domenica 5 aprile 2015

RESTO CRISTIANO ANCHE SE SCELGO DI MORIRE

E’ la dichiarazione di Hans Küng, uno dei maggiori teologi viventi dell’ultimo cinquantennio. Nato nel 1928, vive a Lucerna. Sull’argomento in questione non ha molta importanza che egli sia stato esonerato dall’insegnamento nelle cattedre cattoliche per le sue idee, che pure hanno fatto da supporto all’impianto del Concilio Ecumenico 1962-65. Perché di fronte alla tua morte a come la senti e la vivi non ti sono di sostegno i tuoi ammiratori e fans né di ostacolo i tuoi detrattori e avversari. Sei solo, tu, la tua coscienza e Dio, nel caso abbia vissuto con lui un rapporto costante. Fra le sue innumerevoli pubblicazioni l’ultima risale all’ottobre 2014 dal titolo ”Morire felici?”. Egli non parte a descrivere la morte in se’, o quella degli altri dal testamento biologico o dall’eutanasia come realtà a me estranea, ma come esperienza personale, che vive con me, e mi accompagna sino all’ultimo passo. A leggerlo ti fa invidia, in quanto per la maggioranza di noi la morte non ci appartiene, è un tabù. Invece H. Küng afferma: ”resto cristiano anche se scelgo come morire.” Egli continua con coerenza sino alla fine a professare la prima delle quattro norme immutabili dell’etica mondiale, analizzate in un altro suo libro, quella sul dovere di una cultura del rispetto per ogni vita, proclamata dal Parlamento delle religioni mondiali nel 1993: non uccidere, o in forma positiva: rispetta ogni vita. Ogni uomo ha il diritto alla vita, all’integrità fisica e al libero sviluppo della personalità nella misura in cui non lede i diritti altrui. Nessun uomo ha il diritto di tormentare fisicamente o psichicamente o di uccidere un suo simile. Tuttavia proprio perché la persona umana è infinitamente preziosa e va protetta sino alla fine occorre riflettere attentamente sul significato di queste parole nell’epoca della medicina tecnologicamente avanzata, in grado di provocare la morte in un modo per lo più indolore ma in molti casi anche di protrarla in misura considerevole. “L’idea di concludere la mia vita in pace ed in armonia trae ispirazione dalla Bibbia (afferma Küng). Come cristiano e come cattolico per me è determinante la Bibbia, mentre la chiesa dovrebbe avere il massimo rispetto di non entrare in merito e condannare come suicido o escludere dai funerali religiosi chi compie questa scelta. La vita è sacra, ma anche la qualità della vita lo è, e molto più sacra ancora è la modalita’ di morire.” L’ars moriendi, l’arte del morire è un argomento che affascina questo teologo fin dagli anni 50 quando suo fratello Georg soffrì per mesi di   tumore inguaribile al cervello. Si è imposto ancor di più alla sua attenzione da quando a partire dal 2005 un suo caro collega e amico ha iniziato non ostante le migliori cure a vegetare nella nebbia della demenza fino a spegnersi nel 2013.Queste esperienze hanno rafforzato le sua convinzione: ”non voglio morire così”. Nello stesso tempo tuttavia gli hanno dimostrato quanto sia difficile cogliere il momento giusto per una morte affidata alle proprie responsabilità. Scrive: ”l’intenzione di non protrarre a tempo indeterminato la mia esistenza terrena è un caposaldo della mia arte di vivere e parte integrante della mia fede nella vita eterna. Quando arriva il momento, qualora ne sia ancora in grado di scegliere con la mia responsabilità, difendo il diritto a quando e a come morire. Se mi venisse concesso vorrei spegnermi in modo consapevole e dire addio ai miei cari con dignità’. ”Il che non significa morire senza malinconia e senza dolore bensì andarsene consapevolmente accompagnati da una profonda soddisfazione e dalla pace interiore. Del resto è questo il significato della parola eu-thanasia, entrata in molte lingue moderne, ma storpiate vergognosamente dai nazisti in morte felice, buona, giusta, lieve, bella. Questa eutanasia non ha nulla a vedere con l’autoassassinio arbitrario pianificato per provocare l’autorità ecclesiastica, come lo accusano alcuni sui media e con lettere personali. Evidentemente alcuni suoi rappresentanti non hanno ancora capito che anche la nostra visione dell’inizio-fine vita si trova al centro di un paradigma epocale, che non si puo’ penetrare e dominare con l’immaginario e la terminologia della teologia medievale. Oggi è necessario prendere in considerazione il notevole prolungamento della vita consentito dal progresso prima impensabile della medicina moderna, ma bisogna tenere conto anche delle idee successive che sottolineano i limiti di una medicina basata su argomenti e criteri esclusivi delle scienze naturali e della tecnica. E’ aumentata la percezione della necessità’ di dare un fondamento etico a una medicina globale che tuteli l’umanità del paziente. Anche nella chiesa cattolica esiste, sin dall’insediamento di Papa Francesco, la speranza di una maggiore franchezza e di un aiuto caritatevole in questioni, come risaputo, assai complesse. Queste le posizioni del grande teologo H. Küng nei confronti della morte che si puo’ giudicare correttamente solo se si conosce il suo interesse costante per gli argomenti dell’esistenza espressi in una molteplice serie di pubblicazioni che ci rivelano le sue grandi passioni: la questione di Dio, l’essere cristiani, la vita eterna, la chiesa, l’ecumenismo, le religioni mondiali, l’etica globale.

Autore:
Albino Michelin
Anno 2015

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