martedì 21 aprile 2015

DA LOURDES UNA CONTESTAZIONE

In genere da un pellegrinaggio a Lourdes si ritorna sempre o mezzi miracolati, o graziati o almeno nello spirito rigenerati. Ciò non avvenne invece per una coppia d'amici di mia conoscenza. Marito e moglie sono rientrati seminando malumore e contestazione, chiedendo pure la parola con livore nei vari momenti d'incontro comunitario. Reali sono i loro nomi e cognomi ma per discrezione vengono usati appellativi di fantasia: Concetta e Salvatore. Sono pure venuti dal sottoscritto chiedendo di prendere posizione, di scrivere il presente articolo per dire a tutti che la nostra non è una chiesa della riconciliazione o della misericordia.  Che diamine mai è successo?
Anzitutto   si tratta di due   divorziati, ovvero Concetta nubile, sposata civilmente con Salvatore, separatosi dalla legittima consorte dopo un matrimonio religioso contratto 30 anni prima. I nostri partirono in treno alla volta di Lourdes quali accompagnatori di un gruppo di disabili. Intendimento già sufficiente di per sé a qualificarli come attivi e impegnati nella comunità cristiana. Coinvolti dalla devozione di massa che trasuda in quel sacro luogo vollero andarsi a confessare. Personalmente li avevo sconsigliati già da 3 anni (periodo del loro vincolo civile) di accedere a questo sacramento secondo la formula tradizionale, paravento, grata, prete con la stola perché non ci avrebbero cavato un ragno dal buco. Cioè   se   ne sarebbero   usciti   senza assoluzione. A dire il vero Salvatore ci aveva già provato   anni prima al santuario di Montevergine in quel di Avellino, ma il prete di turno, allorché si trovò di fronte a quel penitente declamare la sua situazione lo "cacciò'' senza assoluzione intimandogli assolutamente di non fare la comunione. Non contento di aver emanato   tale verdetto, quel poliziotto di Dio seguì il peccatore non assolto con la coda dell'occhio, il quale recatosi ugualmente a fare la comunione, si sentì afferrare per un braccio, trascinare fuori dalla fila con l’apostrofe: "Lei è scomunicato, lei non può accedere alla santissima eucarestia". Proprio in riferimento a tale precedente avevo scoraggiato i due innamorati di girare il mondo dei santuari per confessarsi: in genere in tali ambienti la confessione più che un incontro di misericordia diventa un tribunale di giustizia. La vera confessione andrebbe fatta altrove, con ben altro tempo a disposizione e forse con altre persone: allora essa potrebbe diventare una vera terapia dell’anima. Le mie, che poi tanto fuori della realtà non sono, erano state dai miei amici considerate parole al vento. In quel pellegrinaggio di Lourdes per prima va a confessarsi Concetta, preferisce inginocchiarsi davanti ad una grata con la scritta "si parla italiano".  Il prete, ovviamente, le intima di lasciare l'attuale marito concubino, o di vivere come fratello e sorella, o di inoltrare domanda di annullamento del prece­dente matrimonio del coniuge. Tutte condizioni impossibili alla povera malcapitata.  Ovvio, niente   assoluzione, divieto di fare la comunione, obbligo di frequentare la messa domenicale, impegno ad ascoltare con attenzione la parola di Dio e la predica del prete. Bella anche questa, penso fra me e me, che tipo di predica?  Da quale tipo di predicatore? Poi è la volta di Salvatore che va a confessarsi verso un’insegna recante la tabella "si parla tedesco “. Si aspetta una musica diversa, invece gli viene rincarata la dose. Il nostro perde le staffe e ribalta i ruoli. Senza peli sulla lingua e sufficientemente istruito nelle cose di chiesa si mette lui stesso ad apostrofare questa volta il ministro di Dio, usurpatore del ruolo di Gesù Cristo che non lasciava mai i peccatori senza perdono.  Gli   rammenta   la   condanna di Gesù contro i farisei che impongono alla gente pesi che neppure essi sanno portare. Gli chiede come sia possibile che a questo mondo ci sia perdono per tutti, mafiosi, omicidi, delinquenti di ogni sorta, mentre per i divorziati non c'è perdono in eterno. Condannati alla morte morale per tutta la vita. E Salvatore, impartita la sua "lezione” se ne va. Si ricongiunge ovviamente a Concetta proveniente dall'altro confessionale, i due si parlano, la prima abbacchiata il secondo infuocato, e se ne vanno a prendere la comunione: non accettano di sentirsi degli esclusi. Rientrati a domicilio la loro campagna pubblicitaria non è ancora terminata. E’ tutto un comizio al cospetto di una chiesa (secondo loro) senza misericordia. L'incidente diventa occasione per informare sulla prassi ufficiale attuale della chiesa in materia e sulla possibilità di intervento a modificare tale posizione. Il Direttorio pastorale familiare, rifacendosi anche al canone Ecclesiastico nr. 1152-53, vieta ai divorziati di risposarsi, di leggere la bibbia durante la messa, di fare la comunione, di fungere quali membri nel Consiglio pastorale. A loro il perdono è concesso solo se ritornano al primo coniuge, o se rinunciano ad ogni convivenza con il (la) partner, o se nella loro convivenza escludono ogni tipo di rapporto sessuale. Inoltre è vietato al sacerdote di offrire loro qualsiasi cerimonia religiosa. Valore di questo documento? Certo finché esiste non si può ignorarlo. Ma interpretarlo è lecito, come pure adoperarsi per una sua riforma. Ecco alcune considerazioni urgenti: a) E' una legge della chiesa, non vangelo. Ogni legge, secondo Gesù, è per l'uomo, non viceversa; b) Per Gesù l'indissolubilità del matrimonio è un ideale, non precetto giuridico. Vedi Matteo 5,32. Oppure Paolo Prima Lettura ai Corinti 7.15. c) Rivalutazione della propria coscienza, debitamente informata e formata, cui si deve l’obbedienza prima che ad ogni altra istanza. (Paolo ai Romani 14.12) La chiesa cristiano-evangelica e quella cristiano-ortodossa basandosi sul già citato brano di Matteo ammettono in determinati casi le seconde nozze. Non si può dire che si tratti di interpretazioni   arbitrarie, di comodo. Prudenza nell'appellarsi alla tradizione costante della chiesa cattolica in materia. In effetti la comunità cristiana per i primi quattro secoli fino all'avvento di S. Agostino (+430) ammetteva un secondo matrimonio per i divorziati, C'è francamente da chiedersi se noi siamo una chiesa secondo Gesù Cristo o secondo S. Agostino, il quale fino all'età di trent'anni ha avuto i suoi bravi problemi conseguenti ad un'eccessiva libertà sessuale. Concetta e Salvatore hanno pregato il sottoscritto di dare voce alle loro istanze: sì perché anche questo è un compito della comunità cristiana: dar voce a chi non ne ha.

Autore:
Albino Michelin
23.05.2002 

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