il tenitorio più fertile, corrispondente alla sua visione pastorale. A significare come la prima chiesa fosse dialogica, possibilista, essenziale. E anche sui ministeri Paolo non era né prete né vescovo, eppure si prendeva la libertà di incaricare per l’eucaristia e le attività di animazione membri di fiducia della comunità stessa, celibi o sposati, non faceva differenza. Lo si desume anche dal fatto che raccomanda ai vescovi di tenersi una moglie soltanto. Diminuisce la fede, aumenta il potere. È Ia storia di tutti i movimenti allorché con il tempo perdono il loro spirito primitivo e diventano organizzazioni. Nel 150 d.C. (quindi dopo un secolo e mezzo) Aniceto Vescovo di Roma fa un primo accenno sull’episcopato monarchico. E un secolo più tardi Stefano, pure vescovo di Roma sostiene per la prima volta che il passo di Matteo “Tu sei Pietro e su questa pietra..." si riferisce a se stesso. Ma S. Cipriano di Cartagine gli risponde che ogni vescovo è autonomo, e ·che   il rapporto con Roma è solo di comunione non di dipendenza. Nel 313 con l'imperatore romano Costantino il Cristianesimo da perseguitata viene promossa a religione di stato. E qui la chiesa di Roma addotta dall'impero l'abbigliamento, i titoli, la ricchezza, i possedimenti, l'apparato amministrativo, la logica dell’istituzione laica. Erede dell'impero, che le fa da ottima cassa di risonanza essa acquista in prestigio e protagonismo. Nel 330 sempre il nostro Costantino, onorato nella religione pagana quale Pontefice Massimo, dichiara Bisanzio, odierna Istanbul in Turchia, nuova Capitale dell’impero romano. Cambia anche nome e diventa Costantinopoli.  Nel 350 il Vescovo di Roma Damaso si autodefinisce successore di Pietro ma nel 381 il Concilio di Costantinopoli, nuova forza egemone dell'oriente rivendica per sé la stessa importanza e lo stesso primato. E di qui cominciano proprio i dolori. Nel 390 il Vescovo di Milano Silicio si fa chiamare Papa (dal greco pappas=papà), titolo che il vescovo di Roma pretende per sé. E da quel momento abbiamo i "papi'. Nel 445 Leone Magno si tira addosso un altro onorifico 'Pontefice Massimo', già appartenente agli imperatori pagani. Di qui l’origine di sommo Pontefice. Nel 580 Pelagio I sostiene che l'inno cantato nel libro di Isaia (6.2) 'Santo, santo il signore degli eserciti va attribuito a lui, e cosi nasce 'Sua santità" e "Santo Padre”. Nel 754 Re Pipino di Francia dona a Stefano Il dei territori in quel di Viterbo e così ha origine lo Stato Pontificio, invigorendo l’autorità del vescovo   di   Roma. Nell'800 Leone III incorona imperatore del Sacro Romano Impero Cario Magno per contrapporlo a quello di Costantinopoli. Dunque si va verso il braccio di ferro nell’aspra tenzone politica, soprattutto dopo che nel 576 era caduto definitivamente l'impero romano. Rimanevano due forze in campo facenti funzioni anche politiche: in Occidente Papato di Roma, in Oriente il Patriarcato di Costantinopoli. Il pretesto di qualche formuletta religiosa portò all’’out-out: o Costantinopoli accettava il primato romano o scomunica. Per la volontà di non pazientare e di non di soprassedere scomuniche volarono da entrambe le parti. Siamo nel 1054 la grande scissione. L’oriente si chiama cristiano-ortodosso, l’occidente cristiano- cattolico. Lo scandalo della divisione dura a tutt’oggi e tutto per una questione di prestigio. Nel 1200 Innocenzo III si fa chiamare Vicario di Cristo e 25 anni più tardi il suo successore Innocenzo IV diventerà vicario di Dio. Nel 1415 il concilio di Basilea depone tre antipapi che per 37 anni si erano contesi il trono e nomina Martino V.
Questo scisma d’occidente avrebbe potuto far riflettere sul ruolo del papato servizio della chiesa, ma è stato solo un episodio felice e rivitalizzante, subito archiviato per il rientro del papato stile monarchico. Nel 1520 Leone X scomunica Lutero e cosi assistiamo ad una seconda grave divisione nella chiesa: cattolica ed evangelica (comune­ mente chiamata protestante). Anche questa rottura insanabile fino ai nostri giorni. Nel 1870 nel Concilio Vaticano l con Pio IX il Papa viene definito infallibile e la sua autorità sopra tutta la chiesa e sopra anche ogni concilio. E' l’apice della monarchia.   
                                Eredità difficile: tipo di gestione ormai superato?
Negli ultimi 40 anni ·discussioni e studi senza fine sono sorti in merito con un'attuale conclusione provvisoria. L'infallibilità e la continuità che Gesù ha promesso sono riferite alla chiesa come tale e non alla singola persona o ruolo del pontefice.  E' senza dubbio anche in base a ciò che Papa Wojtyla (25.5.95) promulgò un'enciclica "Ut sint unum' per chiedere lumi su un esercizio più partecipato e collegiale del suo ministero. Va da sé che nelle società del passato di tipo monarchico, piramidate, imperiale anche la chiesa doveva destreggiarsi con gli stessi strumenti, ma oggi con l'affermazione ormai globale delle democrazie, vale la pena rinnovarsi, cioè ritornare a Gesù, ad una gestione di chiesa più conciliare e sinodale. E anche i cattolici dovrebbero cessare con certe diffamazioni nei confronti dei cristiani ortodossi e protestanti, accusandoli di non credere al Papa. Essi ritengono necessaria questa figura, con un ruolo però diverso: cioè pastorale e non giuridico, primo tra uguali, segno di unità nella diversità
Non ci dovrebbero scalfire i giudizi pesanti più o meno rispondenti a verità che la chiesa ha avuto nella sua storia almeno 48 papi (18%) indegni. Perché l’affermazione di Gesù a Pietro, incisa sul frontone del tempio massimo del cattolicesimo in Vaticano va riferito a ciascun credente. La chiesa si costruisce non tanto sul papa, quanto prima di tutto sulla fede di ciascun credente.

Autore:
Albino Michelin
05.09.2002

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