giovedì 8 ottobre 2015

A CHI DOVREBBE CREDERE IL CATTOLICO?

In occasione di assemblee parrocchiali spesso si viene interpellati da parte di qualche cattolico:” oggi non si sa più chi credere.” In una di tale assemblee presente il vescovo di Zurigo Mons. Henrici dalla platea arrivò una contestazione esplicita:” i cattolici svizzeri sono troppo critici contro la gerarchia, il Vaticano, addirittura contro il Papa. Si potrebbe sapere una volta per sempre a chi si deve credere? Al clero, al vescovo, al Papa, a Gesù Cristo, a Dio, alla propria coscienza? Questa è una babilonia. I cattolici svizzeri dovrebbero imparare anche dai cattolici italiani ad avere piu’ rispetto e devozione verso il Papa”. L’intervento si ricollega e quindi contesta un mio precedente articolo apparso sull’Eco l’11.2.1998 dal titolo:” Il nuovo vescovo di Coira nelle mani dello Spirito Santo.”  Qui l'interlocutore, stravolge intenzionalmente tutto il senso del testo. Quanto dal sottoscritto è stato posto sotto forma di desiderata e petizione viene dall’obbiettore ribaltato in una congerie di accuse globali e caotiche. Offri del pane? Si restituiscono pietre, peggio, sassate.  A tanto il Vescovo rispose semplicemente che il cattolico ha da credere in Gesù e in Dio. E prima di tutto non nel Papa. Al Papa, la cui necessità non è messa in discussione, va dovuto rispetto e collaborazione in quanto testimone e segno di unità. E specificò bene il suo dire: ”al “Papa si crede, ma “in” Dio e “in” Gesù si crede. Facendo una distinzione forse un po’ troppo filosofica, ma esatta, fra “in” e “al”. Nel primo caso si tratta di una identificazione profonda con l’Essere personale della propria fede, nel secondo di assenso a delle formule e interventi di esplicativi, validi ma anche soggettivi sull’Essere personale della propria fede. A questa dichiarazione del Vescovo si vede una chiara motivazione di associarsi, non tanto per deferenza al suo ruolo, quanto perché rispecchia la missione di Pietro, come scaturisce dal Vangelo di Gesù.   Un consiglio comunque sarebbe utile ad alcuni cattolici sempre in assetto militare: di organizzare o richiedere nella propria parrocchia conversazioni sul tema: "Chiesa e corresponsabilità del popolo di Dio. Sguardo storico-teologico dal Nuovo Testamento al Postconcilio".  Quello che manca a noi cattolici italiani non è la capacità polemica, ma la cultura basata su questi documenti e motivazioni di fondo. Un simile tipo di reazioni di un’intolleranza lefebvriana e alla komeni può nascere anche da pigrizia mentale e da un rifiuto di maturare e aggiornare le proprie espressioni di fede alle esigenze del tempo presente. Trovandosi per strada senza carburante, non resta che rabbia e frustrazione.

Autore:
Albino Michelin
01.04.1998

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